Ad un mese dalla presentazione del piano regionale per mitigare il rischio idraulico e proteggere Faenza da future alluvioni, si registrano le prime reazioni dei Comitati Alluvionati.

Le perplessità del comitato Fluire sull’area a tracimazione controllata

Tra i progetti presentati dai tecnici regionali c’è un’area a tracimazione controllata, da realizzare tra Reda e Pieve Cesato, che ha suscitato perplessità nel Comitato Fluire, che raggruppa i cittadini alluvionati del forese. L’area, di 900 ettari, dovrebbe nascere in una zona in cui diminuisce la capacità di deflusso delle piene del fiume Lamone e proteggere gli abitati di Bagnacavallo e Russi. «Il progetto però, così come è stato presentato – spiega Elena Gallina, presidente di Fluire – non è assolutamente chiaro. La zona precisa e le modalità di realizzazione sono ancora nebulose. È stata presentata un’area a tracimazione controllata, da realizzare mediante argini rinforzati con massi, ma appositamente più bassi. In questo caso non si può parlare di una tracimazione realmente gestita. Inoltre non è stata ancora definita la servitù di allagamento, per la gestione degli indennizzi».

Fluire ritiene che un’area a tracimazione controllata a valle, più facile e veloce da realizzare, possa significare rinunciare a esplorare soluzioni più complesse ma anche maggiormente efficaci, a monte di Faenza. «Le aree a valle della città – prosegue Gallina – devono sicuramente dare il proprio contributo, però un’area a tracimazione controllata dovrebbe rappresentare l’ultima spiaggia. Prima ci sono tante azioni decisive da mettere in campo, per rallentare e contenere l’acqua a monte di Faenza, dove si formano le piene». Rimane irrisolto un nodo importante per il Comitato, ovvero la presenza di zone di protezione speciale in tratti del fiume dove l’acqua scorre già lentamente. «Troviamo estremamente incoerente avere delle aree con vincoli ambientali così stringenti lungo l’asta del Lamone e chiedere ai cittadini di convivere con il rischio di subire un allagamento. Quei vincoli, che hanno già reso difficile il ripristino delle arginature a Russi, vanno rimossi, così come va garantita una manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua più puntuale ed efficiente. Soddisfatte queste condizioni, allora si potrà discutere di un’area a tracimazione controllata che dovrà essere realizzata mediante valvole clapet o saracinesche, in modo da indirizzare realmente l’acqua del Lamone».

Insomma, nonostante De Pascale abbia parlato di un piano che non vuole essere calato dall’alto, ma condiviso dalla comunità, la sensazione, all’interno di Fluire, è che «sia stata presentata una bozza di progetto troppo generica, tesa a innescare polemiche e malcontento, come è puntualmente successo tra gli abitanti delle frazioni del forese. In questo modo il rischio è che si perda tempo prezioso e che la responsabilità sia fatta ricadere sui comitati». Nonostante l’amarezza, il Comitato rimane aperto al confronto con la Regione e non intende andare allo scontro. «Abbiamo già invitato i rappresentati della Regione sul nostro territorio e torneremo a chiedere un incontro a Fossolo, in cui il progetto dell’area a tracimazione controllata sia presentato in maniera più precisa e dettagliata».

Orto Bertoni: «Progetto generico»

A fare eco a Gallina è Stefano Gaiardi, presidente del Comitato Orto Bertoni, zona di Faenza considerata idonea a laminare le piene, con un’area apposita di 25 ettari, tra il quartiere e il cimitero. «Auspichiamo che la Regione attivi al più presto dei tavoli di confronto perché non ci aspettavamo un’area per laminare le piene del Lamone a ridosso del nostro quartiere. Nella bozza di progetto ci sono di fatto dei bacini all’interno del centro abitato di Faenza e questo ci porta ad avere delle perplessità di ordine tecnico. Stiamo inviando le nostre osservazioni alla Regione però – spiega Gaiardi – è difficile esprimere un giudizio davanti ad un progetto così generico, di cui sono state fornite poche informazioni. Questo ci mette in difficoltà anche davanti ai cittadini che ci chiedono risposte, che non possiamo fornire. Speriamo dunque di ricevere maggiori delucidazioni anche perché l’Orto Bertoni è un quartiere che non ha vie di fuga e dunque avere un’area allagabile così vicina un po’ ci preoccupa».

Nella bozza di progetto della Regione è però specificato che per utilizzare l’Orto Bertoni per laminare le piene dovrà essere adeguatamente rinforzato l’argine, realizzato nel post alluvione. «A prescindere da tutti i progetti, ci aspettiamo sicuramente lavori importanti di rinforzo dell’argine che presenta delle evidenti fessurazioni e aree dove sono ancora presenti i teloni. Questo argine non è più a protezione di terreni agricoli, ma di un’area urbanizzata e deve essere assolutamente riclassificato come opera di II categoria. Inoltre – prosegue Gaiardi – dovrà essere rinforzato anche l’argine di via Calbetta, per garantire maggiore sicurezza al nostro quartiere».

«Servono interventi più incisivi»

Come Fluire, anche il Comitato Orto Bertoni auspica interventi più incisivi, rispetto a quelli presentati, a monte di Faenza. «È fondamentale, per proteggere la nostra città, regimare e contenere le acque in zona collinare, e dunque ci aspettiamo opere di più ampio respiro. Siamo contenti che la Regione abbia presentato una prima bozza di progetto, con soluzioni concrete, ma visto che saranno investite molte risorse per risolvere un problema che preoccupa migliaia di cittadini ci aspettiamo ipotesi progettuali innovative e ambiziose, sviluppate partendo dal progetto presentato da Brath nel 2010».

In attesa però che queste opere vengano messe in campo, Gaiardi sottolinea quanto sia importante intervenire con decisione sulla manutenzione dei corsi d’acqua e sulla gestione della vegetazione. «Le casse di espansione sono fondamentali, ma non saranno naturalmente pronte per il prossimo autunno. Quello che chiediamo è una manutenzione puntuale e dare priorità immediata a un piano strutturato di valutazione del rischio degli argini, lungo tutta l‘asta fluviale, andando poi a intervenire, rapidamente, sulle criticità identificate. In attesa che vengano messa a terra le opere più complesse, vanno evitati nuovi allagamenti e ulteriori danni economici, materiali e psicologici a una popolazione già provata dalle alluvioni degli anni scorsi».

Samuele Bondi