Online significa in linea, connesso. Eppure, se è vero che abbiamo la possibilità di essere sempre collegati con il resto del mondo, è ancor più vero che questa estrema libertà ci pone in una solitudine nella quale il confine tra pericoli e risorse si fa sempre più labile. Cosa c’è dietro questi schermi che ci distolgono dal reale, cosa significa regalare un cellulare a un bambino, cosa può fare l’intelligenza artificiale sono solo alcuni degli interrogativi che in questo tempo ci poniamo quotidianamente. Ne abbiamo parlato con il faentino Stefano Mazzoni, ingegnere informatico che da oltre dieci anni cura laboratori per adolescenti per garantire un uso consapevole delle nuove tecnologie, e abbiamo scoperto qualcosa di interessante: spesso a non essere consapevoli sono proprio gli adulti che chiedono consapevolezza ai più giovani.

Intervista all’ingegnere informatico Stefano Mazzoni: “Con questi strumenti il bullismo può varcare i confini della scuola e raggiungerti ovunque”

Stefano Mazzoni

Ingegnere, oggi gli smartphone vengono regalati a ragazzini sempre più piccoli, spesso anche a bambini. Quali sono i principali pericoli di un uso non consapevole di questo strumento nei più piccoli?

Regalare uno smartphone a un bambino è come regalare le chiavi di un elicottero a chi non è capace di volare; così è facile cadere.
Noi adulti siamo inflessibili sull’ora del rientro a casa, ma non ci preoccupiamo affatto di quanto sia pericoloso usare uno smartphone senza saperlo fare. Magari siamo tranquilli perché i nostri ragazzi sono chiusi nella propria cameretta e non pensiamo che in realtà sono immersi in un mondo pieno di rischi e di “orchi digitali”.

I social più usati oggi, Tik Tok e Instagram, dovrebbero rendere i ragazzi liberi di fare qualsiasi cosa, ma questa libertà spesso sfocia in pericoli, dalle sfide agli incontri con sconosciuti.

Nel metaverso, la realtà virtuale, non c’è la consapevolezza del reale pericolo che stiamo affrontando. Se nei videogame tutto è concesso, allora possono declinare questa libertà anche nella vita reale? Un’altra cosa che spesso ci sfugge è che il modello comunicativo dei ragazzi oggi è Whatsapp: in una classe chi non ha il telefonino è isolato, è fuori dal gruppo dello sport, dei compagni, etc. Altro problema di cui si parla molto è quello del cyberbullismo. Se trent’anni fa si derideva il compagno non vestito di marca o grasso o non pettinato secondo la moda, nelle ore di scuola, ora l’ansia della presa in giro continua anche al pomeriggio. Si chiudono i cancelli della scuola e si aprono i cancelli digitali. Aperti sempre, anche di notte.

Tra ChatGpt e algoritmi: il metaverso, “Siamo solo all’inizio. Il rischio è l’omologazione del pensiero”

Altro rischio può essere l’omologazione del pensiero, la famosa bolla creata dall’algoritmo che ci propone sempre gli stessi contenuti.

Secondo me siamo solo all’inizio di questa omologazione del pensiero. Si stanno perfezionando sempre di più le intelligenze artificiali e strumenti come Chat Gpt sono all’ordine del giorno. Queste fanno sì che invece di avere una scelta di contenuti da proporre legate a regole definite da persone fisiche, si scelga un contenuto in base a un incrocio di dati che ha come fine ultimo sempre quello commerciale. Tutti conosciamo le favole che ci insegnano a non accettare niente gratuitamente. Bene, se accettiamo la caramella dell’uso di Instagram diventiamo la fonte di reddito dello stesso social, questo veicola in base ai nostri like le pubblicità e i temi inerenti alle nostre personalità personalizzando i contenuti per venderci un servizio o un prodotto. Viene calcolato persino il tempo in cui ci soffermiamo su un certo reel piuttosto che su un altro. Le intelligenze artificiali però soffrono di allucinazione. Pensiamo a Wikipedia; è diventata la fonte di ogni ricerca, ma non è pensabile che tutto quanto dica sia corretto. L’intelligenza artificiale fornisce un’allucinazione che non è reale. Quel che offre è l’interpretazione di una macchina, ma noi lo prendiamo per vero, così come le parole di Wikipedia.

Di fronte alla generazione di meccanismi di dipendenza e del conseguente calo dell’attenzione, quali potrebbero essere alcuni accorgimenti semplici da tenere a mente quando si consegna uno smartphone ai ragazzi?

Se è proprio necessario regalare a un bambino un cellulare è fondamentale installare sul dispositivo il parental control per filtrare i contenuti, controllare il tempo di utilizzo e monitorare le chat. È una pratica che credo si possa usare tranquillamente con i ragazzi anche fino ai 15 anni, anche perché vediamo che lo stimolo a uscire di casa è inibito in loro dall’uso del telefono: se prima andavano a far la ricerca a casa del compagno ora si preferisce fare una videochiamata. È fondamentale insegnare ai ragazzi un galateo digitale, far fare loro la scuola guida per l’elicottero, per tornare alla metafora che abbiamo usato all’inizio.

Letizia Di Deco