La trasmissione della memoria al centro. Alberto Fuschini, 34 anni, da qualche mese è presidente della sezione Anpi di Faenza e membro del direttivo della Consulta del Volontariato. Laureato in Storia contemporanea, collabora con varie associazioni, come Acsè e Farsi Prossimo. Con lui proseguiamo il nostro itinerario su giovani e cultura, partendo dai suoi primi mesi alla presidenza dell’Anpi.

Intervista ad Alberto Fuschini, presidente Anpi Faenza

Nelle prime interviste hai evidenziato l’importanza di avvicinare l’Anpi ai giovani. Come?

La trasmissione della memoria è il punto fondamentale. Dalla Resistenza sono passati tanti anni ed è necessario che i suoi valori, così come il sacrificio di donne e uomini partigiani, non vengano dimenticati. Per questo è importante trovare modalità con le quali avvicinare i più giovani. Siamo partiti già con diverse iniziative al circolo Prometeo, perché crediamo che la collaborazione con realtà giovanili già consolidate sia importante per arrivare alle nuove generazioni. Ci sono state presentazioni di libri su temi nazionali e locali, e ne abbiamo altre in cantiere. Inoltre, in vista del 25 aprile, abbiamo avviato una collaborazione con il Teatro Due Mondi e il liceo faentino avviando laboratori con gli studenti. Il nostro direttivo stesso si è rinnovato dando più spazio ai giovani, e questo è un segnale importante che abbiamo dato. Penso che i giovani, se gliene diamo modo, siano i primi a volersi impegnare attivamente per conoscere sempre di più la storia del proprio territorio.

Sulla ricerca storica, quali sono a tuo parere, a livello locale, i temi sui cui la città deve investire?

Tutto parte dalla ricerca storica, e per questo abbiamo istituito nella nostra sezione un gruppo specifico.  In particolare, penso che la storia della Resistenza vada trasmessa attraverso i suoi testimoni locali.  Per questo abbiamo eletto come presidente onoraria Annunziata Verità, una delle ultime testimoni di quel periodo. Così come è importante far conoscere ai giovani le vicende, per esempio, di Silvio Corbari e Bruno Neri. La storia di quest’ultimo, in particolare, non è ancora molto conosciuta e abbiamo collaborato a un podcast a lui dedicato con la Rai.  Si tratta di testimonianze che hanno un valore attuale: all’interno dei partigiani troviamo persone dalle storie politico-culturali molto diverse: cattolici, comunisti, liberali, repubblicani e tanti altri uniti, pur nelle loro differenze, nella lotta al nazifascismo in difesa della democrazia. Può sembrare una storia già chiusa, ma la ricerca ci dimostra che ancora oggi ci sono aspetti con cui fare i conti, a partire dalla condanna delle atrocità commesse dal fascismo, per esempio, in Africa o nei Balcani, o i campi di concentramento realizzati anche sul territorio italiano. La cosa più preoccupante che noto oggi è il tentativo di riabilitare certe figure fasciste, facendo venire meno la loro responsabilità su quello che accadde.

Hai partecipato all’evento diocesano dedicato all’ex sindaco Antonio Zucchini. Da questo primo evento nasceranno ulteriori ricerche?

Non fu un partigiano, ma una figura comunque simbolo della nostra città, il sindaco dell’ultima giunta democratica costretto dalle dimissioni per la violenza subita dai fascisti. A partire dall’evento diocesano, crediamo sia importante che tutte le realtà del territorio facciano approfondimenti su di lui, e non solo, per ricordare il clima politico di quegli anni.

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Giovani e cultura: in città riscontri una certa chiusura?

A Faenza ci sono tante realtà che si impegnano da anni e che sono un importante punto di riferimento. La chiusura verso i giovani – e qui parlo per esperienza personale, ma anche per la mia attività da sindacalista – c’è, in questo senso. In Italia c’è la convinzione che chi svolge attività culturale debba farla gratuitamente, ma un conto è l’attività di volontariato e un conto è quando si offrono competenze professionali che vanno riconosciute. Per questo andrebbero promossi annualmente dei bandi per giovani ricercatori con i quali portare avanti attività culturale e di ricerca storica. Penso per esempio a quelli promossi da La Bcc e Fondazione Dalle Fabbriche, grazie ai quali ho potuto svolgere ricerche sul sacerdote Carlo Mazzotti, cooperatore e pacifista. La promozione dei bandi andrebbe incentivata, per dare opportunità ai giovani di inserirsi nel contesto culturale senza svilirli.

Samuele Marchi