Dal 16 settembre al 1° ottobre, undici parrocchiani di Santa Maria Maddalena (Smama) di Faenza hanno vissuto un’esperienza diversa dal solito: un viaggio missionario in Perù, che ha unito servizio, preghiera e scoperta. Guidati dal parroco don Francesco Cavina e da don Verdiano Foschini, il gruppo era composto da sette giovani tra i 15 e i 24 anni e due adulti, tra cui Giorgio Lampronti, che ha un forte legame con l’Operazione Mato Grosso. «La missione si è svolta nella parrocchia di Chimbote, dove opera don Samuele Fattini, tra l’altro originario di Rivalta e da vent’anni missionario in terra peruviana. Il legame tra le due comunità è nato nel 2023, quando i parrocchiani di Chimbote inviarono aiuti economici a Faenza dopo l’alluvione, donando mille euro, poi devoluti dalla parrocchia a una famiglia che aveva perso tutto. Un gesto di profonda solidarietà, proveniente da un contesto di estrema povertà. E da lì abbiamo fortemente voluto e poi rafforzato un legame speciale che tutt’ora ci lega» ci racconta don Francesco.

Il gemellaggio nato dopo l’alluvione a Faenza, nel maggio 2023. La vicinanza arrivata dal Perù

«Nel 2024, don Samuele è stato ospite nella nostra parrocchia, e da quell’incontro è nata l’idea del gemellaggio che oggi, nel concreto, porta avanti raccolte viveri e fondi, e quando si riesce anche in esperienze di condivisione come questa missione». Le due settimane sono state organizzate in modo da vivere il servizio a Chimbote, ma per esplorare e scoprire il Perù, anche quello più “selvaggio” della sierra, un terra tanto povera quanto affascinante.

Servizio e preghiera sui luoghi di padre Daniele Badiali

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La prima settimana è stata vissuta nella periferia di Bejamar, dove don Samuele opera instancabilmente tra le “invasioni”, ovvero insediamenti informali nel deserto dove famiglie povere vivono in baracche, tirate su in maniera autonoma e spesso poco sicure. I giovani faentini, tra le altre cose, hanno contribuito alla costruzione di una casetta in legno per una di quelle famiglie e hanno condiviso la quotidianità della casa parrocchiale, toccando con mano la realtà di chi vive ai margini.

La seconda settimana ha portato il gruppo tra le montagne della Sierra, dove si svolgono le storiche missioni dell’Omg, continuando il servizio pure lì, viaggiando sulle orme dei tanti missionari e martiri. A San Luis, hanno visitato i luoghi di padre Daniele Badiali, sacerdote nato a Ronco e storico volto dell’Omg, poi ucciso ad Acorma nel marzo del 1997 da un gruppo di terroristi, offrendosi per salvare un’altra volontaria; e a Llamellin hanno celebrato la domenica nella parrocchia dove operò padre Giorgio Nonni, originario di Fossolo e morto nel 2015 a 61 anni dopo un lungo periodo passato sulle Ande a servizio dei poveri.

In questi luoghi, i tanti missionari continuano a portare avanti un lavoro faticoso, ma straordinario, offrendo dignità e speranza a bambini e adulti. «È un piccolo lumicino, ma splendente», ha raccontato don Francesco, commosso dalla dedizione dei volontari, dedizione che a volte costa loro la vita. «Ogni casa dell’Omg custodisce una cappellina con il Santissimo Corpo di Cristo, segno di una fede vissuta nel servizio. Gesù ci ha chiesto di portare il Vangelo nel mondo, promuovendo la dignità della persona», ha ricordato don Francesco. La preghiera è stata il filo conduttore di tutta l’esperienza, culminata nei momenti di raccoglimento nei luoghi dei tre martiri di carità: padre Daniele Badiali, Giulio Rocca e Nadia De Munari. Anche Giulio e Nadia erano missionari, anche loro furono uccisi da gruppi terroristici durante il loro servizio, entrambi dopo aver subito svariate minacce, che però non li hanno fermati.

Le testimonianze dei giovani

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«È stata un’esperienza molto significativa – racconta Linda, studentessa e catechista della parrocchia, al rientro – che ci ha dato l’occasione di conoscere da vicino diverse realtà legate alla missione di padre Samuele e non solo. In ognuno dei luoghi che abbiamo raggiunto, abbiamo trascorso momenti di condivisione con bambini e ragazzi delle scuole e degli oratori. Nei loro sguardi abbiamo colto gioia, serenità e speranza, nonostante le difficoltà. Questa esperienza ci ha permesso di ampliare lo sguardo, di riscoprire valori spesso dimenticati e di riflettere su aspetti della vita che, nella nostra quotidianità, tendiamo a dare per scontati».

Continua Beatrice, anche lei, come Linda, catechista e studentessa: «Da quando siamo tornati non c’è stato giorno in cui io non abbia ripensato ai volti incontrati, ai luoghi visitati, alle esperienze vissute. Esprimere a parole ciò che ho provato non è facile. Eppure, il solo fatto che, nonostante il ritmo frenetico della nostra vita quotidiana, il tempo passato là resti così vivo dentro di me, dice molto sull’intensità e il significato di ciò che abbiamo vissuto. Sono partita senza aspettative, ma desiderosa di mettermi in gioco e piena di energia. Un’energia che, giorno dopo giorno, è cresciuta e si è nutrita di incontri, sorrisi, fatiche condivise e piccoli gesti. Questa missione mi ha lasciato un segno profondo. Più che un semplice ricordo è diventata una parte di me, che spero possa continuare a essere nutrita».

«Il viaggio in Perù – ha concluso don Francesco – non è stato solo un’esperienza isolata, ma l’inizio di un cammino. Il gemellaggio con la parrocchia di don Samuele proseguirà, alimentato da gesti concreti e da una comunione che supera ogni confine. Siamo veramente grati di averla vissuta».

Jacopo Cavina