«In estate ha sempre fatto caldo». È un commento che circola spesso sui social in questi giorni di afa e temperature record. Ma il caldo di oggi ha caratteristiche molto diverse rispetto al passato, legate soprattutto al cambiamento climatico. Ce lo spiega il presidente Ampro Pierluigi Randi, mentre lo storico faentino Mario Gurioli racconta come si affrontava la calura un secolo fa nelle nostre campagne.
Randi: ondate lunghe e estese
«Giugno 2025 è una copia del giugno 2003– spiega Pierluigi Randi, presidente Ampro recentemente rieletto – i due più caldi dell’ultimo secolo. Con una differenza: un caldo più afoso nel giugno 2025, un poco più torrido nel giugno 2003. Sono record recenti: è dal 2000 in poi che si sono concentrati i mesi di giugno più caldi. Se eventi del genere si fossero verificati 30 o 40 anni fa, non avremmo avuto queste temperature. Le ondate di caldo c’erano anche allora, ma erano meno intense e più brevi». Anche secondo i dati dell’Osservatorio Torricelli cinquant’anni fa le ondate di caldo africano, non solo erano più rare e brevi, ma si concentravano principalmente tra fine luglio e i primi 10 giorni di agosto. «Le automobili – precisano dall’Osservatorio – non avevano il condizionatore interno e con 33°/34°C di punta massima annuale, per pochi giorni, e nottate con temperature tra 14°e 17°C in città ,si riusciva a reggere bene un viaggio» Tutta un’altra storia, insomma, rispetto all’anticiclone Pluto che non ha ancora mollato la penisola.
L’Osservatorio Torricelli: la probabilità di un giugno rovente è aumentata del 50% negli ultimi 13 anni
Ma non basta. Sempre secondo l’Osservatorio Torricelli la temperatura media mensile storica di giugno a Faenza centro è di +22,2°C. “I mesi di Giugno più freddi – precisano – risalgono al 1968 e al 1995. Considerando invece i mesi di giugno con anomalia termica di almeno +1,5°C, (ovvero +23,7°C di temperatura media mensile ) nel periodo 1946-2001 se ne registra uno solo, nel 1950 con +23,9°C”. Le cose cambiano, e di parecchio dal 2002 in poi. Da quel momento le temperature medie mensili uguali o superiori a +23,7°C, sempre secondo l’Osservatorio Torricelli sono stati ben nove, “di cui 6 con temperatura media mensile oltre i +25°/+26°C ovvero il 2003,2012,2017,2019, 2022 E 2025”. Insomma, facendo una botta di conti, negli ultimi 22 anni i mesi di giungo bollenti sono aumentati da 1 in 56 anni a 9 in 23 anni, di cui 7 negli ultimi 13 anni. “Le probabilità di vivere un giugno molto caldo o rovente – spiegano all’osservatorio – sono passate dal 2% del periodo 1946-2001,al 20% del periodo 2001-2011 e addirittura al 50% del periodo 2012-2025. Un aumento esponenziale che evidenzia in maniera palese che nella stagione estiva o tardo-primaverile il trend al forte riscaldamento è diventato costante e sempre più intenso”. I fatti sembrerebbero dunque smentire le voci di chi afferma che è sempre stato così.
Sarà un’estate calda
Se queste sono le premesse, chissà cosa ci attende a luglio e agosto. «I modelli stagionali – precisa il presidente Ampro – indicano una probabilità del 50% che l’estate sia più calda del normale, ma non estrema come il 2003, il 2022 o il 2023. È possibile che, come nel 2017, non si abbiano medie da record assoluto ma si tocchino picchi molto elevati, intorno ai 37°-38° C anche per più giorni. Ho qualche dubbio: potrebbe andare anche peggio». Eppure c’è chi sostiene che in estate ha sempre fatto caldo. «Le ondate di calore attuali sono molto diverse da quelle del passato – continua Randi – che erano brevi e su un territorio circoscritto. Ora sono più lunghe, estese, intense e frequenti, fattori che indicano che il cambiamento climatico è in atto. Non genera eventi estremi dal nulla: è però un amplificatore e moltiplicatore. Oggi possiamo arrivare ad avere anche quattro o cinque ondate in un’estate, come avvenuto lo scorso anno. L’estate 2023 è stata la più calda dopo il 2003, evento considerato eccezionale e con tempi di ritorno secolari. E invece lo stiamo già ripetendo». Un dato interessante riguarda il numero delle notti chiamate dagli esperti “tropicali”, cioè con temperature superiori a 20°C. Al momento in cui scriviamo, secondo i dati dell’Osservatorio Torricelli, solo a Faenza «il numero è pari a 14. Il record di notti tropicali in giugno degli ultimi 80 anni appartiene al 2003 con 15 notti».
Il Mediterraneo “bollente”
Nel frattempo il Mediterraneo bolle. «Non riesce più a dissipare il calore accumulato durante l’estate e mantiene temperature superficiali molto elevate, anche in inverno. Nell’Adriatico – sottolinea Randi – ci sono anomalie di +2 °C e nel Mediterraneo occidentale anche di +5 o +6 °C. Questo comporta un rischio maggiore di temporali violenti e precipitazioni estreme, come abbiamo visto lo scorso autunno. È una spada di Damocle: un mare così caldo altera l’ecosistema, favorisce la proliferazione di specie tropicali, può portare nuovi virus e squilibri sanitari». Ma da quanto le estati sono così terribili? «L’ultima estate “normale” fu nel 2014: instabile e non calda. Sono passati undici anni. Persino il maggio scorso, che molti hanno percepito come freddo, era perfettamente in media con i mesi di maggio di una volta. Ci stiamo abituando a un clima più caldo e abbiamo perso la cognizione del clima del passato». E poi c’è il problema dell’umidità. Non conta solo la temperatura dell’aria. «L’indice di calore, o Heat Index – spiega il presidente Ampro – tiene conto dell’umidità relativa ed è fondamentale perché dà una misura del disagio fisiologico percepito. Oltre i 36-37 °C di Heat Index possono comparire i primi malesseri, e il colpo di calore diventa un rischio reale. In Pianura Padana il problema è serio: l’umidità è spesso elevata e l’afa rende il caldo insopportabile per giorni interi».
Gurioli: ecco com’erano le estati faentine di un tempo
Accanto alla lettura scientifica, arriva la memoria viva di Mario Gurioli, esperto conoscitore della storia locale. Gurioli ricorda che «il caldo si è sempre manifestato nelle varie epoche, ma era differente da quello di oggi. Un tempo bastava l’ombra per sopravvivere bene: adesso anche all’ombra o dentro casa si soffoca, è un caldo diverso, dovuto probabilmente ai cambiamenti climatici causati dall’inquinamento e dalle sostanze finite nell’atmosfera». C’è da dire che le condizioni di vita erano più dure di oggi. «Specie nei campi, non c’erano macchinari come adesso. Ricordo, nel ’68, l’anno del mio esame di maturità, che per studiare mi chiudevo in cantina: aveva il fondo sterrato ed era il posto più fresco della casa». Gurioli ricorda anche che, a differenza di oggi, «la notte si dormiva sempre bene. Quando facevo la campagna di trebbiatura nel ’66-’67, si lavorava duro sotto il sole, ma la calura era più sopportabile». Di contro, la vita era più spartana. «Quando si sudava non si faceva la doccia ogni volta: la sera si usava la mastella d’acqua scaldata dal sole per sciacquarsi». I nostri nonni qualche escamotage lo usavano. «Durante il giorno – ricorda Gurioli – l’unico modo per resistere era bere molto. Anche nei campi passava sempre qualcuno con l’acqua rigorosamente ogni mezz’ora. Una curiosità: d’estate si mangiavano minestre in brodo perché si era capito che aiutavano a sopravvivere meglio al caldo». C’è da dire che erano tempi duri. «La gente aveva una resilienza molto più forte rispetto a oggi. Era così per il caldo, come per il freddo dell’inverno. Lo si combatteva resistendo». Ci sono stati però anche episodi eccezionali. «A inizio Novecento – ricorda – ci fu un’ondata di calore talmente violenta che il sindaco di Faenza dovette emettere un’ordinanza per sospendere la mietitura del grano. Il caldo era così incredibile che la gente moriva nei campi per insolazione. Ci furono diversi morti e ricoveri ospedalieri, e si poté riprendere la mietitura solo dopo il calo delle temperature».
Barbara Fichera