Prosegue il percorso che accompagna il Centenario dello scautismo a Faenza. Dopo avere riscoperto insieme storia e luoghi legati allo scoutismo faentino, avventurandoci per le vie della città in occasione del Thinking Day, noi scout non vogliamo però dimenticare che il nostro movimento è anche, e soprattutto, fatto di persone. Ed è per questo che, in occasione della ricorrenza del Centenario, abbiamo intervistato scout e guide del passato, alla ricerca di aneddoti, storie e ricordi, per scoprire come si svolgevano le attività prima ancora che l’Agesci venisse fondata, nel 1974, dall’unione delle pre-esistenti associazioni scout maschile (Asci) e femminile (Agi).

Alcuni testimoni ci hanno raccontato in che cosa consisteva il servizio che anche allora prestavano rover e scolte, come fu affrontata la grande bufera del ’68, com’era il rapporto con gli assistenti ecclesiastici, o dove si andava in route, rigorosamente separati i maschi dalle femmine. Da oggi, e nelle prossime settimane, pubblicheremo i preziosi ricordi che questi scout di lungo corso hanno generosamente voluto condividere con noi. E sabato 9 aprile, alle 17.30, inaugurerà la mostra dedicata al Centenario scout.

La testimonianza della route in Svizzera

E tu Kandersteg beata
che fra tanta confusione
di fregar gli americani
ci fornisti l’occasione…

Così recitava una delle tante strofe dell’inno del Clan “La piccozza” del gruppo Faenza 1 e che noi, giovani novizi appena passati dal reparto in clan, sentivamo cantare dai rover più anziani alla fine di una cena o durante le uscite. Le strofe erano state composte dai più anziani sulla base di esperienze vissute in prima persona. Fra tutte, quella che ci intrigava di più era proprio la strofa su Kandersteg, sarà per il nome un po’ esotico, sarà per la possibilità che si intravvedeva, in quelle poche righe, di fare mirabili scambi di fazzolettoni, cinture e copricapi con scout che lì convenivano da tutto il mondo.

E fu così che, nell’agosto del 1968, decidemmo di fare un campo mobile in Svizzera: e dove se non a Kandersteg?
Paesotto di circa mille abitanti nelle montagne dell’Oberland bernese, Kandersteg era, ed è tutt’ora, un centro internazionale di incontro tra scout, fondato dallo stesso Baden Powell. In un’area di circa 10 ettari, rover e scolte potevano piantare le loro tende e conoscere ragazzi e ragazze provenienti da tutto il pianeta, uniti dalla comune passione per lo scautismo.

E così anche noi ci immergemmo in quella realtà multietnica, oggi diremmo “globale”, al grido di: “Do you want to change ?”, mostrando la nostra mercanzia e proponendo scambi con tutti quelli che ci capitavano a tiro, dal ragazzino inglese spaurito che non aveva alcuna voglia di mollare il suo fazzolettone nuovo, all’americano più scafato che, una volta compreso cosa andavamo cercando, ci raggiungeva ogni volta con manciate di distintivi, cinturoni e fazzolettoni, e intavolava con noi trattative di scambio degne di un suk arabo.

E tutto questo in un’atmosfera di grande fraternità, non solo con altri ragazzi, ma anche con guide, cosa abbastanza nuova per noi misogini dell’Asci, che avevamo occasione di incontrare le scolte solo una volta all’anno, la notte di Natale per la Messa di tutte le unità. Da Kandersteg partimmo per il campo mobile nelle montagne del Bernese e al ritorno in treno, dopo sei giorni di isolamento dal mondo, il 21 agosto del’68 venivamo accolti in ogni stazione svizzera da giovani che gridavano: “Dubcek-Svoboda!”.
La Cecoslovacchia era stata invasa dai russi, ma qui comincia un’altra storia.

Franco Mura