Città della nostra provincia sempre più care, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione. Ad aumentare sono soprattutto i beni primari, come cibi e bevande, mentre abbigliamento e calzature risultano addirittura in flessione. Dall’analisi dell’Ufficio comunale studi e statistica emerge come nei primi otto mesi del 2025 a Ravenna il tasso di variazione dei prezzi al consumo registri un incremento medio dell’1,6%, in linea con la media nazionale, ma con picchi fino al 2%, come quello registrato ad aprile e dell’1,9% registrato in marzo. Se a maggio si è osservato un lieve rallentamento, a gennaio, febbraio e luglio il dato è risalito stabilmente all’1,7 per cento. Nel 2024, con l’eccezione dell’1,2 per cento di marzo, nei primi otto mesi la crescita non aveva mai superato la soglia dell’1 per cento. Dati preoccupanti per il sindaco Alessandro Barattoni, che ha riunito in Comune per la prima volta l’Osservatorio prezzi al consumo. Il gruppo si troverà ogni tre mesi per analizzare le tendenze e condividere strategie. Vede la partecipazione di associazioni di categoria, sindacati e Camera di Commercio.

Aumenti più sostenuti nei settori prodotti alimentari e bevande

Durante il primo incontro sono stati presentati dati aggiornati sull’inflazione. Particolarmente rilevante è l’impatto sul carrello della spesa Istat, che a Ravenna ha raggiunto a fine agosto un incremento del 4,6 per cento, ben più alto rispetto alla media nazionale (+3,4 per cento). Nel periodo considerato emerge in modo chiaro la costante incidenza dei Servizi, sempre compresa tra il +2 e il +3 per cento, che rappresentano una componente stabile e strutturale. Scendendo nel dettaglio, gli aumenti più sostenuti si evidenziano nei settori prodotti alimentari e bevande, che variano dal +5 per cento di giugno, al +4,5 per cento in agosto passando per il +5,7 per cento di luglio. Nei servizi ricettivi e di ristorazione si ha la crescita del 4,9 per cento a giugno, 5,9 per cento a luglio, e 3,7 per cento ad agosto. Dal Comune evidenziano il calo, invece, delle comunicazioni, con una flessione del 6,4 per cento a giugno e luglio e del 5,9 ad agosto. In flessione anche i trasporti, dallo 0,8 per cento a giugno allo 0,1 per cento di agosto, e abbigliamento e calzature dallo 0,4 per cento di giugno, allo 0,8 per cento di agosto. «L’inflazione agisce come un montante, per il quale non è solo l’aumento da un mese all’altro che incide – ha sottolineato il sindaco – ma soprattutto la somma di quanto accaduto negli ultimi anni. A livello di governo nazionale si continua a far finta di non vedere. Siamo qui per analizzare i cambiamenti dei consumi e delle abitudini dei cittadini e per avviare un confronto che, mi auguro, possa portare idee condivise per contrastare questo fenomeno».

L’economista Massimo D’Angelillo: “L’aumento medio dei prezzi del 4,5% ha un impatto soprattutto per i consumatori a basso reddito”

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Massimo D’Angelillo

Abbiamo chiesto all’economista Massimo D’Angelillo di aiutarci e leggere i dati sull’andamento dell‘inflazione a Ravenna. «Pur se attenuato rispetto all’anno precedente, rimane significativo per alcune categorie di prodotti, in particolare per i prodotti alimentari e le bevande, che rappresentano una voce di spesa molto importante per le famiglie», fa notare. «L’aumento medio dei prezzi del 4,5 per cento ha un impatto notevole soprattutto per i consumatori a basso reddito – aggiunge – che concentrano la maggior parte della loro spesa sui beni di prima necessità. L’attuale fase economica risulta molto più penalizzante per le fasce della popolazione con minore capacità di spesa». In generale, prosegue D’Angelillo, «nel periodo post-Covid e con l’inizio della guerra, tra il 2022 e il 2023, si è registrata un’impennata dei prezzi dell’energia, seguita da un calo nel 2024 e una ripresa nel 2025. La ripartenza economica è ostacolata dal clima di incertezza generale. Considerando l’inflazione complessiva dal 2022 in poi, si stima che i prezzi siano aumentati di circa il 10 per cento. Le lamentele di chi denuncia la stagnazione dei salari sono giustificate: un salario che prima valeva 1.500 euro, oggi ne vale 1.350 in termini di potere d’acquisto. Il valore degli stipendi è diminuito di anno in anno, riducendo la capacità di spesa dei cittadini». Meritorio, quindi, è, secondo l’economista, l’impegno del Comune di Ravenna «nel condurre analisi economiche approfondite. È positivo che collabori con l’Istat attraverso una commissione creata per l’elaborazione dei dati». Ma qui emerge subito la prima criticità: «I dati rilevati dall’Istat non includono le multe. L’impressione è che vi sia un aumento delle sanzioni, forse per esigenze di cassa. Questa è una voce di spesa non rilevata che incide sulle famiglie. Sebbene il Comune sia tenuto ad applicare la legge, la sua politica in questo ambito sembra essere diventata più aggressiva». Inoltre, il Comune ha la possibilità di regolare i prezzi di diversi servizi comunali (asili nido, impianti sportivi, parcheggi) e, in questo senso, è protagonista dell’inflazione locale, ragiona l’economista, anche se «il suo margine di manovra nel controllo dei prezzi è limitato, perché dipendono anche dai costi generali». Bene, secondo D’Angelillo, «la scelta di incentivare i mercati dei produttori, come quelli in piazza San Francesco e viale Farini, una politica che aiuta la categoria degli agricoltori». Ma l’aumento dei prezzi alimentari persiste nonostante l’incremento del numero di supermercati, che, in teoria, dovrebbero avere un effetto calmierante sui prezzi. C’è infine da considerare che i prezzi a Ravenna risentono del suo essere una città turistica: «A Marina di Ravenna, si percepisce l’impatto dei costi elevati dei parcheggi e delle modifiche alla viabilità. Andare in spiaggia implica pagare il parcheggio, un problema molto sentito in una città dove il mare non si trova nel centro urbano».

Filomena Armentano