Il nuovo Direttorio per la celebrazione della Domenica e della Liturgia della Parola con comunione eucaristica offre alcuni orientamenti fondamentali sulla questione delle celebrazioni domenicali.
Senza la celebrazione della domenica non possiamo vivere
Potremmo, in effetti, adottare un semplice approccio giuridico alla questione, citando il diritto e l’obbligo del “precetto”, senza toccare l’essenziale del problema: sine dominico non possumus. Sintetizzato dalla confessione dei martiri di Abitene, in maniera del tutto attuale la nostra Chiesa diocesana vuole ripetere che senza la celebrazione della domenica (lett. «ciò che è del Signore») non possiamo vivere. «Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita» (Gv 6, 53) perché Gesù promette che «chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (Gv 6, 56).
Il Risorto è il protagonista
Quando la celebrazione della domenica diventa la rivendicazione di un gruppo, di un’appartenenza sociale, si perde l’essenziale: «il Risorto è il protagonista; non lo sono di sicuro le nostre immaturità che cercano, assumendo un ruolo e un atteggiamento, una presentabilità che non possono avere» (papa Francesco, Desiderio desideravi 57). È il grande orizzonte tracciato dal Concilio Vaticano II e rilanciato recentemente dalla Lettera apostolica Desiderio desideravi di papa Francesco. Le “cose” usate nella Liturgia, le “azioni” da fare, i riti, le dinamiche simboliche, non sono degli orpelli che accompagnano un contenuto spirituale autentico, come l’Assemblea non è semplicemente un gruppo sociale formato dal desiderio di “stare insieme”, per rafforzare l’identità di un quartiere, di una frazione, di un comune: questa sarebbe una proposta disincarnata della fede cristiana. La Liturgia, al contrario, è una relazione reale e concreta, un intreccio vitale di azione, materia (acqua, olio, profumi, vesti, etc…): è presenza di Colui che ha scelto la via dell’Incarnazione per parlare agli uomini come ad amici ed entrare in comunione con noi, radunandoci nella Chiesa, che è molto di più della somma di singoli individui.
La Domenica ci precede, ci è donata, ci connette e ci accoglie nella comunione con il Risorto, una relazione vitale che fonda il nostro stare insieme fraterno come comunità cristiana.
Gli orientamenti comuni
A partire da questa fede evangelica, il vescovo ha definito alcuni orientamenti comuni: il primo fra tutti è che nel nostro territorio non si danno situazioni di emergenza tali da non permettere alle persone di partecipare all’Eucaristia domenicale. Non siamo in territorio di missione dove la rarefazione dei presbiteri comporterebbe diverse ore di macchina per trovare una santa messa. Chi può muoversi, ha sempre modo, con un minimo di organizzazione, di partecipare all’Eucaristia domenicale. Allo stesso tempo, il Direttorio prende coscienza di alcune “consuetudini” che hanno privilegiato la quantità (che si basa sul criterio della “comodità”, nell’offerta dell’orario più comodo alle persone e del solo precetto individuale) rispetto alla qualità (il radunarsi insieme, la cura degli spazi, del canto, delle vesti, dell’omelia, etc…) trasformando la programmazione delle Messe quasi in un servizio self-service a consumo dei fedeli. In questo modo, la celebrazione non è un incontro “vitale”, ma una routine che perde ogni sapore. Di fronte a questo contesto gli orientamenti sono molto chiari e potrebbero essere riassunti in due punti principali:
1) Nessuna celebrazione può sostituire l’Eucaristia. Non essendoci i criteri di emergenziali che potrebbe portare all’ammissione di celebrazioni “supplettive” (come definito dalla Conferenza Episcopale regionale), tutto ciò che non è Eucaristia o serve a portarci a essa, oppure non aiuta le nostre comunità. Per questo non sono permesse, senza il nulla osta dell’Ordinario, le celebrazioni della Parola con la comunione e le trasmissioni in streaming che potrebbero essere vissute come una mera sostituzione della messa. Grazie al generoso servizio di molti ministri istituiti e straordinari, gli ammalati e gli anziani siano raggiunti nelle loro case o nelle strutture sanitarie per essere uniti nella Comunione della Chiesa, soprattutto nel giorno di Domenica.
2) È necessario un investimento pastorale nella qualità delle celebrazioni: anche l’ascolto sinodale ha evidenziato che il Popolo di Dio non ha bisogno di tante Messe, ma che la celebrazione sia significativa, ovvero sia curata, non sia l’espressione di una persona o un gruppo sociale, ma sia il luogo in cui incontrare realmente il Signore. Un principio regolatore è l’indicazione di papa Francesco: «ogni aspetto del celebrare va curato (spazio, tempo, gesti, parole, oggetti, vesti, canto, musica, …) e ogni rubrica deve essere osservata: basterebbe questa attenzione per evitare di derubare l’assemblea di ciò che le è dovuto, vale a dire il mistero pasquale celebrato nella modalità rituale che la Chiesa stabilisce». Condizione necessaria, certo non sufficiente, essa può essere il primo passo perché «la pastorale d’insieme, organica, integrata, più che essere il risultato di elaborati programmi sia la conseguenza del porre al centro della vita della comunità la celebrazione eucaristica domenicale, fondamento della comunione».
Don Michele Morandi, vicario generale














