Una tegola sulla transizione ecologica? Calcinacci, per essere più precisi e per stare in sintonia con la preoccupazione di Astra e Recter, aziende romagnole per Servizi integrati per l’ambiente, che sono a Rimini in questi giorni con un grande interrogativo.
Mentre infatti a Sharm El Sheikh è partita la convention occidentale sulle emissioni inquinanti (6-18 novembre), Rimini Fiera per quattro giorni ospita Ecomondo (8-11 novembre), ambito in cui si mira ad anticipare e presentare le necessità normative e le nuove opportunità, a livello nazionale e internazionale. Un occhio all’innovazione scientifica e alle possibilità di finanziamento, sul fronte della transizione ecologica. Evento che coinvolge: edilizia, packaging e plastica, elettronica, tessile, automotive. E ancora: bioeconomia circolare, agrifood, economia del mare, delle foreste e l’industria bio-based.

Astra e Recter presenti a Ecomondo 2022 a Rimini Fiera

Ma veniamo ai calcinacci di cui facevamo cenno. In particolare, è poi vero che i rifiuti da costruzione e demolizione non saranno più recuperabili? Qual è la preoccupazione espressa da Astra e da Recter? «Dal 2023 – dice Stefano Gabusi, direttore Astra Faenza, insieme a Boris Pesci presidente Recter, – anche i calcinacci finiranno in discarica, perché col nuovo decreto non saranno più recuperabili pertanto gli impianti che accolgono questo tipo di rifiuti rischieranno la saturazione con rischio di probabile chiusura». Il nuovo decreto ministeriale 152 del 27 settembre scorso, recante il Regolamento che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti da costruzione e demolizione (C&D), è stato approvato ed entrerà in vigore il 5 maggio 2023. Astra, Recter e le altre aziende del settore ambientale, spiega Boris Pesci di Recter ne hanno già segnalato i grossi limiti e, a Ecomondo, hanno intenzione di presentare le loro preoccupazioni e istanze al nuovo Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, senatore Gilberto Pichetto Fratin.

I limiti massimi di concentrazione imposti dal nuovo decreto del ministro uscente Roberto Cingolani, sono definiti perché considerano i materiali recuperati alla stregua di quelli che devono essere impiegati esclusivamente su suoli agricoli o destinati a verde pubblico. «Questo tipo di utilizzo oggi – sottolinea Gabusi – rappresenta solo il 5% del complessivo impiego dei materiali ottenuto dal recupero, a fronte di oltre il 90% di utilizzo in edilizia o nelle opere infrastrutturali (ad esempio per sottofondi stradali, rilevati, piazzali industriali, ripristini ambientali di siti industriali), che finora richiedevano requisiti meno restrittivi, comunque in linea con gli altri paesi europei. Se si vuole veramente andare verso una economia circolare servono norme che vadano in questa direzione, favorendo il recupero e il riutilizzo dei prodotti recuperabili evitando così l’introduzione di vincoli ancora più stringenti, poiché siamo già oggi in linea con le norme Europee e la tutela ambientale».

a cura di Giulio Donati