Un’occasione di riflessione e di confronto, per proseguire il cammino partito dalla Settimana sociale dei cattolici di Trieste e incidere così nella società. Venerdì 21 marzo, a Faenza, alla sala Dalle Fabbriche de La Bcc si è tenuta la presentazione della seconda edizione del libro “Chiesa e democrazia” di monsignor Mario Toso. L’incontro, promosso dalla Fondazione Dalle Fabbriche – Multifor e dalla Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi, ha visto gli interventi dei professori Piero Schiavazzi e Stefano Zamagni, oltre alle conclusioni affidate all’autore del libro. A introdurre i relatori e i temi della serata è stato Edo Miserocchi, presidente della Fondazione Dalle Fabbriche.
Schiavazzi: “Un pensiero profetico. Oggi bisogna incidere nei luoghi di lavoro”

Tra i relatori intervenuti, Piero Schiavazzi, docente di Geopolitica vaticana all’Università degli Studi Link di Roma, ha offerto un’analisi lucida e appassionata del pensiero di Toso, evidenziandone la portata profetica e la stretta connessione con i mutamenti della società contemporanea. Schiavazzi ha sottolineato come già nel 2010 monsignor Toso avesse compreso che gli equilibri politici e geopolitici stavano saltando. Il prelato, in un piccolo volume sulla riforma del sistema finanziario, aveva prefigurato scenari di crisi tali da suscitare reazioni forti, incluse proteste diplomatiche. “Sta arrivando una doppia rivoluzione: antropologica e geopolitica”, aveva detto Toso in quegli anni, anticipando il tema centrale del suo libro: se non si condivide la stessa idea di uomo, diventa impossibile garantire gli stessi diritti e dunque la tenuta della democrazia.
Il legame tra globalizzazione e democrazia era già presente nella “Caritas in veritate”, l’enciclica sociale del 2009. In essa, per la prima volta, il fenomeno della globalizzazione entrava ufficialmente nel magistero della Chiesa. “Chiesa e democrazia” si colloca in questa scia e si connette direttamente alla 50ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, svoltasi a Trieste con gli interventi del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di Papa Francesco. Mattarella ha parlato dell'”epoca del rischio” in cui viviamo, e Schiavazzi ha interpretato l’evento come una ciambella di salvataggio che la Chiesa ha gettato alla democrazia, dopo secoli di distanza e diffidenza.
Il percorso storico è stato chiaro: se nell’Ottocento la Chiesa si era ontologicamente tenuta lontana dalla democrazia, nel Novecento Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno affermato esplicitamente che essa rappresenta la forma migliore per garantire la dignità umana. Una posizione ribadita anche dagli ultimi Pontefici. Ma la democrazia è oggi in pericolo? Schiavazzi ha ricordato un’affermazione di Jorge Mario Bergoglio prima di diventare Papa: “Ci sarà un terremoto, e in questo terremoto la democrazia non sopravviverà senza la religione, né la laicità senza la Chiesa”. Un monito per certi versi paradossale che suona attuale di fronte alla crescita del potere anonimo delle grandi holding e delle multinazionali, che svuotano di senso le istituzioni democratiche. “Le sorti della politica non si giocano più nei parlamenti, ma nei luoghi di lavoro”, ha aggiunto Schiavazzi, riprendendo il pensiero di Francesco sulla centralità del lavoro come spazio in cui si costruisce il mondo e si gioca la dimensione umana del XXI secolo. La “Laudato si'” lo ribadisce: senza politica, ci saranno meno libertà e giustizia.
Nella “Fratelli tutti”, il Papa invita a una “democrazia ad alta intensità”, fondata su fraternità, uguaglianza e differenza. E la fraternità, secondo Francesco, può nascere solo dalla fede. “La Chiesa deve essere lavoratrice”, ha detto Bergoglio, ossia impegnarsi attivamente nella costruzione delle comunità. Per questo la Chiesa ha un interesse diretto nella salvaguardia della democrazia: senza una società basata sulla partecipazione e la giustizia, la sua stessa missione sarebbe compromessa. In chiusura, Schiavazzi ha lanciato una riflessione sul presente, citando l’attualità geopolitica: “Trump si gloria di cessare il fuoco, ma non fa la pace. C’è una differenza”. E ha concluso con un’immagine potente: “Oggi Francesco, nella sua malattia, fa corpo con il pianeta”. Un richiamo alla dimensione umana e spirituale della leadership del Pontefice, in un tempo di crisi in cui la democrazia sembra attraversare il suo autunno, ma non è priva di speranza.
Zamagni: le patologie della democrazia, “bisogna ripartire dalle istituzioni”

Il professor Stefano Zamagni ha offerto una riflessione ampia e profonda sul ruolo del pensiero cattolico nella società contemporanea. Il suo intervento si è articolato attorno a quattro questioni cruciali: la traduzione del messaggio cristiano in azione concreta, il contributo dei cattolici alla vita politica, le patologie della democrazia attuale e la necessità di istituzioni capaci di sostenere le pratiche del bene comune.
Zamagni ha sottolineato il dilemma fondamentale della Chiesa: essa non può ridurre il cristianesimo a un insieme di norme etiche, ma allo stesso tempo deve tradurre il messaggio evangelico in orientamenti concreti per la vita sociale e politica. Il cristianesimo, essendo una religione incarnata, si gioca nel tempo e nella storia: la salvezza si acquisisce qui e ora. Per questo motivo esiste la Dottrina Sociale della Chiesa, una tradizione che affonda le sue radici già negli scritti di Basilio di Cesarea e nella Lettera a Diogneto. Monsignor Toso, nel suo libro, ripropone questa visione in un contesto storico attuale.
Zamagni ha poi evidenziato la differenza tra “politica” e “partitica”. La prima, come ricordava Aristotele, è la ricerca del bene comune; la seconda è invece uno strumento per raggiungere fini politici. In quest’ottica, la politica rimane “la forma più alta della carità”, come affermava Paolo VI, e i cattolici non possono sottrarsi al loro impegno. Tuttavia, oggi il pensiero politico cattolico sembra essersi eclissato. Un tempo rispettato anche da chi non lo condivideva, oggi è frammentato e disperso, complice il bipolarismo che ha diviso i cattolici tra schieramenti opposti, impedendo loro di incidere efficacemente nella vita pubblica.

Il professore ha poi analizzato le ragioni della crisi della democrazia, individuando tre “patologie” principali. La prima è l’ipertrofia della finanza globale, con un mercato finanziario nove volte superiore all’economia reale. Questa “finanza speculativa” è diventata una “struttura di peccato” che impone ai governi linee d’azione, svuotando la democrazia del suo potere decisionale. La seconda patologia è la crescente concentrazione della ricchezza: mai come negli ultimi quarant’anni le disuguaglianze sociali sono aumentate, riducendo la partecipazione democratica. Infine, il terzo elemento di crisi è il disallineamento tra mercato e democrazia: mentre un tempo il mercato necessitava della democrazia per prosperare, oggi essa viene vista come un ostacolo all’efficienza economica. Questo ha dato origine a modelli di “capitalismo oligarchico” che mirano a ridurre il ruolo delle istituzioni democratiche.
Zamagni ha infine ripreso la distinzione del filosofo scozzese Alasdair MacIntyre tra pratiche e istituzioni. Le pratiche sono tutte quelle azioni che promuovono il bene comune, ma se non trovano un supporto istituzionale, rischiano di svanire. Un esempio è la medicina: senza ospedali e strutture adeguate, la pratica medica non può svilupparsi. Questo principio vale anche per la vita democratica: servono istituzioni capaci di sostenere l’impegno per il bene comune. Un modello storico in tal senso è quello dei monasteri benedettini, che non erano solo luoghi di preghiera, ma vere e proprie istituzioni di sostegno per coloro che sceglievano una vita dedicata alla comunità.
Monsignor Toso, con il suo libro, invita a un rinnovato impegno su questo fronte. Non basta avere buone intenzioni: servono strutture adeguate che possano dare continuità ai valori della Dottrina Sociale della Chiesa. In un’epoca in cui, come riconosce anche il filosofo Jürgen Habermas, “il cristianesimo è l’ultimo baluardo della libertà e della democrazia”, è più che mai necessario un “pensiero pensante” che sappia affrontare le sfide del presente con intelligenza e coraggio.
Toso: “Recuperiamo una politica che serva davvero il bene comune”

A conclusione della serata monsignor Toso ha offerto una riflessione profonda sulla crisi democratica e sul ruolo dei cattolici nella politica contemporanea. Il vescovo ha evidenziato come la democrazia stia attraversando una duplice crisi. Da un lato, quella istituzionale, aggravata da populismi, individualismi e un sistema partitico che limita la partecipazione. Dall’altro, una crisi etico-culturale che ne svuota l’anima, come già avvertiva Alexis de Tocqueville e come ha ribadito il Presidente Sergio Mattarella. La soluzione, secondo la Dottrina Sociale della Chiesa è ridare alla politica un fondamento etico. Toso ha ricordato il Magistero di Papa Francesco e dei suoi predecessori a tutela dello Stato di diritto, messo a rischio dalla proliferazione dei conflitti globali – ben 52 nel 2023. Ha ribadito l’impegno della Chiesa per un disarmo graduale delle armi nucleari, in linea con l’enciclica Pacem in Terris.
Un altro tema cruciale è l’impatto dell’intelligenza artificiale. Papa Francesco ha proposto la creazione di un’agenzia internazionale che ne regolamenti l’uso per evitare diseguaglianze e abusi. Inoltre, Toso ha denunciato il primato dell’economia sulla politica, sottolineando la necessità di una democrazia “ad alta intensità” che superi la logica di un capitalismo senza etica.
Monsignor Toso ha lanciato un appello ai cattolici affinché non si limitino alla partecipazione civile, ma si impegnino anche nella politica attiva. La Dottrina sociale, ha affermato, deve tradursi in una nuova evangelizzazione del sociale, capace di portare il messaggio di Cristo al cuore delle istituzioni. “Abbiamo bisogno – ha sottolineato Toso – di una Dottrina sociale che è espressione innanzitutto di un’esperienza credente, ricca di cultura teologica e umanista. In particolare, è bene non scordare che la Dottrina sociale è frutto dell’esperienza dell’evento che è Gesù Cristo, che si incarna e redime l’umanità nella sua integralità, mediante la sua morte e risurrezione. Se desideriamo entrare nel cuore del mondo e della stessa vita sociale e democratica per redimerli – e, quindi, umanizzarli –, con Cristo, è irrinunciabile entrare nel Cuore di Cristo, cuore del mondo e del creato”.
L’incontro si è concluso con i ringraziamenti a Stefano Zamagni e Piero Schiavazzi, relatori dell’evento, e con un’esortazione: “Recuperiamo una politica che serva davvero il bene comune, senza rinunciare alla nostra identità cristiana”.
Samuele Marchi