Il 21 gennaio scorso, alla parrocchia di Errano, si è svolta l’assemblea per il rinnovo del Consiglio diocesano dell’Azione Cattolica. Al termine delle votazioni sono stati eletti per il Settore Acr: Davide Cenni, Noemi Dapporto, Cristina Frattini, Michele Oriani, Sofia Piselli, Francesca Zinzani; per il Settore Giovani: Chiara Calderoni, Micol Dalmonte, Davide Dapporto, Louise Nicolini, Anna Taroni, Irene Zanotti; per il Settore Adulti: Federica Bianchedi, Chiara Bolognesi, Maria Elena Cembali, Pier Luigi Guerrini, Mauro Lama, Michele Zama.

Nel corso dell’assemblea un grande ringraziamento è andato al presidente uscente, Pier Luigi Zanotti, e a tutto il consiglio che ha operato in questi ultimi quattro anni di mandato. Il nuovo presidente sarà nominato nelle prossime settimane dal vescovo monsignor Mario Toso sulla base di tre nomi indicati dal nuovo consiglio.

zanotti saluti

Nel corso della giornata, si è celebrata la messa presieduta da don Davide Ferrini e si è ascoltata la testimonianza dei responsabili uscenti dei vari settori relativi a questi quattro anni complessi, scanditi da pandemia e alluvione, ma anche ricchi di opportunità, occasioni di crescita e incontro con il Signore. All’assemblea ha partecipato anche il delegato nazionale Stefano Antonini (Rimini). Di seguito invece riportiamo l’intervento all’assemblea del vescovo Mario Toso.

L’intervento del vescovo Mario

ac assemblea
  1. Un vivo ringraziamento all’Azione Cattolica

Pur radicati in Cristo, abbiamo vissuto anni non facili, a partire dalla pandemia dovuta al Covid, per arrivare, nell’anno scorso, a due alluvioni, al terremoto e, prima, alla guerra tra Russia e Ucraina, e poi alla guerra tra Israele e Palestina. Sono stati questi alcuni fattori di forte destabilizzazione della nostra vita personale e comunitaria. Su questi eventi drammatici si è già in parte riflettuto in altre sedi.

Non possiamo dimenticare le difficoltà provocate alle nostre comunità e alle nostre associazioni, alle varie iniziative pastorali e educative dalle disposizioni previste dalle competenti autorità per evitare la diffusione del contagio di un virus non ancora ben conosciuto.

Conosciamo gli effetti sulle persone, specie sui giovani, con le lezioni on line e l’isolamento.

In particolare, non possiamo scordare gli effetti devastanti delle due alluvioni sulla città di Faenza, sui vari paesi e sulle città della Diocesi, a partire da Modigliana, per giungere a Solarolo, a Sant’Agata sul Santerno, a Bagnacavallo, ad Alfonsine (colpita anche da una tromba d’aria), a Boncellino, a Traversara e agli altri centri abitati in pianura, nelle zone collinari o di montagna, con danni ingenti all’ambiente, alle abitazioni, alle imprese, ai negozi, alla colture, a istituzioni scolastiche, a istituzioni per anziani, a chiese, a infrastrutture (strade, ponti, ferrovie). E questo solo per accennare alle principali conseguenze devastatrici e destabilizzanti la vita delle comunità, dei comuni, delle persone, delle famiglie, dei giovani, degli adulti, dei nonni e anche degli animali.

Da ultimo, occorre fermare l’attenzione sul terremoto che ha avuto il suo epicentro a Marradi, con distruzioni e forti danneggiamenti delle abitazioni e delle istituzioni a Tredozio, a Modigliana, nella parte superiore della valle del Lamone. Nella settimana scorsa si è tenuta in Curia una riunione dei parroci delle parrocchie interessate, assieme ai tecnici coinvolti nelle perizie, per individuare le strutture inagibili e quelle da ristrutturare senza attendere anni. Solo l’elenco delle chiese colpite potrebbe essere sconfortante. Si impone un discernimento e un piano di azione per rendere agibile ciò che può esserlo in tempi ragionevoli e venire così incontro alle esigenze delle comunità cristiane e civili.

Quanto detto sin qui, per sommi capi, è per dire grazie anche all’AC diocesana che ha mostrato un grande impegno di solidarietà nei confronti degli alluvionati e di coloro che sono stati costretti ad abbandonare la loro casa a motivo dell’inagibilità. Alcuni di essi sono presenti qui in questo incontro. Grazie per la vostra pronta mobilitazione, per aver saputo collaborare con altre associazioni, con la Caritas diocesana, con le istituzioni civili e pubbliche. La vostra azione di sostegno materiale ma, soprattutto, morale e psicologico è stata di conforto a tante famiglie, parrocchie, a persone sole, a nonni, ad ammalati. Se la Caritas diocesana, – coadiuvata dalla Caritas italiana e dalle Caritas diocesane regionali, da volontari provenienti da tutta Italia – è riuscita a rispondere a molteplici richieste di aiuto di tante persone, italiane o straniere, lo deve anche alla multiforme azione samaritana dell’AC. Mentre, sia pure lentamente, diminuiscono gli sfollati e si sono già dati alcuni aiuti, compatibilmente alle nostre possibilità, rimangono ancora da monitorare alcune situazioni non risolte e in attesa dei sussidi promessi dalle autorità italiane. Rimangono, inoltre, da accompagnare anche gli abitanti e le comunità delle zone che hanno subito il terremoto.

Per quanto appena detto non possiamo considerare finita la nostra azione straordinaria. Dobbiamo ritenerci ancora in stato di mobilitazione. Siamo chiamati a tener viva e attiva la nostra azione fraterna di sostegno ai nostri fratelli e sorelle. Rispetto a ciò, vi ringrazio in anticipo per tutto ciò che potrete fare come singoli e come associazione, organizzando attività volte ad aiutare sia le zone alluvionate sia le zone terremotate. Si prevede un’azione di recupero e di rinascita piuttosto lunga negli anni.

Abbiamo bisogno, allora, di una solidarietà lunga, di operosità continua e paziente, con e negli impegni abituali della vita.

Ma all’AC rivolgo un riconoscente ringraziamento anche per l’attivo coinvolgimento dei membri dell’associazione nell’animazione del cammino sinodale e nella partecipazione, attiva e responsabile, alla visita pastorale del vescovo nelle diverse unità pastorali.

  • Potenzialità dell’Azione cattolica diocesana

Considerando le statistiche che riguardano le iscrizioni alla vostra associazione si può desumere che l’AC della Diocesi di Faenza-Modigliana porta in sé – a causa dei suoi 1.129 iscritti – una notevole potenzialità, sul piano della vita comunitaria, dell’apostolato, della cultura e dell’educazione cristiana. L’AC è un grande tesoro umano, ecclesiale, cattolico, culturale. È associazione che, nonostante inevitabili difficoltà e fatiche, è viva, attiva, aperta. È soggetto ecclesiale che contribuisce alla vitalità evangelizzatrice delle parrocchie e della Diocesi intera. Provate anche solo immaginare se non ci fosse l’AC. Ci troveremmo con comunità molto più povere di battezzati, di evangelizzatori, di testimoni coraggiosi, di operatori instancabili nella carità, di catechisti appassionati, di ministri straordinari dell’Eucaristia, di insegnanti di religione, ecc.

Con gli aspetti positivi della vostra associazione occorre, però, tenere presenti alcune fatiche o limiti che vanno superati. Ad esempio, in alcuni settori va irrobustito il numero delle persone adulte che accompagnano i giovani o i ragazzi in cammino, in modo da fronteggiare meglio il problema del calo delle presenze, della poca incisività dei giovani negli ambienti scolastici. Il coinvolgimento delle persone adulte e preparate va pensato anche in vista di una preparazione ancor più aderente alle esigenze dei destinatari dei campi estivi, della necessaria generazione di cammini continuativi, della scelta più attenta delle tematiche per le varie iniziative formative, della solidità e della migliore qualità dei momenti formativi.

  • Per un maggior coinvolgimento sul piano diocesano

Nel recente incontro che ho avuto con il gruppo dirigente dell’AC è stata posta dal Presidente, che peraltro ha costantemente insistito sulla cura delle relazioni, la domanda: per chi è l’AC?

Mi è venuto spontaneo rispondere che l’AC è, anzitutto, per Gesù Cristo, per vivere in Lui. L’AC, che vive in e per Cristo, è naturalmente sollecitata a vivere per la Chiesa, per la costruzione del Corpo di Cristo, per l’attuazione del Regno di Dio e, quindi, per l’evangelizzazione, per l’animazione secondo l’ispirazione cristiana della società civile, della società politica, delle istituzioni sociali e pubbliche. I credenti, in ragione dell’Incarnazione del Figlio di Dio, sono chiamati ad incrementare il dinamismo di sviluppo in Dio delle persone, del creato, di tutte le realtà umane.

L’essere primario ed originario dell’essere in Cristo e per Lui determina la scaletta delle appartenenze dell’AC. È evidente che la scala delle appartenenze vede il primato di appartenenza dell’AC a Cristo, alla Chiesa, alla Diocesi, rispetto ad altre appartenenze come, ad esempio, a entità culturali, a imprese sociali, ad associazioni varie, a un partito, a una amministrazione comunale. Badate bene che si tratta di una priorità di appartenenza che non esclude o non vieta altre appartenenze, come ad una società no profit, ad un’impresa, ad una istituzione culturale o, come già detto, ad un partito o ad un’amministrazione comunale. Se l’AC si specifica per il suo essere fondamentale di natura ecclesiale è chiaro che essa non può dirsi appartenente in prima istanza e nella sua totalità ad una realtà meramente umana e civile. L’AC, per il suo essere cristologico, ecclesiale, fa capo prima di tutto alla Chiesa, alla Diocesi e al vescovo, sia chi sia.

Sono sorte qui spontanee una domanda e un’ipotesi di risposta. Ecco il contenuto della domanda: forse, l’AC sente sempre meno urgente il legame con la Chiesa diocesana perché non è sufficientemente coinvolta negli Uffici pastorali della Diocesi (?). Il sottoscritto ha tentato di rispondere al gruppo dei dirigenti in questa maniera: se si sente troppo la distanza rispetto alla Diocesi la stessa distanza potrebbe essere, forse, superata entrando a partecipare di più alla vita dei vari Uffici pastorali diocesani. E questo potrebbe avvenire, in particolare, all’inizio dell’anno pastorale, allorché si procede alla programmazione pastorale diocesana.

  • Una spiritualità della contemplazione e dell’incarnazione

Un’associazione che vive il suo essere e il suo operare a partire dal suo essere inserita – in forza del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucaristia – in Cristo, nel Verbo di Dio che si è fatto carne, è chiamata a coltivare una spiritualità della adorazione, della contemplazione e dell’incarnazione

L’AC, per il suo essere ecclesiale e spirituale, non può che essere caratterizzata dal suo rapporto essenziale con Cristo. Associazione di credenti, viventi in Cristo, è comunità evangelizzatrice, missionaria, comunità di fraternità. Di qui deriva il modo dell’inserimento dell’AC nelle parrocchie, nelle Unità pastorali, nella Diocesi. Ma non va dimenticato l’attuale conformarsi delle nostre parrocchie, alcune delle quali, purtroppo, rimangono senza parroci stabili o vengono soppresse. Come per la comunità parrocchiale, che può essere senza un parroco stabile, povera di strutture e di edifici, di attività formative e di carità, è essenziale che sia bramosa di celebrare l’Eucaristia, analogamente l’AC deve coltivare la radice eucaristica del suo edificarsi sia come Chiesa sia come associazione cattolica. Deve mantenere vivo il vincolo sacramentale del suo essere in piena comunione con tutta la Chiesa (cf Christifideles laici 26). Proprio per questo anche nella nostra Diocesi è stata incoraggiata la costituzione dei gruppi ministeriali, i quali sono presieduti e coordinati dal parroco moderatore delle comunità delle Unità pastorali. Su queste situazioni come AC occorre incominciare a riflettere più attentamente, come anche ad incrementare una pastorale vocazionale.

Quello che preme dire qui è che l’AC, per essere vitale, feconda e dinamica, nelle mutevoli condizioni, sul piano della sua vocazione e della sua missionarietà, deve essere in permanente stato di comunione e di missione con Cristo Gesù. La missione è questione di fede. La missione è l’indice esatto dello stato della nostra fede in Cristo Gesù. Non possiamo essere missionari senza una fede viva. La fede o è missionaria o non è fede. Di qui l’esigenza di coltivare la propria fede con la preghiera, la meditazione della Parola, con lo studio, con l’Eucaristia frequente e il Sacramento della riconciliazione.

  • Alcune aree di maggior impegno

 È stato rilevato da alcuni dei vostri associati che l’AC, specie in questo frangente socioculturale, è chiamata a valorizzare il suo potenziale formativo. Il progetto formativo dell’associazione, a livello nazionale, è molto bello e di sostanza ma spesso manca localmente di una traduzione pedagogica più esplicita, più puntuale, più aderente alle situazioni particolari.

A tal fine pare opportuno che l’AC investa di più sulla preparazione dei suoi dirigenti o, con altro linguaggio, dei suoi quadri. Detto altrimenti, occorre che ci si dedichi maggiormente alla formazione e all’aggiornamento degli adulti. È bene che sia incrementata la formazione intellettuale e spirituale in campo teologico, ecclesiale, sacramentale, pastorale, culturale, comunicativo. Alcuni ambiti in cui i dirigenti e i formatori dei vari settori sono chiamati ad essere più competenti appaiono oggi: sinodalità ecclesiale, Bibbia, liturgia, evangelizzazione, catechesi, pastorale sociale che va tenuta collegata con la pastorale familiare.  Temi che meritano attenzione possono essere: ecologia integrale, intelligenza artificiale e sapienza del cuore, teoria del gender, vita, eutanasia, cure palliative, democrazia rappresentativa, partecipativa, deliberativa, inclusiva; integrazione socioculturale dei migranti, non violenza attiva e creatrice, beni collettivi, pace.

L’AC è chiamata ad aver cura della necessaria preparazione culturale e spirituale dei suoi soci. Lo esige il naturale ricambio generazionale, ma soprattutto il bene della Chiesa, sempre più piccolo gregge in un tempo che richiede prontezza e visione di futuro. Ci debbono essere nell’associazione persone qualificate nel discernimento cristiano.

Non dimentichiamo coloro che hanno fatto la storia dell’AC italiana, coloro che hanno partecipato a Camaldoli, ricordiamo Vittorio Bachelet, Armida Barelli, Giuseppe Lazzati, Aldo Moro e, nel nostro territorio, la venerabile Nilde Guerra. Personalmente ricordo con ammirazione Alberto Monticone.

Non dimentichiamo, infine, che siamo alle porte di un nuovo Giubileo, quello del 2025 e al quale papa Francesco già ci invita a prepararci.

Ancora grazie. Non dimenticate che siete azione, azione cattolica, a partire dalla vita in Cristo risorto, presente in noi e nella storia con il suo Spirito d’amore e di verità.

                                                  Mario Toso, vescovo