Lo chiamavano “sporco” perché la sua pelle era scura, dicevano che era poco intelligente perché non padroneggiava l’inglese. A causa della condizione precaria della famiglia Gibran non compì studi regolari, fu però istruito da alcuni preti sulla Bibbia, sulla lingua araba e siriaca e sull’aritmetica. Quando sua madre, insieme ai suoi quattro figli, si trasferì a Boston, negli Stati Uniti, il dolore lo travolse: perse una sorella e un fratellastro per la tubercolosi. Sua madre morirà di cancro. Scriverà: “Dalla sofferenza sono nate le anime più forti; le anime più belle sono quelle segnate dalle cicatrici”.
Era nato in povertà il 6 gennaio 1883 nell’attuale Libano. Credeva nell’amore, credeva nella pace e credeva nella comprensione. E che aiutare gli altri sia il fine più decisivo e bello di un essere umano. Kahlil Gibran è noto soprattutto per il libro “Il Profeta”, anche se nessuno all’inizio nessuno credeva che avrebbe potuto farcela. Il libro, pubblicato nel 1923, venderà decine di milioni di copie in tutto il mondo. Quel ragazzo che tutti disprezzavano e trattavano come sufficienza è il terzo poeta più letto di tutti i tempi, dopo Shakespeare e Laozi (filosofo e scrittore cinese antico del VI secolo a.C.).
Tradotto in 108 lingue, ancora oggi passi de “Il Profeta” vengono citati ai matrimoni, nei discorsi politici e ai funerali, avendo ispirato personaggi influenti come John F. Kennedy, Indira Gandhi, Elvis Presley, John Lennon e David Bowie, per citarne solo alcuni. A noi che stiamo chiudendo il cerchio della nostra vita, le sue parole sui figli sono di grande ispirazione.
Potete sforzarvi di essere simili a loro,
ma non cercare di renderli simili a voi.
Perché la vita non torna indietro e non si ferma a ieri.
Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, come frecce viventi, sono scoccati.
L’Arciere vede il bersaglio sul percorso dell’infinito, e con la Sua forza vi piega affinché le Sue frecce vadano veloci e lontane.
Lasciatevi piegare con gioia dalla mano dell’Arciere.
Poiché così come ama la freccia che scocca, così Egli ama anche l’arco che sta saldo.
Da: “I vostri figli”, di Kahlil Gibran
Tiziano Conti