Ieri come oggi il mondo insegue un’idea di quotidianità senza Dio che sembra gradita ai più. Eppure c’è ancora qualcuno disposto a fare un cammino diverso. Disposto a cercare Dio ogni giorno. Domenica scorsa nella chiesa di San Marco a Faenza si è ricordato l’anniversario della morte di padre Daniele Badiali (18 marzo 1997, in Perù), oggi riconosciuto Servo di Dio. Chiesa piena, presente anche mamma Giuseppina, con diversi sacerdoti giunti dalla missione, fra cui padre Daniele Varoli e padre Lele.

Prima delle celebrazione, un momento animato da un gruppo di ragazzi dell’Omg

Vivere senza Dio è una realtà che non porta felicità, anzi, i drammi della povertà si riscontrano ovunque attraverso soprusi e guerre disseminate nel mondo (lo stesso papa Francesco chiede da tempo la fine di quella che da lui è definita «guerra mondiale a pezzi»), con i loro tragici effetti sulla vita delle persone. Proprio prendendo spunto dalla vita di Daniele, un gruppo di ragazzi ha cercato di rinnovare la denuncia di un mondo che insiste nel voler fare a meno di Dio. Un mondo rispetto al quale Daniele espresse la sua scelta di vita abbracciando il cammino dell’Operazione Mato Grosso. Una scelta per i poveri, avendo cura di condividere con altri la fatica del lavoro, con priorità ai fatti rispetto alle parole, mettendosi in gioco in prima persona, senza temere i sacrifici.

A fianco ai poveri

padre daniele badiali

E padre Daniele rispose sì anche alla chiamata sacerdotale, sull’esempio di padre Ugo de Censi e padre Giorgio Nonni. Da costoro si fece accompagnare, e si fece egli stesso accompagnatore di tanti ragazzi desiderosi di un mondo capace di riconoscere e ringraziare Dio Padre. Un mondo da colorare con il contributo di ciascuno. E la rappresentazione dei ragazzi prima della celebrazione di domenica scorsa si è chiusa con un gran pannello dipinto a pennellate vivaci. Su quei colori, sono state messe in risalto le parole di padre Daniele pronunciate la sera in cui venne sequestrato: «Vado io». Parole e colori ripresi da padre Lele nella sua omelia, accanto a brani di lettere, per risaltare l’attualità di Daniele. «Persona cara», pronta a colorare il mondo, pronta a correre per Dio sui percorsi della vita. A vivere la carità camminando con i poveri. Così in Valtellina come in Perù sono sorti percorsi che portano il nome di Daniele. E chissà che, come auspicato da padre Lele, non ne sorga uno anche dalle nostre parti, magari dalle parti di Trebbana e Gamogna.

Giulio Donati