Un sistema innovativo per tracciare la filiera produttiva di miele e frutti di bosco favorendo un’agricoltura sempre più sana e con il minor impatto ambientale possibile. È questo che ha messo in campo la startup faentina L’Agricolo. Un progetto, basato sulla blockchain (vedi articolo di spiegazione), che ha ricevuto nelle scorse settimane un premio da 6mila euro da parte di Coopstartup Romagna. La nuova cooperativa opera in varie aree in Romagna: a Faenza nella zona di Monte Coralli, a Riolo Terme, nella zona Toranello, e a Massa Lombarda. Inoltre valorizza la produzione del miele attraverso api itineranti tra Zattaglia, Brisighella e Riolo Terme.
La starup premiata da Coopstartup Romagna
L’Agricolo si occupa della produzione di miele, frutti di bosco, olio, frutta e ortaggi e della loro consegna a domicilio, utilizzando un metodo innovativo per tracciare la filiera produttiva, la blockchain. Un sistema che permette il flusso di dati e informazioni in maniera veloce e sicura. A dare vita alla startup diverse figure professionali come agricoltori, apicoltori – Andrea Zannoni, Glauco Trapanesi, Federico Scardovi, Luca Zanetti – e una neo laureata in Economia aziendale, Camilla Ambrosini. «Il nostro è un progetto ancora in fase di partenza – racconta Federico Scardovi -. Il nostro intento è di sviluppare e promuovere la nostra agricoltura a chilometro zero, utilizzando meno veleni possibili e cercando di abbassare l’impatto ambientale.
Per quanto riguarda la tecnologia blockchain la sfruttiamo tramite dei rilevatori ambientali che funzionano sulla rete Helium».
Helium è una nuova criptovaluta che permette ai proprietari di hotspot wi-fi di guadagnare monete virtuali, in cambio di fornitura e copertura wireless sul proprio territorio o quando i dispositivi wireless si collegano alla rete internet attraverso gli hotspot stessi.
Ma ad oggi la blockchain di Helium viene utilizzata da L’Agricolo per depositare informazioni del prodotto su un Qr code per i clienti. Con un semplice clic sul Qr code i clienti possono verificare la filiera produttiva, ad esempio dei pomodori made in Italy che verranno consegnati, analizzando il percorso che hanno fatto dall’orto fino all’arrivo al proprio domicilio. «Con un hotspot ci si attacca una grande quantità di sensori con alte distanze copertura, facendo ciò riusciamo a tracciare in, maniera specifica, una gran parte della vita del prodotto che poi il cliente riuscirà a vedere attraverso il proprio smartphone. Questo ci permette di certificare che tutte le cose che produciamo sono autentiche e made in Italy. Tutto ciò non è solo utile al cliente, ma anche all’agricoltore. I sensori ci danno una grande quantità di dati che servono per migliorare il prodotto».
Francesco Garavini

