A Brisighella c’è una frazione isolata dalle frane fin dalla prima alluvione. Un chilometro di strada inagibile e fangosa che si può percorre solo a piedi: è Purocielo, uno dei luoghi simbolo della Resistenza. Qui vivono attualmente tre famiglie, che per raggiungere casa devono inerpicarsi tra fango e detriti con il rischio, specie al calar del sole, di incontrare branchi di lupi. Oltre le ultime quattro case la strada finisce e da lì partono i sentieri del Cai, tra cui quello che porta a Cà Malanca. Una zona di frontiera insomma, ultimo baluardo della presenza dell’uomo, prima di un’area dove la natura è quasi incontaminata, meta di podisti e amanti del trekking.
Flavio Babini “Sette frane hanno reso la strada un sentiero impervio”
Nella frazione vive part-time anche Flavio Babini, che una decina di anni fa ha comprato una seconda casa. «Finita la Seconda Guerra mondiale – racconta – qui abitavano 400 persone, al momento ridotte a tre famiglie residenti. Se la valle non viene aiutata e non si riaprono le strade anche chi abita qui è tentato di lasciarla. Il mio vicino lavora a Castel Bolognese, con turni anche di notte. Mezz’ora di strada più un chilometro a piedi, senza contare che la zona è infestata dai lupi. Abbiamo sempre i bastoni con noi, non si sa mai”. Durante le prime due alluvioni, la strada ha subito ben sette frane, di cui quattro sul terreno e tre grandi voragini che hanno spazzato via la ghiaia e trasformato la strada in un sentiero impervio.
La vecchia sbarra è stata chiusa
“La vecchia sbarra un tempo sempre aperta – ricorda Babini – è stata chiusa perché nessuno potesse farsi male. A febbraio con le ultime risorse hanno chiuso le voragini e tolto le altre 4 frane, ma non sono arrivati a fare fossi e tombini. In un punto, poi la strada è rimasta come sospesa, sotto una vecchia cementata. L’acqua ha scavato sotto, così, dopo la seconda alluvione è stata demolita lasciando solo le macerie, coperte poi da terra e fango”. Insomma, tra frane e buche, la strada si è trasformata in un cumulo di fango. “Quest’anno è piovuto sempre fino a giugno – spiega Babini – ci sono molte zone in ombra, per cui neanche nei mesi più caldi siamo riusciti a salire con le macchine”. Adesso qualcosa si muove: nei giorni scorsi è comparso un escavatore che ha iniziato a pulire il sentiero dalle frane. Un primo passo, ma non basta. “Riconosciamo la disponibilità del Comune di Brisighella a venirci incontro, ma strada deve tornare ad essere percorribile con le macchine” invocano i residenti di Purocielo. “Per portare via l’immondizia ad esempio – precisa Babini – ci portiamo in spalla i sacchi per la raccolta differenziata. Oppure, nei periodi in cui è mancata l’acqua, ce la dovevamo portare su a piedi”. Servirebbero almeno dieci centimetri di ghiaia per coprire fango e terra, e poi i fossi in modo che l’acqua non ristagni e i tombini, “possibilmente grandi almeno 80cm per 80cm, perché con queste piogge quelli tradizionali non bastano più”. Inizialmente era stata ventilata la proposta di spostare i residenti, idea per fortuna accantonata. “E’ importante che restino: se si abbandona la montagna, i danni arrivano poi in pianura”.
L’alluvione ha riportato alla luce un reperto della Seconda Guerra mondiale
L’ultima alluvione ha anche disseppellito un ‘ricordo’ della lotta partigiana che si tenne a Purocielo nell’ottobre 1944. Babini ha infatti trovato i resti di una vecchia mitragliatrice quasi sicuramente utilizzata durante la violenta battaglia che vide la Brigata Garibaldi fronteggiare le forze naziste durante la seconda Guerra Mondiale. «E’ un mitra inglese modello Steel, che ho denunciato e consegnato ai carabinieri. Una volta regolarizzato sarei felice se fosse donato al Museo della Resistenza di Cà Malanca. Mancano la canna e il calcio, ma il resto c’è tutto”.
Barbara Fichera