C’è una piccola lunga fila silenziosa, o quasi, che ogni mattina si mette in marcia, zaino in spalla e giubbino catarifrangente, per raggiungere la scuola a piedi. Non è traffico, né una manifestazione di protesta: è il Piedibus, il progetto di mobilità sostenibile che negli anni ha trasformato il tragitto casa-scuola in un momento di comunità, gioco e consapevolezza ambientale. Tutto iniziò nel 2010 con una linea pilota alla scuola elementare Don Milani, grazie all’impegno dei primi volontari del gruppo Scaramakai. Da lì, l’iniziativa ha contagiato quasi tutte le scuole della città, fino a raggiungere una copertura totale. Le ultime ad aderire sono state quelle del centro, dove la necessità era minore, ma l’entusiasmo ha fatto il resto. Oggi il Piedibus è attivo anche nei comuni limitrofi come Castel Bolognese e Solarolo, quest’ultimo entrato nella rete lo scorso anno.

Oltre 800 bambini iscritti e 170 volontari all’opera

In totale, sono 16 le linee attive, più quella della scuola Gulli, che opera in modo saltuario contando su numeri più bassi di bambini.
Oltre 800 bambini risultano iscritti, anche se la partecipazione quotidiana varia. Con oltre 170 volontari – circa uno ogni tre bambini – Faenza si distingue per una rete di solidarietà più forte che altrove. E non è solo un servizio: è un momento di aggregazione anche per chi lo offre, un modo per sentirsi parte di qualcosa di più grande. Nel tempo, il progetto ha integrato strumenti tecnologici per migliorare la gestione e il monitoraggio e la sicurezza. I sensori, per esempio, per la rilevazione delle presenze, inizialmente furono forniti dalla Fondazione Bruno Kessler di Trento, e dopo la scadenza del bando ora sono gestiti dall’associazione Tra le Nuvole di Ravenna, che sta adattando la propria app alle esigenze specifiche di Faenza. In alcune zone, come Reda, i sensori non sono utilizzati per via dell’età avanzata dei volontari, mentre in altre si stanno testando soluzioni più smart. Nonostante alcune difficoltà tecniche e i dati parziali dovuti all’alluvione e a questioni interne di rilevazione, come cambiare le pile ai sensori, si è dimostrato uno strumento molto utile soprattutto per vedere la crescita del fenomeno. Anche l’impegno del Comune resta forte. I giubbini e le palette per bambini e volontari sono forniti grazie a un fondo ministeriale, con l’intenzione di ampliare il materiale. Il Piedibus non è solo un modo per andare a scuola: è un’esperienza e per molti ormai uno stile di vita. I bambini vivono la città, si divertono, si aggregano e i genitori evitano tanti viaggi in auto, inquinando meno e non intasano il traffico mattutino. Alcune linee addirittura dispongono di carrelli per gli zaini, altre hanno accesso alle chiavi semaforiche per gestire meglio gli attraversamenti in sicurezza. In passato, la Fondazione Kessler aveva persino ideato giochi come Annibale il serpente sostenibile per rendere il percorso più coinvolgente, e ha curato anche la valutazione ambientale del progetto. A Faenza, il ritorno a casa non è ancora parte del programma, a differenza di Ravenna, ma l’idea resta sul tavolo. Dietro ogni linea c’è una rete di volontari che rende possibile tutto questo. Alcuni sono genitori, altri anziani, ma non solo. Il loro ruolo è fondamentale: senza la collaborazione dei volontari il Piedibus non potrebbe esistere. Il progetto è la dimostrazione che, quando la comunità cammina insieme, può davvero andare lontano.

Jacopo Cavina