Per la Giornata internazionale della donna dell’8 marzo scorso la Comunità Papa Giovanni XXIII ha organizzato momenti di preghiera e solidarietà alle donne vittime di tratta e di violenza. Il tema della tratta è da sempre molto sentito dall’associazione che alla fine degli anni ’90 aveva avviato un progetto nazionale, in collaborazione con le forze dell’ordine, per offrire alle donne sfruttate sulle strade italiane delle alternative. Iniziativa partita dal carisma di don Oreste Benzi, che con le unità di strada della Papa Giovanni andava a cercarle lungo le principali strade conosciute per i giri di prostituzione come la via Emilia o la statale Adriatica. Nella logica di portare il Vangelo alle persone che vivono ai margini, volontari e membri della Papa Giovanni XXIII, la sera o in tarda notte iniziano così a percorrere queste strade per tentare di avvicinare le ragazze.
Una vera e propria schiavitù fisica e psicologica

«In quegli anni, c’erano donne di nazionalità principalmente nigeriana e albanese – racconta Massimo Solaroli, faentino membro della comunità Papa Giovanni XXIII tra i primi a fare servizio in strada –. Scappavano dalla miseria per trovare nuove opportunità». A volte arrivavano in Italia con già la promessa di un lavoro e invece finivano nelle mani di qualche protettore che tramite una “madame”, di solito un’ex prostituita, le costringeva a prostituirsi. La madame si occupava di gestire le ragazze e di incassare. Una vera e propria schiavitù, fisica e psicologica. «Una volta in strada, cercavamo di comunicare con loro – racconta Massimo –. Il nostro intento era che col tempo riuscissero a fidarsi di noi e accettassero di essere accolte in una casa famiglia per iniziare un nuovo percorso e dare una svolta alla loro vita. Con alcune siamo riuscite, altre avevano troppa paura».
Dalla strada all’online: un fenomeno da contrastare
Negli anni di attività precedente al Covid, la Papa Giovanni XXIII ha messo a disposizione cinque appartamenti che potevano ospitare fino a 30-35 donne. Con il Covid il servizio è stato sospeso. Inoltre, il fenomeno della prostituzione ha assunto forme diverse: oggi sono poche le ragazze che si prostituiscono per strada, mentre è aumentato quello di chi tramite annunci online offre prestazioni in casa. Aiutare queste donne diventa più complicato, perché non puoi raggiungerle facilmente. I volontari della Papa Giovanni XXIII continuano a percorrere le strade più sensibili e tentano anche un approccio telefonico. Si cerca di spiegare, soprattutto a chi non è regolare sul territorio, che chi è vittima di tratta può denunciare, ottenere i documenti ed entrare in un programma di protezione. «La collaborazione con le forze dell’ordine è stata spesso cruciale anche per ricostruire e smascherare grandi giri di prostituzione», dice Solaroli.
Ci sono anche storie a lieto fine: “Oggi una ragazza sta bene e ha due splendidi bambini”
Nella sua esperienza, Massimo ha conosciuto tantissime donne e ascoltato le loro storie. Ci spiega che, nonostante gli aiuti, anche quando i loro aguzzini vengono arrestati e lo sfruttamento finisce, le donne vittime di tratta continuano a prostituirsi perché pensano che quella sia l’unica strada per vivere. «Per spezzare queste catene cerchiamo di affidarle a case-famiglia lontane dal territorio in cui si trovano», prosegue il volontario della Papa Giovanni. Per fortuna ci sono anche storie a lieto fine, come quella di Maria che ha sempre rifiutato il sostegno dei volontari per paura e, dopo due anni, ha trovato il coraggio di ricontattarli. Un volontario, fingendosi un cliente, è andato a prenderla per portarla al sicuro. Massimo ci racconta che era così terrorizzata che, una volta salita in auto, si è nascosta sotto i sedili: «Oggi, invece, sta bene e ha due splendidi bambini, che abbiamo conosciuto».
Erika Di Giacomo