Negli ultimi anni del pontificato di papa Francesco, lo scenario internazionale è stato caratterizzato da eventi che hanno posto in serie difficoltà la democrazia partecipativa e lo Stato sociale: la terza guerra mondiale a pezzi, il declino della globalizzazione liberista con il conseguente accumulo di sbilanciamenti finanziari e il sorgere del protezionismo, il capitalismo woke, l’indebolimento della multilateralità nei rapporti internazionali per privilegiare l’uso della forza da parte dei blocchi regionali, il forte ritardo nella riforma delle istituzioni internazionali – divenute in taluni casi vere e proprie strutture di peccato – a fronte della crisi del debito estero dei Paesi più poveri sulle cui spalle grava talvolta il peso del debito ecologico dei Paesi più sviluppati, l’indebolimento dell’Europa spesso dimentica delle proprie radici, la crescita dell’innovazione tecnologica rappresentata dall’IA con l’urgenza di una sua regolamentazione. L’orizzonte ideologico che guida la nuova rivoluzione nordamericana è quello di uno sviluppo incontenibile, in cui il successo costituisce l’unica misura, in cui si è insofferenti di ogni regolamentazione esigente o che non è proveniente dal proprio interno – è emerso chiaramente anche nel Summit AI Action di Parigi (10-11 febbraio 2025). Un tale summit aveva come obiettivo di sottoscrivere una dichiarazione congiunta tra gli Stati per garantire un’IA«sicura, efficiente e trasparente» per tutti. Ma gli Usa e il Regno Unito, con la scusa che non potevano accettare una regolamentazione troppo restrittiva, dannosa per la loro autonomia, non hanno firmato la dichiarazione, siglata, invece, da 60 Paesi. Il caso di Gaza e della Palestina sta mettendo in luce che l’ordinamento internazionale sta divenendo, di fronte ai più violenti, carta straccia. Si corre il rischio del tramonto della democrazia e dello Stato di diritto. Sono spalancate le porte a ogni autoritarismo. Se è sicuro che abbiamo perso la pace, occorre mobilitarsi a costruire un nuovo ordine mondiale.
I rischi democratici ed economici
Ci si ferma qui a considerare il fenomeno dell’innovazione tecnologica dell’IA, per non ampliare troppo lo scenario da analizzare. L’incremento dell’IA ha effetti sia positivi sia negativi. Come hanno rilevato alcuni studiosi, il progresso tecnologico può condurre a un reale benessere sociale e democratico solo a certe condizioni. Ossia a patto che le innovazioni incrementino, da un lato, la produttività del lavoro, creando mansioni complementari alle nuove tecnologie (evitando alti tassi di disoccupazione) e, dall’altro lato, esistano istituzioni, leggi e norme sociali che permettano ai lavoratori di appropriarsi di una parte non insignificante del valore aggiunto generato dalle nuove tecnologie. Come ha suggerito Alberto Berrini, bisogna che pensiamo il progresso tecnologico come a un fiume. Non ha alcun senso tentare di bloccarlo per mezzo di dighe: è necessario, piuttosto, indirizzarlo in rotte che favoriscano la collettività, la comunicazione, i vari soggetti sociali. Le innovazioni tecnologiche creano un potere monopolistico difficilmente arginabile dalla sola “mano invisibile” del mercato. Non bisogna dunque avere una fiducia cieca nel progresso tecnico. Su tale progresso, ossia sui proprietari intellettuali, sui gestori dei sistemi e delle forme di IA, sull’uso dei dati è necessaria una sorveglianza attenta e sapiente. Nella regolamentazione dell’uso dell’IA è anche decisivo il protagonismo dei parlamenti, dei governi – non a caso, il 17 settembre 2025, il Senato italiano ha approvato, in via definitiva, la legge quadro sull‘IA -, delle organizzazioni politiche e sociali, ma anche di quelle culturali, ai fini dell’orientamento dello sviluppo tecnologico in senso umanista. Il tema affrontato non concerne solo l’economia. L’impatto delle tecnologie digitali influisce parimenti sulla qualità della democrazia politica, che presuppone la democrazia sociale ed economica di un Paese. I notevoli progressi delle nuove tecnologie dell’informazione, specie nella sfera digitale, presentano entusiasmanti opportunità e gravi rischi. Basti pensare che i progressi esponenziali della ricerca scientifica sull’IA possono portare con sé, tra l’altro, una più grande ingiustizia fra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, fra ceti dominanti e oppressi. Analogamente, non si può ignorare che l’uso dei social che diffondono fake news ai fini elettorali può rappresentare l’esempio di un uso deleterio delle nuove tecnologie digitali.
La proposta di legge Cisl
È proprio in un contesto socioculturale simile a quello tratteggiato che è stata pensata e promossa dalla Cisl, con la sottoscrizione di oltre 400mila firme depositate presso la Corte di cassazione, la proposta di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese. Il testo della nuova legge è il seguente: «La presente legge disciplina la partecipazione gestionale, economica e finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori alla gestione, all’organizzazione, ai profitti e ai risultati nonché alla proprietà delle aziende e individua le modalità di promozione e incentivazione delle suddette forme di partecipazione, in attuazione dell’articolo 46 della Costituzione e nel rispetto dei principi e dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e internazionale, al fine di rafforzare la collaborazione tra i datori di lavoro e i lavoratori, di preservare e incrementare i livelli occupazionali e di valorizzare il lavoro sul piano economico e sociale. Introduce altresì norme finalizzate all’allargamento e al consolidamento di processi di democrazia economica e di sostenibilità delle imprese». A riguardo rimane per i sindacati e le varie agenzie educative e sociali, compresi gli Uffici di Pastorale sociale delle Diocesi, un notevole impegno nell’informazione, nella formazione dei quadri e nell’accompagnamento della partecipazione in un conteso in cui si è chiamati a valorizzare gli aspetti meravigliosi dell’intelligenza artificiale, che diventerà sempre più importante, senza però che le persone siano considerate degli algoritmi. Le persone non sono algoritmi. Perciò si ha il dovere di orientare la ricerca tecnico-scientifica e la sua applicazione al servizio dello sviluppo integrale dell’uomo e del bene comune.
Mario Toso, vescovo














