Una Cattedrale piena di persone ha partecipato, domenica scorsa, alla messa conclusiva della visita del vescovo, monsignor Mario Toso, all’Unità pastorale “Faenza centro”. Per l’occasione il vescovo ha conferito il sacramento della Confermazione a 32 giovani.
“La pienezza per l’uomo non è un individualismo isolato, ma l’essere relazione”

«Il racconto della Genesi che abbiamo ascoltato – ha esordito il vescovo nella sua omelia – ci rivela l’amore con cui Dio ha desiderato e ha creato l’uomo e la donna. Abbiamo ascoltato che la pienezza per l’uomo non è un individualismo isolato, l’essere solo, ma l’essere relazione che si apre all’altro, l’essere relazione capace di comporre un’unità di comunione con gli altri «io», come nel caso dell’unione sponsale tra l’uomo e la donna. La complementarità della differenza sessuale, dono di Dio, indica una relazione importante, fondamentale: i due, come poi ribadirà Gesù, “saranno un’unica carne”». Ma non c’è solo la relazione tra l’uomo e la donna. «La Scrittura – specifica il vescovo – ci fa anche capire che l’uomo è creato fin dall’origine come persona, costitutivamente in relazione con sé stesso, gli altri, il mondo e Dio. La persona si realizza nella giusta relazione con Dio, con gli altri, con l’ambiente. Questo dato originario è più forte di ogni legge e ideologia che vorrebbe identificare la specificità dell’uomo nella sua capacità di possedere e di dominare. Noi oggi constatiamo gli effetti di un antropocentrismo malato sia nella guerra di aggressione sia negli sconvolgimenti naturali delle alluvioni, causati da cattive relazioni dell’uomo sulla natura, quali la mancata prevenzione e l’assenza della messa in sicurezza dei nostri fiumi».
“Nelle comunità del centro si riconoscono i segni della presenza dello Spirito Santo”

Monsignor Toso è entrato poi nel dettaglio della propria visita alle parrocchie: «È con gioia e con speranza che guardando alle comunità del centro di Faenza si possono riconoscere i segni della presenza dello Spirito Santo, che non abbandona la sua Chiesa. Viviamo un certo spopolamento del centro storico, tuttavia in esso scorgiamo il gravitare di molte famiglie che sono a ridosso dello stesso centro, per cui le comunità parrocchiali dell’Unità pastorale non mancano di famiglie, di coppie di fidanzati, di ragazzi e di giovani, che gioiosamente la popolano. Ieri pomeriggio ho incontrato in santa Maria Vecchia i bambini e i ragazzi delle parrocchie dell’Unità ed erano oltre 150, quasi 200, senza contare che non erano tutti. Così sappiamo che gli scout che gravitano attorno a san Francesco sono 200. La sera precedente avevo incontrato le tre Caritas parrocchiali. Tali Caritas sono presidi dell’amore di Cristo nei confronti dei poveri, degli stranieri. La loro forza sta nell’essere espressioni delle comunità parrocchiali, nell’essere aperti a tutti e nell’essere in rete con la Caritas diocesana».
Guardando al futuro «Non possiamo ignorare la situazione culturale e sociale che ci aspetta nei prossimi anni, dove assisteremo, purtroppo, alla crescita di un analfabetismo religioso, a causa di una secolarizzazione spinta, di un calo drastico dei presbiteri, dell’abbandono delle proprie comunità. Occorre investire in percorsi vocazionali seri, costanti, e, aggiungerei, espliciti, ovvero che non abbiano paura di indicare la bellezza e l’importanza di seguire Cristo anche con scelte di particolare consacrazione».
«In definitiva – ha concluso -, dobbiamo fare nostro il comando di Gesù a Pietro: prendi il largo e getta le reti. Prendiamo il largo, senza paura, poiché nella barca della Chiesa, con noi, c’è il Signore. È Lui che ci chiama a non avere paura della sua parola di salvezza. Dobbiamo riscoprici tutti discepoli missionari, chiamati a rinnovare con creatività e fedeltà lo stile evangelizzatore delle nostre comunità e in ogni ambito in cui operiamo».














