Cosa accadrebbe se all’improvviso la Galassia aprisse un’ambasciata in terra? Quali effetti avrebbe su divisioni, guerre, campanilismi, piccoli e grandi problemi un’istituzione che sia davvero super partes? È quello che cercherà di indagare la mostra La casa della via Lattea che inaugurerà sabato 7 settembre alle 18 negli spazi espositivi di Santa Maria dell’Angelo a Faenza. Dopo il successo riscosso nei musei internazionali di Madrid, Beirut, New York, Atene, Giappone e paesi arabi, il duo artistico composto da Nadia Antonello e Paolo Ghezzi approda in città. La mostra, il cui allestimento è curato da Giovanni Gardini, direttore del Museo Diocesano, è capace di unire infinito, fragilità delle relazioni umane e capacità di sognare.
Ghezzi, “Un’opera politica, siamo tutti uniti sotto lo stesso cielo»
«È un progetto itinerante che abbiamo già proposto a Beirut, Santiago del Cile e Cordoba, in Argentina ma ogni volta è unico – spiegano Antonello e Ghezzi -. Questa è la prima volta che lo portiamo in Italia. È un’opera fortemente politica che ricorda quanto siamo tutti uniti sotto lo stesso cielo». La sensazione che si prova entrando è senza dubbio di ampio respiro. «Abbiamo rappresentato un ufficio con tanto di mobili e scartoffie per avere la cittadinanza della via lattea» spiega Ghezzi. I visitatori non troveranno ovviamente nessun funzionario, ma dovranno timbrare il proprio modulo divenendo parte attiva dell’installazione. Il vero protagonista della mostra sarà quindi il pubblico, che troverà anche l’ufficio dei desideri smarriti. Si tratta di uno spazio «che vuole essere leggero, ma anche un aiuto a riflettere – spiegano Antonello e Ghezzi -, perché abbiamo smesso di desiderare». Questa installazione è particolarmente suggestiva: 24 metri di filo che arrivano al soffitto direttamente collegati, tramite un software progettato ad hoc, al più grande telescopio italiano che si trova a Medicina. Sarà in grado di rilevare il passaggio delle stelle cadenti. «Il filo si accende ogni volta che passa un meteorite sui cieli del Mediterraneo. La luce rimane accesa per un numero di secondi che coincide con la grandezza della stella. Si può venire qui a esprimere i desideri senza aspettare la notte di San Lorenzo».
Un enorme cielo, formato da tessuti alluvionati, cuciti insieme da Farsi Prossimo
Sullo sfondo dell’opera «la più grande che abbiamo mai realizzato in dimensioni» un cielo della solidarietà. Si tratta di un collage di stoffe messe a disposizione dall’azienda “Diego arreda” di Barbiano. Sono tessuti alluvionati, recuperati grazie a Farsi Prossimo, che ha messo a disposizione le proprie sarte. «Grazie alla loro maestria è stato possibile realizzare un’opera così grande e carica di significato» raccontano gli artisti. Durante la mostra ci saranno laboratori aperti alla creazione di altri cieli stellati con tessuti alluvionati e, anzi, gli artisti lanciano un appello ai faentini. «Raccogliamo stoffe blu alluvionate per farne due pannelli da mettere all’ingresso della chiesa». Ci sono poi altri due cieli stellati retroilluminati su carta, che rappresentano quelli della Galilea e di Parigi nel giorno in cui è stata firmata la carta dei diritti dell’uomo. «Non ci si emozionerà per la maestria di un quadro – afferma il duo -, ma perché si diventa parte dell’installazione». Alla mostra si aggiunge anche un semaforo blu, recuperato dopo una grandinata e trasformato per l’occasione. Fa riferimento ad una favola di Gianni Rodari che racconta di un semaforo che improvvisamente proietta solo una luce blu, mandando in tilt il traffico, finchè non arriva il vigile che taglia la corrente. Peccato, perché quel semaforo avrebbe permesso a tutti di volare. «Il nostro obiettivo è quello di aiutare le persone ad alzare lo sguardo» precisano gli artisti. Per l’occasione il musicista palestinese Yousef Sakhnini ha composto brani ad hoc, che verranno eseguiti da Donato d’Antonio e dagli allievi della scuola di musica Sarti, anch’essa alluvionata. La mostra resterà aperta fino al 12 gennaio, ma Antonello e Ghezzi hanno già in mente un nuovo progetto: una porta che si apre solo se si sorride. «L’idea – concludono – è quella di collegare tante porte in giro per il mondo tramite un software ideato dagli studenti della Facoltà di Ingegneria di Bologna. Saranno collegate in modo che con un solo sorriso si apriranno tutte nelle stesso momento. Sarà un bel messaggio di speranza e di apertura. Cerchiamo di parlare a tutti e se più persone si sentono rappresentate o si emozionano, abbiamo raggiunto il nostro scopo».
Barbara Fichera