Valentina Salsano, dottoressa che lavora nel Servizio tossicodipendenze di Faenza. L’abbiamo intervistata per chiederle come funzionano le attività all’interno delle strutture e come vengono aiutati i pazienti. È importante sapere che ci sono progetti che aiutano a capire meglio le dinamiche degli abusi e a prevenirli, come il progetto Fra le righe, che vuole sensibilizzare gli studenti faentini sulle problematiche legate all’abuso di sostanze.
Intervista a Valentina Salsano (Servizio tossicodipendenze Faenza)
Dottoressa, da cosa è dipeso l’abuso di sostanze stupefacenti e alcol? Come poterlo limitare?
Può essere causato da tanti fattori, da traumi subiti o una soluzione ai propri bisogni che si può trovare nelle droghe. Il modo migliore per limitarne l’abuso è attuare strategie preventive, rendendo possibile il ragionamento e instaurando una consapevolezza per fare scelte appropriate. Nel pratico, ci sono progetti preventivi nelle scuole, attività di peer education (come il progetto Fra le righe) e interventi di sensibilizzazione e riduzione dei rischi in discoteche, feste, rave party.
Noi cittadini nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa per aiutare le persone con dipendenze?
Normalizzando la dipendenza come una patologia e non come vizio, possiamo fare molto per aiutarli.
È importante conoscere i servizi a cui rivolgersi. Si occupano della prevenzione e cura delle persone con dipendenze patologiche (da sostanze e comportamenti compulsivi, come il gioco d’azzardo), se si incontra una problematica di questo tipo in un familiare o un amico si può contattare il servizio di riferimento (Faenza e comuni vicini, al numero 0546 602420).
Sappiamo che ci sono delle strutture create per aiutare le persone dipendenti da alcol e droga. Una volta entrate nelle strutture, come ricevono aiuto?
Ci sono diversi tipi di strutture. Quelle residenziali sono comunità terapeutiche, come il servizio dipendenze patologiche. Accolgono persone 24 ore al giorno e si occupano dell’individuo a 360 gradi, con lo scopo di raggiungere l’astensione dalla sostanza. I servizi delle dipendenze patologiche, sono invece servizi ambulatori e del territorio, in cui agiscono medici, psicologi, infermieri, educatori e assistenti sociali. Vengono aiutati in base alle proprie esigenze, alcuni hanno bisogno di un trattamento individuale, includendo interventi medici, sociali, psicologici, educativi e infermieristici; altri entrano in comunità o in strutture sanitarie. La riabilitazione dipende da più fattori: la motivazione dell’individuo, il sostegno dei famigliari e la consapevolezza verso la patologia. La prognosi migliora se il paziente viene aiutato il prima possibile.
È mai capitato che qualche paziente provasse a fare del male a qualcuno dentro la struttura?
Possono manifestare aggressività. Le droghe fanno emergere alcune parti e vissuti che possono rimanere sommersi. Le aggressività sono pochissime in ambulatorio e la credenza che le persone dipendenti siano violente è collegato ad uno stigma di questo target che consegue errori di percezione e pensieri errati.
È mai rimasta in contatto con persone uscite dalla struttura?
È facile che veniamo coinvolti dalle storie delle persone con cui lavoriamo. Il lavoro educativo e quello del professionista della salute, è basato sul mantenere la giusta distanza con i pazienti. È molto complesso capire qual è l’equilibrio tra empatia e accoglienza, e allo stesso tempo tutelare il rapporto della cura del paziente.
Come e perché ha intrapreso questo percorso lavorativo?
In IV superiore ho partecipato a un progetto di peer education che mi ha fatto conoscere entrambi i lati dell’educatore professionale e il complesso e affascinante mondo delle dipendenze patologiche. Ho deciso di fare il test d’ingresso e di prendere il titolo in educatore professionale laureandomi. Con il tempo e con vari concorsi sono stata assunta nell’ambito che preferisco, le dipendenze patologiche.
Il consiglio che posso dare è quello di partecipare ai progetti e alle esperienze che vengono proposte, per capire e valutare quello che potrebbe interessarci per il futuro.
Giovani aiutano altri giovani, il progetto Fra le righe
L’Unità operativa dipendenze patologiche di Faenza, in collaborazione con la cooperativa sociale LibrAzione, svolge ogni anno un progetto di prevenzione basato sulla metodologia della peer education che prende il nome di ‘Fra le Righe’. I peer sono ragazzi e ragazze tra i 18 e i 28 anni che, dopo essere stati formati dagli operatori del servizio sulle tematiche oggetto (sostanze, alcol, digital risk), si occupano di fare prevenzione in prima persona, sia svolgendo interventi di prossimità presso sagre e feste locali, sia ideando messaggi preventivi da diffondere sui principali social (Facebook, Instagram e Tik Tok), sempre supervisionati da operatori esperti. Se sei un giovane tra i 18 e i 28 anni, interessato contatta: valentina.salsano@auslromagna.it
Nicole Mancini