Un’emergenza silenziosa, fatta di porte che si chiudono e altre che faticano ad aprirsi. Anche Faenza si deve confrontare con l’emergenza sfratti sul territorio: diverse famiglie che già vivevano in un contesto di fragilità hanno visto in questi mesi mettere in discussione uno dei beni più preziosi per la propria autonomia: il diritto alla casa.

In tutto 63 nuclei familiari coinvolti a Faenza

Perdita del lavoro precario, aumento dei costi delle utenze, mancanza di stabilità economica: queste alcune delle cause che hanno portato il Governo a decidere di bloccare gli sfratti per circa un anno e mezzo. Questa misura è però terminata dal settembre scorso e tante famiglie si trovano a dover fare i conti con la difficoltà di pagare l’affitto in un contesto sociale ed economico ancora instabile e precario. In tutto sono 63 i nuclei familiari per i quali è stato emesso lo sfratto, ai quali si aggiungono sedici casi a Castel Bolognese, otto a Brisighella, sette a Solarolo, sei a Riolo Terme e quattro a Casola Valsenio. «La pandemia ha accentuato tante situazioni di difficoltà – spiega Nicola Rubbi, uno dei referenti Caritas al tavolo degli sfratti della Romagna faentina -. In particolare per chi aveva un lavoro precario in questi mesi è diventato molto più complicato pagare l’affitto. Molti proprietari poi hanno intenzione di ristrutturare immobili e per questo non hanno intenzione di rinnovare i contratti in essere. Il problema è che per queste famiglie è difficile trovare oggi una soluzione alternative, non ci sono sufficienti appartamenti disponibili sul territorio».

Il tavolo degli sfratti per fare rete e trovare soluzioni

Per far fronte alle situazioni di fragilità, è stato istituito un tavolo di confronto a cui partecipano rappresentati dei Servizi sociali del Comune e della Caritas, oltre a referenti di Asp e Acer. «Come Caritas – spiega Rubbi – ci mettiamo in ascolto delle varie situazioni e attiviamo dei percorsi specifici per far fronte all’emergenza sfratti grazie a risorse della Curia, del collegio dei parroci urbani e dell’istituto sostentamento clero». Nei casi più critici emersi nei mesi della pandemia i Servizi sociali possono attivare un fondo «per morosità incolpevole» a cui determinate persone possono attingere dimostrando che il loro mancato pagamento non è dolo, ma è dovuto alla condizione economica precaria dovuta al Covid. «Grazie a queste risorse – dice il referente Caritas – si può attivare un fondo mensile per rientrare del debito e che prevede la collaborazione del proprietario dell’immobile. Tendenzialmente le situazioni di cui parliamo nel tavolo delle fragilità si attivano quando questo tipo di protocollo è fallito». Ecco allora che la Caritas si mette a fianco di queste persone, facendo squadra con gli altri enti. «Oltre alle misure già descritte – dice Rubbi – verifichiamo la disponibilità di alloggi sul territorio, che però purtroppo è molto inferiore alle richieste. Per questo lavorare in rete con i Servizi sociali, Acer e Asp è fondamentale per trovare il modo migliore per aiutare queste persone per le quali l’alternativa sarebbe la strada». Acer Ravenna ha la gestione su Convenzione del patrimonio immobiliare, in particolare di alloggi Erp (edilizia residenziale pubblica), di proprietà dei Comuni, a cui si accede tramite graduatoria.

“Situazione difficile”

Le famiglie che si trovano di fonte a questa emergenza sono molto diversificate. «Ci sono quelle nelle quali c’è solo un percettore di reddito oppure lavoratori precari per i quali è quasi impossibile trovare un affitto privato – dice Rubbi -. Sicuramente quando si tratta di famiglie con minori, bisogna avere una grande attenzione. Tendenzialmente le famiglie sono straniere, ma sono presenti anche persone italiane che vivono sole per i motivi più disparati, come per esempio il sovraindebitamento. La situazione è già molto complicata, e l’aumento delle bollette la renderà ancora più difficile».

«Dopo il primo avviso di sfratto – aggiunge Damiano Cavina, altro operatore Caritas referente del tavolo degli sfratti – dovrà passare qualche mese prima che diventi esecutivo. In questa fase valutiamo tutte le possibili opzioni, e per situazioni particolarmente critiche ci confrontiamo con Comune e Acer per verificare disponibilità nelle graduatorie delle case popolari. Anche Asp e Diocesi in certi casi possono mettere a disposizione appartamenti».

Samuele Marchi