In occasione del 13 dicembre, Santa Lucia, il vescovo monsignor Mario Toso ha fatto visita alla clinica San Pier Damiani di Faenza dove ha presieduto la celebrazione eucaristica e ha incontrato operatori sanitari e ospiti, augurando a tutti un felice Natale. “In questa clinica, in prossimità del Giubileo, cosa può insegnarci santa Lucia? – si è chiesto il presule nell’omelia – Innanzitutto, il suo amore al Signore e agli ammalati, ai poveri nei quali Egli vive. Sappiamo che la cura ospedaliera e domiciliare per gli ammalati, il personale degli istituti che operano nel sociosanitario, sono un patrimonio inestimabile di attenzione alle persone. Un tale insieme di strutture, di competenze e di persone va, per quanto possibile, mantenuto, sempre più qualificato. Prendersi cura delle persone che si trovano in condizioni di malattia e di disagio – ha aggiunto il vescovo – richiede una professionalità e uno spirito di dedizione che non possono non attraversare momenti di stanchezza nell’esercizio della pazienza, nella molteplicità di relazioni, che vanno incessantemente costruite. La vostra struttura medica agisce con personale qualificato e consacrato a un’autentica promozione delle persone e della loro salute. È cosciente di operare all’interno di una rete di soggetti diversi, pubblici e privati, istituzionali e informali, sociali e sanitari, che vengono armonizzati, in un’unica responsabilità pubblica, capace di raggiungere tutti”.

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“L’anno giubilare – ha aggiunto – può essere per il personale medico, sanitario e sociosanitario l’occasione di dimostrare meglio la tenerezza di Dio agli ammalati, facendo squadra attorno alle persone bisognose di cure. Parimenti, l’anno giubilare può essere per le istituzioni amministrative, per i responsabili della politica nazionale, l’occasione per esprimere la gratitudine, offrire il sostegno, retribuire adeguatamente le persone che lavorano in istituzioni che operano con lungimiranza e concretezza in ambito sanitario e sociosanitario. L’Anno Santo, ha sottolineato qualche giorno fa l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, può essere anche l’occasione per ricostruire nell’opinione pubblica in modo realistico la stima e la gratitudine per coloro che lavorano nel “sanitario”: «esaltati come eroi durante la pandemia, oggi si ritrovano sovraesposti, aggrediti e additati come i soli responsabili di un servizio indispensabile, di un diritto che non riesce a essere adeguato ai bisogni di tutti, tanto meno dei poveri».