Fino a domenica 8 settembre sarà ancora possibile ammirare una trentina di opere, in terracotta e bronzo, dell’artista Luciano Samorè. Si tratta di un’antologica, ma dal significato ancor più profondo: quello della rinascita – post fata resurgo, del desiderio di “andare avanti” nonostante i danni dell’alluvione 2023 che ha colpito il suo atelier-studio di via Chiarini a Faenza. Dal fango si è salvata una scultura raffigurante la Madonna delle Grazie, qui in mostra. Quel fango che Samorè non riesce a odiare perché è stato alla base della sua carriera artistica: «Da piccolo raccoglievo l’argilla dal fiume per plasmare delle forme, delle piccole figure… e da lì è nata la passione della mia vita».
Lo studio di Samorè alluvionato in via Chiarini
L’allestimento accompagna il visitatore nel microcosmo di Samorè, la cui produzione è figurativa, realistica, equilibrata, frutto dell’alta professionalità e tecnica acquisite negli oltre 50 anni di attività, durante i quali ha portato avanti studi, ricerche e sperimentazioni.
Ogni scultura emana una forte emozione, coinvolge il pensiero dell’osservatore, lo sollecita a una introspezione personale. Una tale energia va ricercata del modus operandi di Samorè che, ancor prima di plasmare l’argilla, guarda egli stesso alla sua anima, cerca in profondità le emozioni più intense, quelle che «gli mordono dentro», per poi riuscire – con le sue abili mani – a trasformare ogni sensazione in un’opera d’arte.
Dagli Abbracci tra amanti ai cavalli: la sua ricerca
La materia è viva, trattata, segnata, graffita, vissuta; è la pelle della sua terracotta così come dei bronzetti. Materia e anima, quindi, come gli Abbracci tra amanti: sono forti, quasi parlanti: sprigionano amore e sensualità. O come nel poderoso vigore dei suoi Cavalli, simbolo di bellezza, forza e libertà, ma anche di dolcezza recondita. E poi la Donna in dolce attesa; in lei Samorè è capace di cogliere non solo un sentimento di tenerezza ed un inno alla vita, ma anche quella forte tensione verso le brutture del mondo circostante in cui il figlio sarà catapultato. E ancora, temi attuali come quello dei migranti, delle guerre, dell’inquinamento.
Samorè è un artista che non si limita ad ubbidire a regole di modellazione anatomica, ma riesce ad esprimere nelle sue sculture la forza dell’anima e i pensieri inconsci, il dolore e la tenerezza, l’amore e la libertà.
Patrizia Capitanio
L’autore
Luciano Samorè, nato a Fognano nel 1940, risiede a Faenza. Dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte, lavora presso numerose manifatture e collabora con alcuni studi tra i quali: Carlo Zauli, Gatti, Bartoli e Cornacchia. Insegna presso l’Istituto Statale d’Arte di Chiavari e l’Istituto Ballardini di Faenza. Nei primi anni ’70 collabora con il pittore Enzo Zimbelli a Bologna e con lo scultore Pietro Solari a Chiavari. Nel 1977, per il VII Centenario della Madonna del Santuario del Monticino a Brisighella, gli viene assegnata la realizzazione della formella raffigurante la Vergine, da cui saranno poi coniate le medaglie commemorative in oro, argento e bronzo. Ha eseguito numerose opere d’arte sacra che si trovano nei cimiteri di Landeck (Austria), Bologna, Forlì, Vieste e Faenza. Nel viale del cimitero di Fognano è installata una sua Via Crucis in bronzo.