Sappiamo che per comprendere davvero un’esperienza, più o meno dolorosa che sia, è necessario immergersi nella vita di chi l’ha attraversata. Ecco perché abbiamo deciso di raccontarvi anche la storia di Karl Louis Guillen, ex condannato nel braccio della morte, scarcerato nel 2013, ospite per la seconda volta del liceo Torricelli-Ballardini di Faenza. Qui, assieme ad Arianna Ballotta (presidente della Coalizione italiana contro la pena di morte) ha portato il 4 aprile scorso la propria testimonianza agli studenti.

Karl, classe ’67 nato a Los Angeles, si arruola a 19 anni nell’esercito statunitense ed è di stanza in Sud Corea. Tornato in America trova lavoro come fotografo di giorno e come guardia notturna e decide di partire con la sua vecchia Volkswagen per una vacanza in Florida. Purtroppo in questa occasione conosce cattivi compagni di viaggio e a Phoenix, in Arizona, si trova incastrato in una fuga dalla polizia in un furgone pieno di armi e viene condannato per assalto aggravato e traffico di armi rubate. Le ingiustizie però non si fermano qui. Mentre è in libertà su cauzione un balordo, ex commilitone, lo denuncia per istigazione alla rapina.

Viene condannato a 26 anni e gli avvocati, in entrambi i casi, non fanno nulla per difenderlo. Nell’agosto 1998, nella mensa del carcere viene assassinato un detenuto in una rivolta, alle spalle di Karl. Anche di questo si darà colpa a lui e, dopo una lunga vicenda giudiziaria e il rischio di essere condannato a morte, uscirà dal carcere solo nel 2013. Dopo vent’anni.

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La testimonianza al liceo Torricelli-Ballardini di Faenza

Karl in carcere ha imparato a scrivere e a dipingere; ha costantemente lottato non solo per dimostrare la sua innocenza, ma anche per i diritti degli altri detenuti e i suoi libri sono una costante denuncia del sistema giudiziario e carcerario statunitense. Sin dalla sua scarcerazione Karl ha deciso di fare ciò che rende grande un uomo: portare al di fuori del carcere non solo se stesso, ma anche la sua testimonianza.

Testimonianza che è monito per i più giovani a prestare attenzione, ma anche la prova provata che il sistema giudiziario commette errori e che solo chi ha gli strumenti giuridici e culturali – non è di poco conto per molti detenuti il problema della mancata conoscenza dell’inglese – può dimostrarlo e avere salva la vita.

Letizia Di Deco