Dal bolognese al riminese si contano 81mila frane. Lo conferma l’esperto, il geologo dell’università di Bologna, Matteo Berti, membro del gruppo di lavoro a supporto della struttura commissariale guidata dal generale Figliuolo. Gruppo che ha redatto, nel giugno scorso, il Piano speciale in relazione alle frane che si sono verificate con gli eventi meteo del maggio 2023. Versione finale del Piano che, ci è stato risposto dalla struttura commissariale, è «ancora al vaglio dei ministeri competenti» e non ancora disponibile. Del gruppo di lavoro, oltre agli esperti dell’Alma Mater, ci sono docenti dell’università di Modena e Reggio Emilia, e tecnici della Regione e dell’Autorità di bacino del Po. Questo numero così elevato, 81mila, aggiunge Berti, «indica tutte le frane mappate con foto aeree, anche quelle micro e anche quelle in zone non abitate. E pure quelle che nel frattempo sono state cancellate». Ai margini dell’ampio settore considerato, nel bolognese e nel riminese ci sono le aree meno colpite dagli eventi. «Di questi movimenti – prosegue il geologo – alcune hanno interessato strade provinciali, comunali, vicinali, edifici a uso pubblico. In questi casi sono stati promossi interventi in urgenza, per la loro messa in sicurezza. Ma non in modo definitivo».
Il primato del numero di frane spetta a Modigliana con 6.837
Sfogliando il Piano del marzo scorso balza agli occhi Dovadola che con 4.028 frane ha un indice di franosità rispetto al territorio dell’11,5 per cento sui 38,78 metri quadrati totali. Modigliana ha il primato di numero di frane: 6.837. Seguono Predappio con 6.793, Brisighella 6.266, Civitella di Romagna 5.406, Roncofreddo 4.010, Sarsina 3.729, Cesena 3.100, Mercato Saraceno 2.455 e Sogliano al Rubicone 1.840, solo per citare alcuni tra i Comuni con i numeri più elevati. Per tornare ai possibili ripristini, i progetti definitivi non sono al momento la maggioranza, anche perché, specifica Berti, «si tratta di interventi lunghi, per i quali occorrerà ancora qualche anno». Inoltre, i casi più in ritardo sono quelli che riguardano i privati, perché è più complesso per un singolo accedere ai fondi previsti, oppure perché sulla stessa frana insistono più proprietari e imbastire le pratiche diventa più complesso. In sintesi, dice il docente, «le cicatrici dell’evento sono ancora visibili e c’è ancora molto da fare». In ogni caso, precisa Berti, si è trattato, nella maggioranza dei casi di «scivolamenti superficiali di coltre, in un tipo di terreno che ha poca argilla e molta sabbia. In queste situazioni gli interventi di consolidamento possono essere risolutivi. Diverso è il caso di frane in terreni rocciosi. Più difficili da trattare», ma anche molti di meno dal punto di vista numerico. Sui versanti risistemati, ci tiene a mettere in evidenza Berti, è difficile che si verifichino frane simili, «ma potrebbero accadere sui terreni a fianco. Nel 2023 sono franati versanti ritenuti stabili». Ciò non toglie, sottolinea il geologo, «che l’evento meteo è stato eccezionale e la risposta geologica dello stesso livello. Si è trattato di due piogge straordinarie (del 2023, ndr) nell’arco di due settimane». Un caso unico. Sulle preoccupazioni per il futuro, «si può dire – conclude Berti – che non si deve essere preoccupati all’arrivo di ogni temporale. Ci sono stati in questi mesi successivi al maggio 2023 e non si sono verificate le frane di allora. Perché accada ci vuole un elemento estremo».
Francesco Zanotti