«Pensate di arrivare fino a Dakar con quella Panda? Impossibile…». Si sono sentiti dire così, ma non si sono arresi, e da Faenza hanno deciso di partire comunque, in un viaggio che ha fatto dell’essenzialità, dell’avventura e dalla voglia di conoscere culture gli ingredienti principali. In tutto 3.400km di deserto, due auto da donare. Con quella Panda (e un altro mezzo, un Pajero) tre faentini, Francesco Santandrea, Marta Cornacchia e Nicola Donati, hanno attraversato Marocco, Mauritania e Senegal in un viaggio che vale molto più dei chilometri macinati. L’incontro con i nomadi berberi, il clima estremo del deserto, l’immersione nelle grandi contraddizioni delle città africane.

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La partenza da Faenza.

Il senso di un viaggio che non è pura pianificazione e relax, ma è sfida di ogni giorno, il sapersi arrangiare con la propria tenda e con gomme forate in mezzo alle dune, il mettersi alla prova e affidarsi a quella persona che hai incontrato per caso lungo la strada. Un viaggio in cui la meta è anche un nuovo punto di arrivo: giunti a Dakar hanno infatti donato le auto utilizzate all’associazione “Bambini nel Deserto”, per supportare questa realtà in Senegal.

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L’associazione Progetto A si è costituita nel 2023 e promuove un viaggiare consapevole

Il viaggio Faenza-Dakar la scorsa estate è stata la prima esperienza dell’associazione “Progetto A”, nata nel 2023 e che ha tra i suoi obiettivi la promozione al viaggio consapevole, tramite lo studio e l’approfondimento delle realtà visitate, offrendo aiuto diretto e indiretto nei vari territori e collaborando con le associazioni operanti nei contesti locali. Il racconto di questo primo viaggio dell’associazione è stato presentato il 27 gennaio scorso al Rione Nero e, in una sala gremita di persone, è stata l’occasione per presentare le future iniziative che metterà in campo Progetto A.

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La presentazione del progetto al Rione Nero di Faenza.

Le tappe del primo viaggio: Marocco, Mauritania e Senegal, affrontando un deserto che è “pieno di vita”

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«Siamo partiti con un obiettivo – raccontano i giovani – oltre al sogno di ripercorrere i chilometri dello storico rally, volevamo fare un viaggio dal quale potessero nascere ulteriori relazioni e progetti, in primis con i luoghi e le persone che abbiamo incontrato. Un viaggio che dunque non si esaurisse in quel mese trascorso su una Panda, ma che, tornati a casa, in un certo senso continuasse». Progetto A come, la prima lettera dell’alfabeto: l’inizio di una grande avventura. Non sono mancati momenti di difficoltà, come il passaggio tra alcune frontiere o il seguire indicazioni errate in mezzo al deserto, ma anche queste hanno rappresentato sfide necessarie per rendere significativa l’esperienza.

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«Abbiamo visto tutti i giorni bambini e adulti ai margini della strada salutarci e chiederci un po’ d’acqua – raccontano – abbiamo cercato di fermarci il più possibile per aiutarli, anche andandoli a conoscere nelle loro capanne». Grazie alla raccolta materiale organizzata poco prima della partenza, è stato possibile donare, oltre a materiale di prima necessità, anche vestiti, giochi e materiale didattico per i bambini. «C’è un’ospitalità disarmante – dice Marta – non hanno quasi nulla, ma quando siamo stati ospitati nelle loro tende, ci hanno offerto sempre quel poco che hanno di cibo e un tè caldo». «Volevo riempirgli le taniche con acqua per bere e cucinare, e fraintendendomi (parlano solamente berbero) mi hanno offerto loro un secchiello di acqua» dice Nicola, colpito dalla forte umanità che hanno i nomadi berberi. Da qui il viaggio si è addentrato nel Sahara, «a dispetto di quello che si può credere – dicono – il deserto è ricco di vita».

Le donazioni all’ass. “Bambini nel deserto” e la collaborazione con “Casa Bio”

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In Senegal sono poi stati ospitati da una famiglia e hanno portato a termine il viaggio che ora si pone nuovi obiettivi, come il supporto a una fattoria didattica, la Casa Bio, e la sensibilizzazione della popolazione sul tema dei rifiuti. «Il grande contrasto che abbiamo visto esserci in Africa è tra paesaggi magnifici, ma anche la trascuratezza e immondizia, perché manca tra la gente una cultura alla sostenibilità ambientale – concludono – per questo i nuovi progetti che metteremo in campo si focalizzeranno su questo».

Samuele Marchi