Harry Sinclair Lewis (1885 – 1951) è stato uno scrittore e drammaturgo americano. Fu il primo statunitense a ricevere il Premio Nobel per la letteratura, nel 1930, “per la sua arte descrittiva vigorosa e grafica e per la sua abilità nel creare, con arguzia e spirito, nuove tipologie di personaggi”. Le sue opere sono conosciute per le loro visioni sagaci e critiche della società statunitense e dei valori capitalistici: il suo stile è, allo stesso tempo, comico, satirico e tuttavia comprensivo.

Nel 1935 pubblicò, il romanzo “It Can’t Happen Here” (“Qui non può succedere”, edito in Italia da Chiarelettere): si è rivelato un’opera profetica. Sinclair Lewis immagina una realtà alternativa in cui, alle elezioni presidenziali americane del 1936, Franklin
D. Roosevelt viene battuto dal senatore populista Berzelius «Buzz» Windrip
. In realtà il candidato alternativo di quelle elezioni fu Alf Landon, del Kansas, che venne sconfitto da Franklin D. Roosevelt, al tempo molto popolare perché con il programma del New Deal stava portando l’America fuori dalla crisi seguita al crollo di Wall Street del 1929: vinse Roosevelt per 523 delegati contro 8 del suo sfidante.


La vittoria di Windrip, secondo il romanzo di Sinclair Lewis, segna una svolta nella storia degli Stati Uniti, decretando la fine della democrazia e l’avvento del fascismo oltreoceano. Berzelius «Buzz» Windrip conquista la Casa Bianca proclamandosi dalla parte del popolo, mette fuorilegge gli avversari, affida l’amministrazione del Paese a potenti uomini d’affari, crea una milizia armata per stroncare le proteste,
insomma trasforma la democrazia americana, se non in una dittatura, in un sistema autoritario.


L’aspetto particolarmente interessante è che il presidente che combina tutto questo non è un repubblicano. È un democratico, che alle primarie ha battuto l’uomo che nella realtà, per fortuna del mondo, divenne presidente: Franklin Delano Roosevelt. Questo perché, negli anni Trenta ma ancora nel dopoguerra, il partito populista negli Stati Uniti d’America era il partito democratico. Ostile all’immigrazione, per salvaguardare i posti di lavoro, i salari e i diritti dei lavoratori americani. Ostile all’integrazione dei neri nel Sud, che infatti sino a Lyndon Johnson, votava democratico. Non soltanto, com’è noto, Abraham Lincoln era repubblicano. Il partito repubblicano era quello più istituzionale. Il partito delle due coste (fino a Nixon e Reagan, entrambi californiani). Thomas Dewey, il candidato repubblicano alle elezioni del 1948, era il governatore di New York.


Con questo brillante esperimento, Lewis riesce ad aprirci gli occhi sul pericolo costante rappresentato dal tramonto delle democrazie: non un fatto del passato, ma un rischio oggi più che mai attuale e che si rivela anticipatore di cento anni rispetto alla realtà che vediamo tuti i giorni sotto i nostri occhi. In America, patria del diritto e della democrazia, gli Stati Uniti, tra il 1776 e il 1789, sono diventati una Repubblica per non dover sottostare alla monarchia assolutista inglese, ma oggi molti concetti sono ribaltati: i partiti politici sono praticamente esautorati della loro funzione ed una tecnocrazia economica e finanziaria si sta sostituendo nelle decisioni a quelli che sono gli organi preposti a rappresentare la volontà popolare. Se i tre grandi leader dei più importanti paesi del mondo sono tre autocrati, resta solo l’Europa a difendere le basi di una convivenza civile tesa alla coesione sociale.


Tiziano Conti