Pubblichiamo integralmente un’accorata testimonianza arrivata in redazione, a quindici mesi dalle alluvioni che hanno sconvolto la Romagna.
Gianluca Ierpi e Alessia Lazzerini sono residenti in via Fornace 5, a Riolo Terme.
“L’assenza di soluzioni da parte delle istituzioni e le poche informazioni che abbiamo, costringono a nutrire dubbi su una ricostruzione che in certe aree non potrà mai avvenire.
Gli anniversari e i proclami sulla presunta ricostruzione servono a poco se non si hanno risposte e se si continua a difendere certe scelte e a nascondere le ragioni del perché tutto questo è successo.
Considerare tutto colpa del destino cinico e baro vuol dire non guardare in faccia la realtà e chiudere gli occhi su come alcuni enti locali abbiano gestito il territorio nella “civile” Romagna.
Quattro le alluvioni che si sono susseguite in via Fornace a Riolo Terme, una nel 2014 e ben tre lo scorso anno
Dal 2008 abitiamo a Riolo Terme e abbiamo subito quattro alluvioni, una nel 2014 e tre nel 2023 (due a maggio e una a novembre).
In altre sei occasioni il torrente Senio non è entrato in casa per pochi centimetri. Dieci eventi alluvionali in quindici anni non possono essere un caso.
A maggio i problemi idrogeologici di questa zona sono emersi nella loro gravità, ma qui in via Fornace la situazione era critica già da anni.
La domanda sorge spontanea, perché qualcuno ha reso abitabile questa zona, nonostante un canale nel quale si riversa il torrente Senio in piena, un lago privato che ci sovrasta con il perenne rischio di esondazione e un’area, nella quale abitiamo, che è ormai da considerare una zona golenale e conosciuta da tutti i Riolesi come area paludosa?
In via Fornace, 5 il problema non è se e quando ricostruiremo ma quanto tempo passerà da novembre alla prossima alluvione. Detta fuori dai denti certe aree dovrebbero essere espropriate perché non saranno mai messe in sicurezza.
L’unico proprietario in certe zone è il fiume che reclama il suo territorio. Non è dignitoso far vivere dei cittadini, da anni, nel degrado e nella paura della pioggia
L’unico proprietario qui è il fiume che reclama il suo territorio. Bisognerebbe prendere decisioni fuori dagli schemi, innovative (penso per esempio alle Zones Noires istituite dal governo francese dopo la tempesta Xynthia del 2010) che mettano al primo posto la sicurezza dei cittadini e sviluppino mappe che ridisegnino la gestione del territorio martoriato da piani regolatori che se ne infischiano della sicurezza.
L’errore è stato permettere la civile abitazione in questa parte del paese. Non è dignitoso far vivere dei cittadini nel degrado e nella paura. In via Fornace, 5 ogni volta che piove due giorni di seguito passiamo le notti in bianco e ci prepariamo a portare via quello che possiamo ed è così da anni, non solo da maggio.
A dire il vero la stessa cosa ci succede anche adesso, pur con la casa disabitata e i muri marci e cadenti nonostante siamo tuttora sfollati, se le previsioni minacciano brutto tempo o viene diramata un’allerta, non riusciamo a dormire consci di quello che potrebbe comunque succedere a quello che rimane della nostra casa. Vi sembra dignitoso vivere in questo modo? Questa non è vita.
Quando piove dovremmo preoccuparci di aprire o meno l’ombrello e non pensare a quando verranno a prenderti i pompieri con il gommone
Quando piove, il nostro massimo problema dovrebbe essere se prendere o meno l’ombrello, non preoccuparsi se ti verranno a prendere i pompieri con il gommone.
Ricostruire dovrebbe essere la prima cosa, ma che senso ha ricostruire quando sai già che alla prossima allerta la tua casa sarà di nuovo allagata?
Nessuno sa dirci se la nostra zona sarà messa in sicurezza o considerata non più abitale. Non sappiamo se e quando potremmo tornare in quella casa
Come vi dicevo, siamo ancora sfollati e non sappiamo per quanto tempo lo saremo, ricostruire e tornare in quella casa non è pensabile. Ad oggi nessuno è in grado di dirci se la nostra area sarà messa in sicurezza o se questa parte del paese verrà considerata non più abitabile, cosa dovremmo fare? Con quale coraggio dovremmo ricostruire?
Chi dovrà prendersi la responsabilità di dirci che in quella zona ricostruiremo in sicurezza?
Ad oggi nessuno è in grado di darci questa sicurezza e questo è un problema insormontabile perchè non sempre e non in tutti i casi la ricostruzione è la via migliore. Siamo stati colpiti nel bene che più di ogni altro rappresenta la sicurezza, la tranquillità e l’intimità… la casa, oggi per noi questa parola è il simbolo della paura, del degrado e del nostro fallimento.
Questa casa ormai ci è ostile e, ogni volta che ci rechiamo in via Fornace, 5 per portare via l’intonaco marcio e asciugare l’acqua che continua a trasudare dai pavimenti (perchè, fra le altre cose esiste anche un problema di falda), non vediamo l’ora di fuggire per provare a vivere cinque minuti di normalità. Tutto quello che facciamo da quando ci alziamo la mattina a quando andiamo a letto la sera è la conseguenza delle alluvioni subite, non abbiamo più una vita nostra e questo ‘buco” nell’anima rimarrà per tutta la vita. Viviamo in una bolla e vediamo la vita scorrere fuori ma non è più la nostra.
Casa per noi non vuol dire tranquillità e intimità ma paura e degrado. Essere alluvionati è diventato lo status della nostra vita
Ormai essere alluvionati è diventato lo status della nostra vita. Addirittura, abbiamo perso il diritto ad avere un nome, quando qualcuno parla di noi viene usato l’appellativo…. “alluvionati”.
Abbiamo buttato via i risparmi di una vita, ricordi e salute. Fino a quando saremo legati a quella casa sappiamo che non potremo ricominciare una nuova vita. Per noi la soluzione non è ricostruire ma fuggire da una casa e da un paese che ci hanno rovinato la vita.
Spero che la Struttura Commissariale, la Regione, l’Autorità di Bacino, l’Agenzia per il Territorio o chi per loro, mettano in atto delle procedure o decidano che in certe aree non sia il caso di ricostruire e che i cittadini che hanno avuto la sventura di abitare in aree non abitabili perché da considerare alluvionali, vengano risarciti per i loro sacrifici e per gli errori commessi da altri.
Altri poteri dello Stato dovrebbero invece chiedersi il perchè siano stati concessi certi permessi e se in queste scelte sia stato messo al primo posto l’interesse comune o… l’ interesse particolare, in pratica, chi decide veramente i piani regolatori?
Dalla tragedia che è accaduta rendersi conto che in molte aree si è costruito con superficialità, mettendo a rischio l’incolumità dei cittadini
In conclusione, mi faccio solo alcune domande e vorrei che le stesse domande se le ponessero tutti gli enti e poteri preposti alla gestione del territorio: non sarebbe il caso di sfruttare questa tragedia, (perché con il passare del tempo tutto assume i contorni di una tragedia anche dal punto di vista psicologico), per capire e rendersi conto che in molte aree sono state date delle destinazioni ad uso abitativo in modo, diciamo…superficiale…? Che in molti casi è stata messa a rischio l’incolumità di ignari cittadini, senza contare il fatto che molti hanno buttato via sacrifici, ricordi, speranze e dignità?
Aggiungo, chi avrebbe dovuto controllare la gestione del territorio? Non sarebbe il caso di cominciare a mettere mano agli errori commessi sul territorio e sanare queste situazioni per evitare che qualcuno in futuro, quando accadrà di nuovo tutto questo, perché qui a Riolo Terme in via Fornace al n. 5 accadrà di nuovo, faccia la solita sceneggiata di cadere dal pero?
Gli enti locali che hanno dato i permessi in aree a rischio non hanno alcuna responsabilità sulle scelte fatte?
Domande al vento, a Riolo Terme in via Fornace 5 non esiste futuro, esiste disperazione, rassegnazione e degrado.
Gianluca Ierpi e Alessia Lazzerini
via Fornace 5