Venerdì 25 ottobre presso la Fiera di Cesena la FAI CISL nazionale, insieme alla FAI CISL Romagna ha presentato il primo rapporto sui lavoratori immigrati impegnati nel settore agroalimentare.
Questo studio mira ad offrire una panoramica del contributo dei lavoratori stranieri nel settore agroalimentare romagnolo.
Ad aprire l’evento è stato Roberto Cangini, segretario generale Fai Cisl Romagna, seguito dai saluti istituzionali di S.E.R. Mons. Douglas Regattieri, vescovo di Cesena-Sarsina, del sindaco di Cesena Enzo Lattuca, e di Francesco Marinelli, segretario Generale Cisl Romagna.
La presentazione del rapporto è stata curata da Davide Carnevale, ricercatore dell’Università di Ferrara, che ha illustrato i principali risultati della ricerca, sottolineando il ruolo fondamentale dei lavoratori immigrati nel settore agricolo romagnolo.
È seguita una tavola rotonda in cui si sono confrontati i maggiori esponenti del mondo agricolo e cooperativo locale: Katia Gulino (presidente Confcooperative Romagna), Federico Morgagni (presidente Legacoop Romagna), Luca Gasparini (direttore Confagricoltura Forlì Cesena, Rimini), Alessandro Corsini (direttore Coldiretti Forlì-Cesena, Rimini), Alessia Buccheri (direttrice CIA Romagna) e Daniele Saporetti (aegretario Generale Fai Cisl Emilia Romagna).
Le conclusioni sono state affidate a Onofrio Rota, segretario Generale Fai Cisl nazionale, che ha offerto una visione complessiva delle sfide e delle opportunità legate alla presenza dei lavoratori immigrati nel sistema agroalimentare italiano.
“Il sistema agroalimentare romagnolo è composto da un forte sistema cooperativo e piccoli produttori – afferma il segretario generale della FAI CISL Romagna Roberto Cangini –. I lavoratori stranieri hanno un ruolo centrale nell’economia romagnola anche nella produzione di prodotti di qualità riconosciuti nel mondo come made in Italy.
I comuni della Valle del Bidente, ad esempio, visto lo sviluppo del sistema avicolo intensivo, hanno percentuali di lavoratori stranieri residenti altissime, tanto che si collocano tra i primi dieci comuni d’Italia per valori percentuali”.
La sfida quindi per il “modello Romagna“, è quella di integrare i lavoratori stranieri in modo pieno ed equo, riconoscendo il loro valore e lavorare per garantire condizioni di lavoro dignitose e un’integrazione piena nella nostra comunità – conclude Cangini -.
Il futuro dell’agroalimentare romagnolo dipenderà anche dalla capacità di affrontare queste sfide e di costruire un modello di sviluppo più inclusivo e sostenibile investendo in servizi di trasporto e politiche abitative che favoriscano l’accesso ad alloggi a costi accessibili per tutti”.
Lavoratori stranieri e agroalimentare in Romagna: una ricerca approfondisce il loro ruolo nel settore, ormai strutturale e indispensabile
La ricerca condotta da Davide Carnevale offre un’analisi dettagliata della condizione dei lavoratori stranieri nel settore agroalimentare romagnolo, evidenziando il loro ruolo strutturale e indispensabile.
Attraverso interviste a imprenditori, sindacalisti, operatori sociali e migranti, e un approfondimento etnografico in Val Bidente, lo studio delinea un quadro complesso e sfaccettato. Il cosiddetto “modello Romagna” si basa su sistemi cooperativi di grandi dimensioni, dove i lavoratori stranieri ricoprono un ruolo essenziale per il funzionamento delle filiere produttive.
Tuttavia, la ricerca mette in luce anche la presenza di fenomeni di sfruttamento e lavoro nero, soprattutto nelle piccole aziende, ma non esclusivamente. In alcuni contesti, anche le grandi aziende presentano sfide significative per il riconoscimento e la tutela dei diritti di questi lavoratori.
Uno degli aspetti chiave emersi riguarda l’importanza della rappresentanza sindacale, una forma fondamentale di riconoscimento sociale. I sindacati si mostrano come degli attori importanti nel sostenere i lavoratori stranieri e nel tutelare i loro diritti sul luogo di lavoro, ma anche la loro presenza nella società, spesso invisibilizzata in altre dimensioni della vita collettiva.
Il rapporto sull’immigrazione per il 2022, sottolinea il ruolo cruciale dei lavoratori stranieri, sia comunitari che extracomunitari, nel settore agricolo romagnolo.
Le province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini emergono come territori in cui la manodopera migrante è diventata una componente essenziale per il buon funzionamento delle filiere agroalimentari.
Nella provincia di Forlì-Cesena, sono stati impiegati complessivamente 20.575 lavoratori agricoli. Di questi, 13.694 provengono da Paesi comunitari e 6.881 da Paesi extracomunitari, con una distribuzione abbastanza equilibrata tra lavoratori maschi (10.526) e femmine (10.049).A Ravenna, il totale dei lavoratori agricoli ammonta a 18.175. Anche qui i numeri sottolineano una forte presenza comunitaria con 11.960 lavoratori, a cui si affiancano 6.215 lavoratori extracomunitari.
L’occupazione risulta prevalentemente maschile, con 11.314 lavoratori uomini, ma anche le donne svolgono un ruolo importante con 6.861 lavoratrici impiegate.
Rimini, pur presentando cifre inferiori rispetto alle altre due province, mostra comunque un rilevante impiego di manodopera straniera: 2.542 lavoratori in totale, di cui 1.394 comunitari e 1.148 extracomunitari. Anche qui la maggior parte della forza lavoro è costituita da uomini (1.656), mentre le donne rappresentano una quota significativa con 886 lavoratrici.
Su scala regionale, l’Emilia-Romagna conta complessivamente 97.972 operai agricoli, con una forte presenza di lavoratori comunitari (65.040) e una sostanziale partecipazione di lavoratori extracomunitari (32.932).
In termini di genere, i lavoratori maschi rappresentano la maggioranza con 61.307 unità, ma le lavoratrici femmine raggiungono comunque una cifra considerevole, pari a 36.665.
Douglas Regattieri (vescovo Cesena-Sarsina): “Accoglienza e rispetto della dignità e dei diritti devono guidare l’azione di istituzioni, imprenditori e parti sociali”
Accoglienza, integrazione, rispetto della dignità e dei diritti di tutte le persone, soprattutto lavoratori e lavoratrici svantaggiati devono guidare l’agire di tutti, istituzioni, parti sociali, mondo dell’impresa e associazionismo, sono le parole del vescovo di Cesena-Sarsina Mons. Douglas Regattieri.
Il sindaco Enzo Lattuca, nel suo intervento ha sottolineato l’importanza del focus realizzato nel territorio romagnolo, ricordando come la Romagna ospiti ogni anno Macfrut, fiera del settore ortofrutticolo, ormai punto di riferimento internazionale per il comparto, e di come sia essenziale l’apporto dei lavoratori immigrati in queste produzioni.
“Dobbiamo saper rispondere in modo strutturato, etico e di prospettiva alle sfide che ci attendono nello sviluppo del comparto agroalimentare, dove da una parte c’è un reale fabbisogno di manodopera, e qui l’apporto dei lavoratori immigrati è indiscutibile, dall’altra la necessità di saper governare l’ingresso di queste persone nel nostro Paese, garantendo rispetto, qualità del lavoro e reale integrazione” ha ribadito nel suo intervento il segretario Generale della Cisl Romagna Francesco Marinelli.
“In una regione che vanta 44 DOP e in un territorio, quello romagnolo, dove la presenza di lavoratori immigrati in agricoltura sfiora il 50%, garantire qualità del lavoro e vita dignitosa è imprescindibile.
Abbiamo aperto un dialogo positivo con i ministri del Lavoro e dell’Agricoltura – ha sottolineato Onofrio Rota, segretario Generale Fai Cisl nazionale nelle sue conclusioni – Sia nel Decreto Agricoltura che in quello sul lavoratori stranieri, sono state recepite molte proposte del sindacato, che andranno monitorate attentamente.
Ora è necessario dare un’accelerata a questo percorso, per costruire un’immigrazione regolare, che favorisca la qualificazione delle competenze e risponda alle esigenze del mercato del lavoro, nel rispetto dei diritti umani”.