Il Seminario diocesano di Faenza si prepara a vivere un momento significativo di celebrazione e condivisione domenica 24 novembre nella sede di viale Stradone 30.

L’evento “segni di speranza”: si inizia alle 18.00 con la presentazione del libro

L’evento, intitolato Segni di speranza, si propone di unire la comunità in un clima di riflessione, festa e rinnovamento.
La giornata inizierà alle 18.00 con la presentazione del libro Storia del Seminario di Faenza. L’incontro vedrà gli interventi del vescovo, monsignor Mario Toso, del rettore don Michele Morandi e di monsignor Maurizio Tagliaferri, curatore del libro. A seguire ci sarà l’inaugurazione dei nuovi locali della Fraternità Sandra Sabattini.

La Fraternità Beata Sandra Sabbatini

La Fraternità Beata Sandra Sabbatini è un’esperienza di vita comune della durata di un anno, aperta a giovani studenti o lavoratori, ospitata all’interno del Seminario vescovile Pio XII. Nata in via sperimentale nel 2017, è stata confermata dal Sinodo diocesano dei giovani concluso nel 2019 e costituita a tutti gli effetti come Fraternità nel 2023. Fondata sugli elementi dell’ascolto, della spiritualità, della cura, della responsabilità, della comunione e del dono, è un autentico segno di speranza per la nostra Chiesa, perché capace di far vivere a uomini e donne cristiane un percorso di fede profondo e fondativo, di lasciar spazio al discernimento vocazionale e di rendere i membri, in ragione dell’esperienza di vita fraterna vissuta, attori di scelte libere e responsabili all’interno della Chiesa diocesana e dei contesti di vita che incontreranno. In questo contesto, saranno presentati l’Oratorio cittadino e la Comunità Propedeutica, due realtà giovanili, proposte nate con e per i giovani, che rappresentano un segno concreto di speranza e apertura verso il futuro.

La comunità propedeutica

La Comunità propedeutica, che ha sede nel Seminario Vescovile Pio XII, accoglie coloro che desiderano comprendere se sono chiamati a seguire Gesù come sacerdoti o in altre vie. La preghiera, il lavoro, lo studio, la vita comune, sono gli strumenti attraverso cui i membri di questa comunità sono stimolati nella crescita umana e spirituale. Il responsabile, il vice-responsabile e il direttore spirituale sono i sacerdoti ai quali è affidato il compito di accompagnare i “propedeuti” in questo cammino di scoperta della propria strada. Nel Seminario di Faenza compiono i primi passi della formazione presbiterale non solo i giovani della Diocesi di Faenza-Modigliana, ma anche altri provenienti da diverse diocesi del territorio.

L’oratorio cittadino

oratorio
L’Oratorio Cittadino

Dal Sinodo dei Giovani della diocesi, svoltosi tra il 2017 e il 2019, è sorto il bisogno di rivitalizzare le comunità ecclesiali diocesane. Tra le varie iniziative è nato un nuovo progetto di pastorale giovanile, un Oratorio Cittadino. È uno spazio d’accoglienza nuovo ed innovativo che cerca di raggiungere e ospitare i giovani di Faenza che normalmente non vengono intercettati in parrocchia, che spesso vivono “la strada” e che come tutti i giovani cercano uno spazio che per loro sia “casa”, in cui vivere relazioni autentiche.
Nel 2021, il vescovo Mario ha incaricato don Marco Donati, vice incaricato dell’ufficio di Pastorale Giovanile, di procedere alla formazione di un’equipe che potesse dare avvio a questo progetto, ponendo come luogo di ritrovo il Seminario diocesano di Faenza. Oggi, dopo tre anni dalla sua nascita, l’equipe si è allargata, i giovani che fanno esperienza di amore, di attenzione, di sostegno e che frequentano sono aumentati e le attività proposte e organizzate sono moltiplicate.

Dal Concilio di Trento a oggi: la pubblicazione che ripercorre la storia del Seminaio

libro

di Faenza (Edizioni Delle Grazie) ho raccolto il contributo di oltre venti studiosi, così da comporre un’ampia sintesi delle vicende del nostro seminario dalle origini ai nostri giorni. Assieme alla ricostruzione delle vicende interne, vi si trovano descritti anche i rapporti con la Chiesa locale e nazionale, nonché con la società civile.
Il taglio scelto rende originale la ricostruzione proposta che, appoggiandosi a nuove ricerche archivistiche e agli studi consolidatisi dopo i lavori di monsignor Francesco Lanzoni, finisce anche per battere strade inesplorate. Soprattutto questo volume colma una lacuna che si protrae da troppo tempo. Infatti mancava una storia organica e completa. Gli studi riguardanti il seminario erano ancora in gran parte quelli di monsignor Lanzoni, dedicati a diversi aspetti e periodi storici dell’istituzione e risalenti al periodo 1898-1929. A essi si aggiungevano altri contributi, redatti prevalentemente negli anni Sessanta e Settanta da sacerdoti docenti nel corso teologico del seminario stesso. Tutti insieme, non delineavano però in maniera continuativa e integrale la storia dell’istituto vocazionale faentino.
Tanti i filoni seguiti nei singoli capitoli che compongono il volume: dal faticoso avvio, al consolidamento, all’inevitabile confronto e scontro con le sollecitazioni e le sfide ‘esterne’ dei processi politici, sociali e culturali che hanno investito via via la società civile e religiosa, fino a mettere in discussione l’impatto del “messaggio cristiano” nella vita del paese.
Questo volume studia la fondazione del seminario e la formazione dei futuri sacerdoti. È nato per ricordare i 70 anni della inaugurazione della sede di viale Stradone, opera meritoria del vescovo monsignor Giuseppe Battaglia. Il volume è diviso in due parti. La prima contiene studi a carattere storiografico. La seconda contiene una serie di appendici-testimonianze dedicate a macroaree tematiche, persone o argomenti specifici non strettamente legati alla partizione storica.
Le origini del Seminario risalgono al decreto Cum adolescentium aetas del Concilio di Trento (15 luglio 1563). A Faenza il percorso istitutivo si sarebbe avviato il 21 febbraio 1567, mentre solo tra il 1576 e il 1577 si può collocare la data di apertura del Seminario diocesano. Come dimostrano i vari contributi, è stato per molti secoli in Diocesi un luogo di cultura e di preghiera, palestra di idee e di confronto, realtà educativa viva ed efficace. Per fare nuova la Chiesa, al tempo della crisi luterana, bisognava creare nuove menti, capaci di portare avanti la Controriforma tridentina e guidare la comunità cristiana alla riscossa di un protestantesimo, invasivo anche nel nostro territorio.
La cosa più interessante era la diversa situazione di chi entrava in Seminario e di chi si preparava al sacerdozio da alunno esterno. Fu allora san Pio X (1903-1914) a decidere che per diventare preti bisognasse fare almeno quattro anni in Seminario. Ancora nel secondo Ottocento infatti i chierici esterni erano più numerosi degli interni e il primo a pubblicare un regolamento per i chierici esterni fu il futuro Leone XIII (1878-1903), quando era arcivescovo di Perugia.
Il vescovo di Faenza, cardinale Carlo Rossetti, nella sua Relatio ad limina del 1651 scriveva che, quando fece l’ingresso in Diocesi nel 1645, lo fece «non sine magno animi dolore» («non senza grande dolore dell’animo»), perché trovò «ecclesiasticam disciplinam admodum collapsam, et cleri mores ideo depravatos, ut iam sicut Populus, sic esset et Sacerdos» («la disciplina ecclesiastica oltremodo decaduta e perciò i costumi del clero depravati, tanto che come già il Popolo, così era anche il Sacerdote»); un clero indaffarato «saecularibus negotiis» («in affari secolari»), chierici intriganti «armis dediti civiles fovebant discordias» («dediti alle armi, favorivano le discordie civili»), un clero che insidiava le monache, che non faceva catechismo, che non rispettava i suffragi e le pie volontà testamentarie. In seminario c’erano dodici chierici. Nel 1646 lo stesso cardinale Rossetti descriveva un miglioramento nella disciplina ecclesiastica e ulteriori fatiche pastorali (Sinodi diocesani) negli anni successivi lo spingono a rallegrarsi. Il Rossetti non dice il numero esatto dei preti. Doveva essere alto, come dimostrano alcuni Stati d’anime. In una “descrizione” del 1612, cioè qualche anno prima dell’arrivo del Rossetti, gli ecclesiastici giungevano a 982 in città e a 2183 nella Diocesi; le parrocchie di città erano 27, e si calcolavano fino a 26 conventi di monaci e monache; 60 erano le chiese pubbliche. Tanto abbondante era la richiesta, che nessuna “pastorale vocazionale” era necessaria. Tanta abbondanza di preti e una disposizione canonica del secolo XVII non consentì a taluni di ricevere l’Ordinazione, in quanto sprovvisti del “patrimonio sacro”. Anche a Faenza la formazione del clero è continuata secondo i metodi tradizionali: vi erano le scuole cattedrali, eppure sovente era un prete che presentava al vescovo il candidato, e il vescovo lo ordinava. Ma quel candidato viveva in famiglia e spesso non era molto preparato.
Nel volume troviamo ricostruita la storia di tutti gli edifici del Seminario, fino all’attuale, aperto 70 anni fa da monsignor Battaglia. Non sono mancati i momenti drammatici: dalla bufera napoleonica, alla crisi post Concilio Vaticano II.
Fino a dopo il Concilio Vaticano II, avere un figlio prete poteva rivelarsi per una famiglia una scelta fruttuosa, quand’egli fosse riuscito ad avere una sua parrocchia, delle cui entrate, sia pur di media entità, potevano godere lui stesso e i suoi familiari.
L’impronta data da alcuni vescovi alla Diocesi e al Seminario rimane evidente fino al periodo seguito al Concilio Vaticano II, di volta in volta reinterpretata dai rettori che si sono succeduti in questo arco di tempo, come – ne cito solo alcuni, fra i più significativi – Francesco Lanzoni, Franco Gualdrini, Alfredo Zini e l’attuale, Michele Morandi: ognuno di essi ha saputo tener vivo uno stile tutto “faentino” di formazione sacerdotale e nel tempo stesso integrarvi le istanze di rinnovamento, che di volta in volta sono emerse dal confronto continuo e necessario con l’evoluzione della cultura e della società.
Oggi il Seminario di Faenza è il luogo della “Comunità Propedeutica” per quasi tutte le diocesi dell’Emilia-Romagna e per alcune diocesi della Sardegna, è anche la sede della Fraternità “Sandra Sabattini”, dell’Oratorio cittadino e di molto altro.

Maurizio Tagliaferri