L’esposizione fotografica Oltre la piena”, inaugurata il 9 maggio al Seminario Vescovile di Faenza, ha raccontato l’alluvione del 2023 attraverso immagini intense e toccanti. Promossa dalla Caritas Diocesana, la mostra – oggi visitabile a Marradi – ricostruisce la memoria collettiva del disastro, tra distruzione, solidarietà e speranza dell’alluvione 2023. Un’occasione di riflessione e impegno, rivolta all’intera comunità. In centinaia di studenti delle scuole superiori hanno potuto, nelle scorse settimane, visitare la mostra e lasciare le loro impressioni. A colpirli maggiormente sono stati gli scatti legati alla piena del Pinte delle Grazie, l’immagine di persone sporche nel fango che si abbracciano, la rottura del fiume a Traversara, i volontari, scout e protezione civile, che hanno aiutato nell’emergenza. A suscitare grandi emozioni anche lo scatto di una bandiera italiana coperta dal fango.

Di seguito riportiamo la testimonianza di una volontaria della Caritas che ha curato le visite guidate.

La testimonianza

La dimenticanza è sicuramente uno dei meccanismi di autodifesa più potenti messi in atto dalla mente umana per proteggersi dalle esperienze negative, quelle che le provocano dolore. Per questo, ho trovato fin dall’inizio molto coraggiosa la scelta di Caritas Diocesana di ricordare le alluvioni di maggio 2023, a due anni quasi esatti di distanza, con una mostra fotografica.

E, ancora più coraggiosa, l’idea di invitare gli alunni delle scuole superiori del territorio a visitarla. Già noi adulti tendiamo, quando possiamo – cioè quando le nostre vite personali non sono state intaccate troppo pesantemente dagli eventi legati all’alluvione – a passare oltre, fingendo di non accorgerci delle cicatrici piccole e grandi, ancora ben visibili, lasciate da acqua e fango nel tessuto abitativo della città. Figurarsi quanto poco di quelle foto vorranno vedere i ragazzi, mi ero detta, quando mi era stato proposto di guidare alcune classi provenienti dall’Istituto Tecnico e Professionale Luigi Bucci di Faenza alla scoperta della mostra.

Sono una semplice volontaria: in Caritas Diocesana mi occupo dell’accoglienza delle persone che vengono a chiedere aiuto, sempre tante, ma molte di più – e molto più spaesate e inermi davanti all’inimmaginabilità di quanto era appena accaduto – nei mesi seguenti le alluvioni. Per prepararmi a guidare le visite dei ragazzi, ho ripensato a quei giorni e a quei volti, spesso disorientati e arrabbiati, e ai volti pieni di energia e fiducia dei tanti volontari accorsi in loro aiuto da tutta Italia, immortalati negli scatti presentati nella sezione della mostra intitolata “La linea della speranza”, dedicata alle attività di quei giorni al Centro Operativo Caritas. Invece, già dalla prima visita, mi sono resa conto che i ragazzi, accompagnati e aiutati, ogni volta, dalla sensibilità e discrezione della loro insegnante di religione, hanno guardato con attenzione le foto, spesso commentando e condividendo le sensazioni che la mostra stava loro trasmettendo.

E hanno anche riempito di biglietti la scatola, messa accanto al libro per le firme dei visitatori, in cui veniva loro chiesto “di votare”, indicando la foto – o le foto – che li avevano maggiormente impressionati. Dalle risposte, è emerso quanto le loro sensibilità siano, alla fine, in continuità con quelle delle generazioni che li hanno preceduti. Sono sempre i riti e i simboli che pesano nell’immaginario collettivo, anche su quello dei giovani adolescenti di oggi. I simboli hanno colpito i ragazzi quando li hanno ritrovati, seppur acciaccati, nelle fotografie: la bandiera italiana chiazzata di fango abbandonata contro un muro o le cataste di libri resi illeggibili e irriconoscibili da acqua e argilla.

E, da ultimo, ad attrarre la loro attenzione un “rito” della modernità, unitario e liberatorio: il pannello con la grande foto della piazza di Faenza ricolma di centinaia di volontari, quasi tutti giovani, con gli abiti sporchi al termine di una durissima giornata di lavoro, passata a spalare fango e ripulire strade e case, tutti insieme per un aperitivo nel tardo pomeriggio, mentre osservano la colonna mobile dei mezzi di Vigili del fuoco e Protezione civile che sfila lentamente davanti alla scalinata del Duomo.

Cristina Ghetti