Gli amici hanno salutato Loredana Ceccarelli, 61 anni, nata e cresciuta a Basiago. Finché le condizioni di salute glielo hanno consentito, ha condiviso molto della vita della Diocesi, partecipando a Gmg e pellegrinaggi, frequentando l’Ami, l’Unitalsi e numerose realtà. Psicopedagogista e counselor, ha lavorato per anni al Centro di ascolto della Caritas anche come formatrice. Ha incrociato i cammini di tantissimi, mettendosi a confronto con interlocutori come don Carlo Molari, padre Andrea Gasparino, Annalena Tonelli, don Erio Castellucci e tanti altri. La carrozzina su cui si spostava, al ritmo dello Spirito, si è trasformata in carro di fuoco, come quello del profeta Elia. Resta il ricordo del suo sguardo, del suo ascolto, delle parole, delle sue attenzioni finissime, del suo rimanere, del voler bene, della preghiera. Specialissime porte sante che brillano in questo Giubileo della speranza.
I ricordi degli amici

Standole vicino, ho sentito che non solo lei era infinitamente paziente, ma DONAVA la pazienza. Mi ha insegnato che ogni respiro può essere amore, preghiera, unione con Cristo. Sentivo che mi donava questo guardandomi intensamente dal suo letto d’ospedale. Mi sento molto riconoscente di averla conosciuta. Superava sempre ogni aspettativa: era lei a sostenere, rallegrare ed aiutare tutti gli altri. In lei si vedono realizzate tutte le beatitudini, non come aspirazione, ma sul serio. (TM)
Ti benediciamo, Signore, per aver ricevuto il dono di un mite Leone. Ti restituiamo con infinita gratitudine il dono di Loredana, dolce Leonessa, gigante e maestra di fede e di preghiera. Non ci stancheremo di benedirti e ringraziarti per averla incontrata nella nostra vita! (sr. Paola)
La vita di Loredana è ben espressa in questa frase di papa Francesco: “Il mondo cerca, spesso inconsapevolmente, testimoni di speranza, che annuncino con la loro vita che seguire Cristo è fonte di gioia”. Loredana, ogni incontro con te per me è stato una festa, pura gioia di condividere, tantissimo ascolto da parte tua. Siamo andate insieme in tanti posti. Sembrava che ti portassi io, ma eri tu che portavi me. (Claudia S.)
Ti ringrazio Dio della vita per averci donato la Lory, ogni incontro era un appuntamento con Te in mezzo, parlando di tutto, tra risate e pure lacrime, andavamo ad immergerci nelle profondità di noi e di Te. Ho sempre amato la curiosità della Lory, il suo interesse per ogni cosa, il suo entusiasmo e la voglia di andare oltre ogni apparenza, lei che aveva un corpo quasi immobile, la sua mente spalancata all’ immenso e il suo cuore proiettato sempre al di più, all’infinito. Mi sei stata maestra senza volerlo, Lory, maestra di tanti, hai insegnato col tuo modo di essere e col tuo sguardo, intelligente e genuino, che nell’ ultimo periodo era ancor più il tuo microfono per annunciarci l’amore che tutto e tutti porta. Grazie Lory, in comunione continuiamo a camminare nuovamente. Questo verbo non è un caso e tu lo sai. (Claudia B.)
Ricordare Loredana significa posare lo sguardo — per un istante soltanto — sulla luce stessa. Era una luce che non abbagliava; avvolgeva. Ti veniva incontro nel suo sorriso instancabile, quello che nessuna ombra, neppure la più fitta, riusciva a spegnere. Anche quando il dolore suonava forte, lei rispondeva con la curva gentile delle labbra: un “va tutto bene” silenzioso che infondeva coraggio a chiunque le fosse vicino. I suoi occhi, grandi e chiarissimi, facevano molto più che guardare: attraversavano. Ti leggevano dentro con delicatezza, come se sapessero già cosa custodivi in fondo al petto. In quei due specchi vedevi riflessa la parte migliore di te, perché Loredana la riconosceva all’istante — e te la restituiva, limpida, con quel lampo di complicità che solo le anime profondamente buone possiedono. La bontà in lei non era un gesto isolato, ma un’abitudine quotidiana. Un pensiero gentile, una parola che scioglieva i nodi, una risata regalata al momento giusto. Accanto a Loredana nessuno si sentiva mai di troppo: c’era sempre spazio per un abbraccio, per un ascolto, per un consiglio dato con la stessa naturalezza con cui si respira. Chi l’ha incontrata porta addosso la traccia di quella lucentezza. È un calore che rimane, una scintilla che ci ricorda come si può brillare senza pretese, amare senza condizioni, sorridere senza riserve. Ciao, Loredana. Ti voglio tanto bene. Perdonami se non sono riuscito a tornare; ma continuo a cercare il tuo sorriso in ogni raggio che trapassa le nuvole, certo che, da qualche parte, tu stia ancora illuminando il mondo come solo tu sapevi fare. (Cesare)
Con la tua capacità di vero ascolto, permettevi anche a chi ti parlava di ascoltarsi veramente… Come uno specchio mostravi il profondo di noi. spesso sconosciuto anche a noi stessi quando siam presi da mille cose. GRAZIE per il tuo sguardo di cielo! Un abbraccio grande, cara Lore. (Paolo)
Loredana resta indelebilmente stampata nella mia memoria, attraverso molti ricordi, soprattutto per quella sua voce così delicata e allo stesso tempo capace di dire ciò che profondamente credeva e viveva. Mi limito a condividere due episodi a me molto cari.
Il primo mi riporta ai miei vent’anni, più o meno. Io e un caro amico scegliamo un film da vedere con lei, The blues brothers, un vero e proprio mito fondativo per me e Gabriele. “Non puoi mica andare avanti così senza aver mai visto questo capolavoro assoluto”, le diciamo. Lo vediamo e Loredana mostra di apprezzare. Era così coinvolta dalla musica, ma anche dagli aspetti più comico-grotteschi, che pensammo di aver non solo indovinato, ma straindovinato il film giusto. Per un po’ di tempo la chiamammo LaLoredanaBlues ed era molto divertente come quel nome anglo-romagnolo la faceva arrossire e ridere allo stesso tempo.
Il secondo ricordo mi obbliga ad un salto in avanti di parecchi anni. Sono frate e viceparroco ai cappuccini e come al solito passo il triduo pasquale con i giovani nelle sale parrocchiali. Per ogni giorno abbiamo previsto diverse attività. Nel pomeriggio del Venerdì Santo aspettiamo un testimone, Loredana. Nessuno registrò il suo intervento, il nucleo però lo ricordo bene. Rivendicò il diritto di proporsi come testimone della gioia che derivava dalla fede in Gesù Cristo, crocifisso, sì, morto, sì, ma soprattutto risorto e vivo. Come i giorni del triduo: per quanto legati ad un aspetto del mistero pasquale, la Risurrezione è l’orizzonte che dà senso alla celebrazione di ogni giorno. Così Loredana: le sue fatiche, disse con le parole, ma anche con gli occhi e con il cuore, non le impedivano di sentirsi gioiosamente accolta nell’abbraccio vivificante del Risorto che sentì forte su di lei durante un’adorazione.
Il blues normalmente canta più il dolore che la gioia, il desiderio umano che la gloria di Dio. Ma io so che per Loredana le barriere, architettoniche o meno che fossero, non erano un tabù, ma un invito al salto in alto, del cuore visto che le gambe le davano poca assistenza. Così ora la immagino saltare in altissimo cantando davanti al Padre il blues con gli angeli e con il Figlio di Dio che «imparò l’obbedienza dalle cose che patì» (Eb 5,8), Lui, «il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti per ottenere il primato su tutte le cose» (Col 1,18).
Cara sorella, permetti allora che ti saluti così: ciao LaLoredanaBlues! (fr. Zac)
L’ho conosciuta poco, ma mi ha sempre colpito per la pazienza, dolcezza, mitezza e il suo sorriso. (Marco)
Carissima Loredana, il primo ricordo che ho di te è legato alla paura. Non ti conoscevo ancora, ma in quanto obiettore al Centro di Ascolto della Caritas avevo il compito, assieme ai miei compagni, di riaccompagnarti ogni giorno a casa. Questo comprendeva sollevarti dalla tua carrozzina e accomodarti nel sedile del Fiorino. L’occhio, dicono, sia il più ingannevole dei sensi. Così il mio sguardo posandosi sopra di te mi ha trasmesso un solo pensiero: fragile! Prenderti in braccio! E se poi ti stringo troppo e ti faccio male! E se ti stringo troppo poco e cadi! Ma tu, che sempre sei stata coraggiosa, hai saputo in quel frangente trasmettermene un poco. Quel tanto che mi è bastato a sollevarti la prima volta. Parlavo con un tuo caro amico pochi giorni fa, a poche ore dalla tua partenza ed alle sue spalle facevano capolino alcune scatole di buon vino. Sopra una scritta: fragile. L’involucro annuncia una condizione che non riduce né limita il contenuto. Anzi, in cui forse tutti ci dovremmo riconoscere. Ma dentro c’è un vino buono. Una riserva speciale. Sei sempre stata una persona di spirito. Con te si scherzava e si rideva, anche quando goffamente ti facevo sbattere in qualche spigolo. Il tuo era uno spirito indomito. Ogni volta che si parlava di un viaggio, anche lontanissimo, tu dicevi: “Io ci sono. Quando partiamo?”. La tua spiritualità non era mai sfacciata ma traspariva nel tuo sguardo. Aperto e profondo. Fatto per scoprire l’invisibile, l’infinito e l’eterno nelle persone. Insomma lo Spirito soffiava spesso in te ed attorno a te… Così pure lunedì al tuo funerale non poteva assentarsi. Al momento della consacrazione si è sentito un vagito di una infante: Maria Letizia, come ho saputo chiamarsi al termine della cerimonia. Fino a quel momento era stata assolutamente silenziosa. “Lo Spirito intercede per noi con gemiti inesprimibili” e “viene in aiuto della nostra debolezza”. Lory mi hai insegnato che “è quando sono debole che sono forte”. E tu sei stata una forza della vita! Grazie Lory. (Aldo)
Loredana sapeva raccontarsi con libertà, profondità e generosità, mettendo in parole anche la fatica di dover frequentemente ricalcolare i percorsi, dipendere dagli altri, lasciare andare le persone e i punti di riferimento, permettere alla debolezza di scombinarle i piani. Una volta l’ho presa in giro: “Se diventi monaca, ti chiameremo suor Loredana della santa precarietà”. Ha sorriso e poi sussurrato che la parola “precarietà” da anni le era stata consegnata da una saggia guida spirituale come stile di vita, da riscegliere continuamente con lieta fiducia. Missione compiuta. (sr. Maria Elisa)
Conobbi Loredana tanti anni fa all’Istituto Professionale per il Commercio D. Strocchi di Faenza. Fui per un paio d’anni la sua «prof» di francese. Era la prima volta che mi ritrovavo in classe, nel primo banco davanti alla cattedra, una ragazza in carrozzella e con una disabilità gravissima, ma Loredana, con un sorriso dolcissimo appena accennato e costante mi aiutò a stabilire un rapporto che non si è mai esaurito. Dopo alcuni anni scoprimmo che frequentavamo ambedue l’Ara Crucis (monastero di suore domenicane di clausura). Loredana si informava di me ed io di lei ed ogni volta erano sorrisi e incoraggiamenti reciproci, indimenticabili. Sono poi passati tanti anni in cui non ci siamo più incontrate, io non vivo più a Faenza, siamo «invecchiate» e tutto è cambiato, ma pochi giorni fa la pensavo e mi ero ripromessa di chiedere sue notizie. Sabato mattina, festa della Madonna delle Grazie, mi ha fermato in Cattedrale un’amica che non vedevo da tempo e mi ha detto: «Lunedì alle 10.30 a Basiago ci sono le esequie di Loredana». Stamattina sono andata al funerale, ho parlato tanto con “lei”, le ho detto tante cose e continuerò a dirgliene fino alla fine dei miei giorni, ma soprattutto la ringrazierò sempre per la sua espressione sorridente, dolce e buona, nonostante tanta sofferenza e tanto dolore. Che insegnamento ho ricevuto io da te, mia carissima Loredana! E grazie anche a chi ha scritto le ultime parole del ricordino: «La fede mantiene uniti quelli che la morte separa». (Pina)
Cara Loredana, anni fa mi dicesti che quando saresti andata lassù, avresti preso sotto braccio Gesù e avresti iniziato a ballare con lui. Ti ringraziamo per il tuo Amore alla Vita che si è rivelato nella tua infinita pazienza nell’accogliere la tua condizione e nel portare nel tuo cuore la Vita di chi incontravi, nella tua capacità di ascoltare l’altro, nella tua curiosità e desiderio di vivere esperienze belle, nel nutrirti nelle relazioni, nel tuo intimo Dialogo con Gesù che era la tua vera Forza per affrontare le vicende della Vita. La nostra è stata un’Amicizia fraterna che andava oltre le apparenze. Mi chiedevi se avevo un po’ di tempo per stare con te e mi rendevo sempre conto che il dono eri tu a farlo a me. Ora siamo noi a chiederti di vegliare sulla nostra Vita da dove ci hai preceduto, dal Cuore del Padre, per prepararci la strada ma anche per rendere autentico il nostro vivere con la Forza dell’Amore alla cui sorgente hai sempre attinto e che ti ha dato la Forza di accogliere il Presente a volte così grave e denso. Grazie Padre, per il dono della Vita di Loredana. La nostra Amicizia fraterna è stata un dono del Santo Papa Giovanni Paolo II che chiamandoci alla GMG di Parigi del 1997 ci ha fatto incontrare vivendo una singolarissima Esperienza di comunione con la Chiesa mondiale, comunione che abbiamo avuto modo di portare a casa e coltivare nelle nostre profonde amicizie nel corso del temo della Vita fino ad ora. Il fatto che proprio nel giorno dell’elezione del nuovo Papa Leone XIV tu sia stata chiamata all’incontro definitivo con il Padre è un Evento che ci fa molto riflettere su come e a cosa lo Spirito Santo ci chiami a portare avanti la nostra Missione di Figli, noi ancora qui e tu dal suo Dolce Cuore nella Comunione dei Santi. (Emanuele)
Ho avuto il privilegio di una lunga e forte amicizia con Loredana. Sono davvero tanti i ricordi che adesso riemergono, ma per questo ci sarà tempo. Loredana ha sempre cercato la relazione con le persone che ha incontrato nella sua vita, anche con chi ha lavorato come assistente per gli anni in cui me ha avuto bisogno. Soffriva moltissimo quando non le veniva dato modo di costruirla e la relazione si limitava a un rapporto di lavoro. Ha accettato di correre, a volte, anche rischi seri, pur di salvare la relazione con persone che stavano svolgendo per lei il lavoro di assistenza, ma che avevano, a loro volta, problemi psicologici importanti. Nella sua condizione di fragilità è stata sempre un punto di riferimento per me e per quanti, dando a lei, una parvenza di aiuto, hanno ricevuto ben più di quel che hanno offerto. Era molto consapevole dei propri limiti, ma non ha mai smesso di sognare di poterli in qualche modo superare. Il rapporto di amicizia è sempre stato assolutamente paritario, il fatto che lei avesse bisogno di altri per poter uscire, andare a un concerto o al cinema, non era legato alla sua condizione, ma alla possibilità di vivere un momento bello con la persona amica. Non amava dover parlare di sé o, almeno, non sempre, piuttosto chiedeva all’ altro di raccontare cosa gli succedeva. Resta per me una persona indimenticabile che ha saputo donare e ascoltare senza nessun limite. (Pietro)
Il 10 giugno prossimo la messa di Trigesima all’Ara Crucis

Martedì 10 giugno alle 18.30 si svolgerà una celebrazione eucaristica di trigesima presso la cappella dell’Ara Crucis, in via degli Insorti 27 a Faenza. La messa sarà occasione per ricordare con affetto e preghiera Loredana a un mese dalla sua scomparsa. Un momento di raccoglimento aperto a familiari, amici e a quanti desiderano unirsi nella memoria e nella comunione.
La testimonianza di Loredana: «La pietra scartata», la disabilità come vocazione

“Ho incontrato il Signore in un momento buio della mia vita. In me c’era il vuoto e così Lui è potuto entrare… e c’è stato il vero incontro. Mi sono sentita presa per mano: insieme a Lui e alle persone a me vicine, è iniziato il mio percorso di accettazione.
Dio è dentro di noi. Lo sento vicino anche nel corpo. L’incarnazione di Gesù a me ricorda un po’ il deficit, la disabilità… Sì, perché per farsi uomo il Figlio di Dio ha assunto tutto un insieme di limiti fisici.
Per Dio farsi uomo è infinitamente più limitante che per un uomo diventare disabile!
Ma questo svuotamento, questa spogliazione Dio l’ha voluta, l’ha scelta e l’ha assunta per amore di ognuno di noi. E la nostra salvezza, la nostra liberazione passa di lì. Gesù mi ha insegnato e mi insegna non semplicemente ad accettare il mio deficit e i miei limiti, ma ad assumerli. Questa parola, assumerli, la intendo proprio nel senso di assumere un peso, una responsabilità. Questo per me è fondamentale!
Sì, io non ho scelto la mia disabilità, ma il cammino che la Parola ha percorso in me mi ha donato la possibilità di assumere la mia condizione, di prenderne comunque la responsabilità. Anche se non l’ho scelta, è vita mia!
Così, con il tempo, ho scoperto un significato nascosto nella mia condizione. Lo esprimo con le parole di un salmo: La pietra scartata… è diventata testata d’angolo.
La pietra scartata è qualsiasi deficit, qualsiasi limite, fragilità e peccato, qualsiasi realtà della vita che si è soliti rifiutare, negare, rimuovere. In Gesù diviene l’unica vera occasione per incontrarlo, per comprendere finalmente il suo amore e la sua grazia… e così amarlo senza paure e sospetti.
È venuto a donarmi la vita in abbondanza! Lui vuole darci tutto della sua ricchezza, della sua vita e per questo mi incita a non accontentarmi di meno di ciò che Lui vuole donarmi.
A volte mi trovo nelle situazioni più disparate e anche disperate… e lì mi accorgo che sono chiamata a donare accoglienza, amore, vita. Incontro persone anche al lavoro che continuano a fuggire dai propri ricordi dolorosi.
E a me viene chiesto di non fuggire, proprio per poter aiutare l’altro a fare altrettanto.
Con il Signore si fa esperienza di scoprire la vita dappertutto, anche dove apparentemente c’è solo morte.
Il Padre trasfonde in noi la sua stessa capacità d’amare: per questo mi sento chiamata ad amare l’altro in modo gratuito, accettandolo proprio così com’è. Il Padre ci comunica la sua passione per l’uomo… si diventa suoi collaboratori! E guardando indietro mi sono accorta che tante volte mi sono trovata ad essere stampella per l’altro, perché potesse trovare la sua vocazione.