Ottant’anni sono trascorsi dal terribile eccidio, che colpì le comunità di Crespino e Fantino: 44 furono le vittime, su un numero totale di meno di 300 abitanti, fra cui bambini, donne e anziani, che inermi furono trucidati per rappresaglia dalle truppe di occupazione naziste. Da allora niente sarà più uguale per gli abitanti di quelle valli, ma il dolore e l’odio non presero il sopravvento e fin dai primi anni, la celebrazione del ricordo diventò la forza trainante del borgo, che attorno alle sue vittime trovò identità e motivazione per pensare a un nuovo futuro.

Una sepoltura decorosa per le vittime

Già dall’anno 1945, uno dei primi impegni fu quello di pensare a una sepoltura decorosa per le vittime e venne costruita una cripta-ossario che poi verrà ampliata e completata negli anni. Anno dopo anno il testimone della memoria veniva trasmesso alle nuove generazioni ed è stato così fino a ora in cui viene celebrato l’ottantesimo anno dalla strage. Il Comitato, con don Bruno e coordinato da Irene Alpi, ha predisposto le giornate con momenti significativi.

Tre giornate per ricordare l’eccidio

Il primo appuntamento è stato il 14 luglio, alla chiesa Abbaziale, con un incontro dedicato all’onorevole Giuseppe Matulli, che ci ha lasciato alcuni mesi fa. Beppe era davvero un amico di Crespino e il Comune ha voluto dedicargli una targa a ricordo, posta all’inizio del ponte che porta all’Ossario, unendo simbolicamente «la memoria dei caduti alle ragioni profonde di una cittadinanza sempre vigile, attiva e responsabile, nel solco da lui segnato lungo decenni di appassionata dedizione alla cosa pubblica». Mercoledì 17, giorno in cui avvenne l’eccidio, davanti al Sacrario è stata celebrata la Messa; insieme a don Bruno hanno concelebrato don Francesco Cavina e don Massimo Monti. Don Francesco, nell’omelia ha ricordato il valore inderogabile della riconciliazione individuale e universale, cardine indispensabile a costruire un mondo più giusto e pacificato. Domenica 21 si sono concluse le celebrazioni. In mattinata le note della Banda locale, poi un corteo formato dalle rappresentanze delle regioni Toscana ed Emilia-Romagna, da vari Comuni insieme ai sindaci di Marradi e Palazzuolo con i loro gonfaloni uniti a quelli di molte associazioni, ha sfilato lungo il “cammino della memoria” dove nell’ultimo tratto era stato allestito un percorso fotografico a ricordare ogni vittima. Poco prima del ponte era stata allestita una mostra di alcuni ragazzi dell’Istituto comprensivo di Marradi, che con la loro creatività hanno rappresentato l’eccidio visto con gli occhi dei bambini. La presidente del Comitato Irene ha voluto ricordare questo viaggio lungo 80 anni con sentimenti di riconoscenza e affetto per tutti coloro che con sacrificio e impegno hanno reso viva ogni anno la memoria. Sono seguiti i saluti dei sindaci Tommaso Triberti e Marco Bottino, concordi nel dire di non dimenticare il passato e di non sottovalutare i pericoli che sempre più ci allontanano da un mondo pacificato.

Le parole di monsignor Mario Toso

vescovo

La mattinata è terminata con l’Eucarestia celebrata dal vescovo monsignor Mario Toso che durante l’omelia ha ribadito che Gesù è venuto per unire tutti i popoli, per diventare un unico popolo, quello di Dio: il compito di ognuno è essere capaci di fare comunità e di accogliere, non con pugni chiusi, ma con mani aperte capaci di ricevere e di donare. Ha terminato con un ringraziamento particolare a tutti gli educatori impegnati a formare donne e uomini nuovi. «Tra i numerosi esempi che potrei ricordare – ha detto il vescovo – cito la comunità-famiglia di Pieve Thò e il Centro per ospitalità, specialmente di gruppi scout, nella ex canonica di San Cassiano. Per educare i giovani alla pace, alcuni Cre estivi, come quello di Santa Maria Maddalena, ha portato i suoi giovani qui a Crespino per riflettere sul male delle guerre e degli eccidi. Come l’anno scorso ho ringraziato da questo luogo tutti coloro che hanno aiutato gli alluvionati dei nostri territori, desidero quest’anno esprimere viva riconoscenza agli educatori e agli uomini e donne di buona volontà, in particolare della valle del Lamone, per l’impegno di formare i giovani a diventare sempre più simili all’uomo Nuovo, che è Gesù Cristo. Oggi, più che mai, le nostre vallate e le nostre città hanno bisogno di “artigiani della pace”».

Fedora Anforti