Un museo che nasce dal cuore. Dove ogni opera ceramica esposta pulsa di genialità e trasmette allo spettatore con colori vivi e cangianti l’amore per l’arte che non ha confini nel tempo. Il 5 ottobre scorso a Faenza è stato inaugurato il museo Goffredo Gaeta, dedicato al noto artista faentino che ha lavorato in tutta la Romagna, morto nel 2022. Il museo è stato allestito nel piano più alto del laboratorio dell’artista, alla Cartiera (via Firenze, 445). L’edificio, ex centrale idroelettrica, si presta alla perfezione: raro esempio di archeologia industriale che ancora oggi conserva il suo fascino originario. Il museo offre un percorso storico e tematico della sua ricerca artistica a trecentosessanta gradi. Nato a Faenza nel 1937, scultore e ceramista fra i maggiori protagonisti nel panorama contemporaneo, Goffredo Gaeta si è distinto cimentandosi con i materiali più diversi. Nel corso della sua straordinaria attività iniziata a metà degli anni Cinquanta, oltre alla ceramica, il maestro Gaeta ha realizzato interi apparati decorativi, cicli di grandi vetrate istoriate e di arte sacra, opere in marmo, strutture in acciaio, creazioni in vetro, fusioni in bronzo e in metalli preziosi. Una ricchezza che non è andata dispersa, ma trova ora qui un punto nel quale tenere viva la memoria dell’artista, in tutta la sua versatilità e bellezza.

Il ricordo

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Un’arte che non è rimasta chiusa in se stessa, ma è arrivata al cuore di molti, in tutta la sua autenticità. Ed è stato l’amore per l’arte, trasmesso alle figlie Flavia e Claudia, che ha fatto sì che nei due anni successivi alla sua morte venisse ideato e progettato ex novo questo spazio. Con la stessa passione e cura con la quale il padre dava vita alle proprie opere, Flavia e Claudia hanno realizzato il museo con meticolosa attenzione e con l’aiuto di diversi professionisti. Tra gli altri, l’architetto Elena Querzola ha allestito gli spazi, Emanuele Gaudenzi ha ideato il percorso storico e redatto i testi espositivi, Anita Vignoli ha restaurato tutti i pezzi presenti nel museo. Un lavoro di squadra per rendere al meglio la forma e il pensiero del maestro Gaeta. Un ambiente che non sarà statico, ma polivalente: il Museo sarà in costante dialogo con la contemporaneità offrendo occasioni di incontri e di conferenze. «Nostro padre era un grande – così lo hanno ricordato le figlie all’inaugurazione -. Realizzava i suoi sogni e aiutava gli altri a realizzare i propri. Era curioso, non aveva paura di niente. Conosceva tantissime persone, e un mondo senza di lui non riuscivamo proprio a immaginarlo. Questo è un museo che nasce così, dal cuore». All’inaugurazione ha partecipato anche il sindaco di Faenza, Massimo Isola. «Parlare del maestro Gaeta – ha detto – significa parlare di un pezzo di noi, della nostra storia. Il suo dono e il suo talento li ha condivisi con gli altri, con la propria comunità».
Isola ha sottolineato come Gaeta abbia saputo «creare un proprio stile originale, coniugando il proprio talento al saper fare artigiano. Ha fatto parte di quella generazione di artisti che era realmente libera di creare nel proprio laboratorio: artisti che sapevano fare tutto e non dipendevano da altri artigiani nel processo creativo». Infine ha evidenziato l’importanza, a Faenza, di tenere viva la memoria degli artisti, cosa non facile. «In tante altre realtà della ceramica non è così – ha detto il sindaco -. È difficile occuparsi della memoria. Serve lentezza, cura, visione. Il maestro già pensava al dopo di lui. E ha trasmesso alle figlie questo grande dono, essere tassello di una storia».

Una sezione di arte sacra

Nel museo trova spazio una sezione dedicata all’arte sacra. Gaeta era noto in questo ambito. Numerose le sue opere presentate a papa Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI. O con le quali ha arricchito diverse chiese. Citiamo il duomo di Ascoli Piceno, la chiesa di Santa Maria Madre della Chiesa, a Rimini. Le vetrate di Santa Maria della Speranza, a Cesena; vetrate e dipinto su muro a San Lorenzo in Cesarea, a Ravenna. Da ultimo, ma solo in ordine di tempo, quella dei santi Pietro e Girolamo, a Rastignano, periferia di Bologna.

Samuele Marchi