Costruire, rigenerare, creare nuove relazioni tra uomo e ambiente all’interno delle nostre città. Faenza 10 anni di edilizia. L’inizio del nuovo secolo, edito dalla Tipografia Faentina, è la terza parte della pubblicazione a cura dell’architetto Ennio Nonni che si focalizza sugli anni 2010-20 della nostra città. Il libro è stato presentato venerdì 2 dicembre in Biblioteca Manfrediana. In questi dieci anni sono stati tanti gli interventi messi in atto a Faenza, ma verso quale direzione tendono? E su cosa si deve puntare nei prossimi anni? Ne parliamo con l’autore, architetto e urbanista, che è stato dirigente del comune di Faenza e dei sei comuni della Romagna Faentina fino al 2019.
Intervista all’architetto Ennio Nonni

Architetto Nonni, in quale contesto si inserisce questo volume?
La storia recente dell’edilizia faentina è stata già raccolta in due volumi: il primo uscito nel 2006 documentava il periodo 1900-50; mentre il secondo uscito nel 2011 completava il secolo scorso trattando il periodo 1951-2010. Quest’ultimo libro è invece molto ravvicinato nel tempo e, più che una lettura storica, offre la cronaca degli interventi che hanno interessato la città, in senso positivo, in questi ultimi anni.
Su quale base di priorità hai selezionato gli interventi che presenti nel libro?
Sicuramente il valore strategico. Sono indicati quegli interventi che hanno le carte in regola per avere un impatto sul lungo periodo nell’edilizia cittadina. In dieci anni sono stati fatti molti lavori di tipo amministrativo, dalla manutenzione della città ai piccoli completamento o nuovi usi urbani, ma è alle pochissime azioni di governo a cui qui si rivolge lo sguardo; azioni che individuano strategie di lungo periodo che imprimono identità e che vanno oltre i tempi della politica.
Quali sono i principali?
Sicuramente un binomio virtuoso è stato quello che ha caratterizzato il piano sosta da un lato e la mobilità elettrica dall’altro, grazie alle navette Green-go bus. La mobilità sostenibile è un tema centrale, su cui Faenza, grazie anche all’azione dei privati, si è fatta trovare preparata. Un’altra tappa importante è il nuovo Piano urbanistico del 2015, che ha indicato nella sostenibilità un nuovo modo di concepire la nostra città. Il tempo che stiamo vivendo, più che su costruzioni nuove, va più nella direzione del recupero e della rigenerazione degli spazi. Ne è stato un esempio il recupero della “Casba” in via Fornarina. Un progetto difficile per le implicazioni sociali e architettoniche che comportava. Nel corso dei decenni si era trasformato in un ambiente ostile e degradato. Questo grande edificio è stato recuperato per la prima volta nel 2014 con un innovativo progetto di street art. Sempre in un ottica di sostenibilità ambientale, cito l’area delle Bocche dei canali che è stata preservata dall’urbanizzazione. Poi cito la nuova Arena Borghesi, il polo archeologico di Palazzo Mazzolani, il recupero del complesso ex Salesiani e tanti altri che sono approfonditi nel volume.

Partire dalla nostra storia per progettare il futuro. Su quali aspetti deve puntare la Faenza di domani?
Dovrà avere una sostenibilità sempre più forte. Oggi ci sono problematiche che anche solo fino a dieci anni fa non esistevano. Un punto chiave dovrà essere l’energia: le nostre città si devono auto-alimentare tramite energie rinnovabili. Questo ci deve fare cambiare alcune rigidità urbanistiche che avevamo nel passato. Un altro tema è quello del verde urbano: l’albero non può più essere considerato solo un fattore estetico, ma diventerà sempre più imprescindibile per contrastare il cambiamento climatico e migliorare la vivibilità delle città. Incidere sull’ambiente significa incidere anche sugli aspetti sanitari: clima e salute sono infatti intrecciati.
Come coniugare tutto questo alla sostenibilità economica?
Le città per vivere hanno bisogno di produrre. Sicuramente il centro storico ha difficoltà strutturali e logistiche più forti rispetto alle periferie. Un dato di fatto è questo: vedere spazi e negozi sfitti in centro non è solo un problema estetico, ma di sostanza. È nella densità urbana della relazione tra cittadino, commerciante e turista che le nostre città acquistano valore. Quando perdiamo un’attività storica in centro, è un danno pubblico enorme. A sostegno di queste attività, a mio parere, ci vogliono specifiche agevolazioni fiscali. Al tempo stesso bisogna essere bravi a capire quali sono le esigenze nuove che emergono, a livello di lavori e prodotti. La società è cambiata, e ogni giorno nascono nuovi tipi di lavori. L’ideale sarebbe un passaggio di testimone naturale fra vecchie e nuove attività.
Samuele Marchi