In questi giorni dedicati al culto e al ricordo dei defunti, reputo doveroso da parte mia, che ho avuto il privilegio di conoscerla e di esserne stimato, un ricordo di Vanda Berasi Muky, morta il 7 gennaio 2022. È noto che Muky è stata una grande benefattrice per la comunità faentina. Nel 2017/18 ha donato i suoi palazzi in piazza II Giugno, di ingente valore, al Mic, Museo Internazionale delle Ceramiche. Inoltre nel 2020, in piena pandemia, ha donato all’Ospedale un’autoambulanza e con i suoi molteplici testamenti ha disposto numerosi lasciti, tra cui uno a favore del Comune.

Scelte libere nel testamento di Muky

Sono note le recenti polemiche che hanno indotto il sindaco Massimo Isola ad affermare, nel Consiglio comunale del 20 ottobre scorso che bisogna evitare di «gettare fango su persone oneste che non si conoscono e su fatti che non si conoscono». In merito alla molteplicità dei testamenti, va rilevato che l’art. 679 c.c. stabilisce espressamente che «non si può in alcun modo rinunziare alla facoltà di revocare o mutare le disposizioni testamentarie: ogni clausola o condizione contraria non ha effetto». La revocabilità del testamento si spiega in funzione della tutela della volontà testamentaria: l’autore deve essere libero di modificare un testamento al mutare della propria volontà. Emblematico è il brocardo latino: Ambulatoria est voluntas defuncti usque ad vitae supremum exitum, che si rinviene nel Digesto di Giustiniano. 34.4.4 (Ulpiano.33 ad Sab.)

«Per la pace tra i popoli»

Di famiglia di origine austriaca, era nata a Trento (in quella parte del Tirolo storico chiamato Welschtirol) nel 1926 e aveva vissuto anche a Bolzano. Aveva quindi visto le terribili conseguenze dei nazionalismi nei territori di confine e quindi non solo le morti e le devastazioni belliche, ma anche i tentativi di annientare la cultura altrui o cancel culture secondo un termine moderno.
Senza pretesa di completezza si possono ricordare: nel 1904 l’assalto e la distruzione da parte dei nazionalisti tedeschi alla Facoltà di Giurisprudenza italiana a Innsbruck, (durante il quale furono incarcerati Cesare Battisti e Alcide De Gasperi); oppure le cosiddette Katakombenschulen dove insegnavano clandestinamente la lingua e la cultura tedesca coraggiose eroine, tra cui Angela Nikoletti che per questo motivo fu imprigionata dai fascisti e morì di tubercolosi in carcere a 25 anni, e a cui sono dedicate molte scuole in Sudtirolo.

Queste vicende l’avevano profondamente influenzata perché netto era il suo rifiuto di ogni nazionalismo e di discriminazione.
Emblematiche della sua Weltanschauung (visione del mondo) sono le parole contenute nell’atto di donazione degli immobili al Mic: La parte donante Berasi Vanda Muky dichiara e conviene espressamente che gli immobili in oggetto dovranno essere destinati alla creazione di un Centro internazionale artistico e culturale principalmente aperto a studenti e artisti provenienti da ogni parte del mondo, senza distinzione di lingua, colore, etnia, religione, e pertanto senza alcuna discriminazione. Il tutto al fine sia di internazionalizzare lo studio della ceramica, sia al fine di promuovere la pace tra i popoli, in modo da perpetuare il ricordo della donante artista Berasi Vanda Muky e dell’artista Matteucci Prof. Domenico. Tale centro culturale sarà chiamato Casa dell’arte Muky e Matteucci. La cultura e l’arte erano quindi viste come strumento di conoscenza reciproca e di integrazione tra le persone e i popoli, per perseguire la pace.

Un altro aspetto della sua figura era la costante attenzione verso le persone più povere e fragili (messaggio particolarmente attuale in questi tempi in cui la povertà è sempre più diffusa). In occasione dei suoi 95 anni aveva donato a papa Francesco una sua opera in ceramica a rilievo raffigurante san Francesco con la campana di Rovereto, in occasione dell’udienza privata in Vaticano concessa alla Fondazione Arché Onlus – ente di volontariato del quale Muky condivideva da sempre i valori e gli obiettivi di aiuto alle persone. Parlando con lei emergeva questa sua straordinaria attitudine, non solo a fare del bene, ma anche a indurre le persone che incontrava e conosceva, a fare a loro volta del bene (anche nei confronti del sottoscritto che negli ultimi tempi ha effettuato donazioni a persone bisognose pensando a lei). Totale e ferma era quindi la condanna e il rigetto di quelle persone che fanno leva ed eccitano gli istinti peggiori di altre persone, spesso scatenando guerre tra poveri. Ha poi rappresentato la modernizzazione dei costumi delle persone, simbolo di donna indipendente già negli anni Sessanta.

In conclusione era una persona rara, di grande bontà e sensibilità e cultura, che dovremmo tutti ricordare, non solo con le parole, ma con le opere, sia volte a favorire l’integrazione, l’inclusione e la non discriminazione, sia aiutando concretamente (ciascuno nei limiti delle proprie possibilità) le persone fragili e bisognose.

The rest is silence.

Paolo Castellari