Al momento i libri restano da parte. Si prendono invece in mano tira-acqua, idropulitrici e badili per spalare il fango. Loro sono i giovani del liceo Torricelli-Ballardini: in tanti, circa 300, si sono ritrovati lunedì 22 maggio in piazza a Faenza per dare una mano alla città ferita dall’alluvione. Dopo essere stati in mattinata in via Lapi, un gruppo di loro ha fatto tappa alla chiesa di San Francesco, in pieno centro storico, uno dei luoghi simbolo dell’identità dell’intero quartiere e della storia faentina. Qui trovano spazio anche la Caritas parrocchiale, le sedi del gruppo scout Faenza 1, le aule del catechismo, il circolo Anspi: tanti luoghi di comunità e di incontro sommersi nella notte del 16 maggio da una vera e propria fiumana. Accompagnati dal parroco padre Ottavio Carminati, senza sosta i giovani si sono dati da fare per ripulire la chiesa, che ha visto l’acqua arrivare fino a un metro e venti. “Essendo ancora chiuse le scuole – spiegano le docenti Annalisa Cattani e Deborah Tozzi che lavorano fianco a fianco agli studenti – abbiamo lanciato questa proposta con altri professori agli studenti. Ci siamo ritrovati in piazza e da lì ci siamo divisi in vari gruppi. La cosa più bella di questa giornata è stato lo stare insieme a loro venendo contagiati dalla loro grinta ed entusiasmo. Non si sono risparmiati, tirando diritto nei lavori per tante ore”. Un’alunna di V superiore alla domanda se domani tornerebbe a scuola ha risposto: ‘Per me la cosa importante in questo momento è stare insieme e dare una mano’. E così si va avanti, con i tira-acqua per tutto il pomeriggio, tra sorrisi e il sentirsi parte della comunità.

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“Una delle cose più belle è stata vedere i nostri parrocchiani, colpiti pure loro dall’alluvione, darci una mano”

san francesco chiostro

Il giorno successivo all’alluvione, a dare una mano alla comunità di frati presente a San Francesco sono stati i propedeuti e seminaristi di Faenza, che hanno aiutato a ripulire la chiesa nelle fasi più critiche. “Sono stati eccezionali. Quella notte mi sono affacciato sulla chiesa – commenta padre Ottavio – e mi stavo per mettere a piangere vedendo i banchi e panche della chiesa galleggiare sul presbiterio”. L’ondata è arrivata in poco tempo, e la comunità di frati si è riparata al primo piano della struttura. “Fortunatamente stiamo tutti bene e l’acqua in chiesa non ha raggiunto i livelli dei quadri e delle opere più importanti, ma stiamo facendo le dovute verifiche con la Soprintendenza“. In mezzo a tutte queste difficoltà, padre Ottavio coglie però tanti semi di speranza. “Vedere tutti questi giovani darci una mano è significativo. Sono venuti poi tanti volontari da tutta Italia, da Rimini a Genova. Una delle cose più belle è stato però vedere tanti nostri parrocchiani darci una mano in questi giorni: molti di loro stanno vivendo situazioni difficili essendo stati colpiti pure loro dall’alluvione”.

Padre Ottavio: “Dobbiamo coltivare la speranza”

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Giorno dopo giorno, grazie a questi aiuti, la chiesa compie piccoli, ma importanti passi per tornare come prima. Le panche sono state ripulite dai giovani a una a una, con pazienza, e il coro non ha avuto danni significativi. E presto si inizierà a lavorare su altre aree colpite del convento, come per esempio i piani inferiori, che vedevano ospitare le sedi del gruppo scout Faenza 1 e le aule del catechismo, dove c’è ancora tanta acqua. Sacrestia e circolo Anspi invece hanno hanno visto perdere tanto del materiale al loro interno, così come il mercatino di solidarietà dei vestiti, inaugurato dalla Caritas parrocchiale pochi mesi fa. Qui le volontarie della parrocchia analizzano i vestiti uno a uno per capire cosa può essere salvato. “La forza dell’acqua è stato devastante, vedremo quello che riusciremo a salvare. Presto arriveranno a dare una mano anche altri dieci giovani aspiranti preti da Brescia che si fermeranno a Faenza diversi giorni – dice padre Ottavio -. In questo momento il nostro primo pensiero va ai defunti e agli sfollati. I semi di speranza per affrontare questo periodo difficile ci sono. Si parte dalle piccole cose, piano piano, per ricostruire. Dobbiamo coltivare la speranza: questi eventi sottolineano la solidarietà enorme che abbiamo ricevuto da tante persone, giovani e meno giovani. A tutti va il nostro grazie e la certezza assoluta che dobbiamo ricostruire la casa di tutti”.

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