Nel cuore del Museo Diocesano di Faenza si snoda un percorso espositivo che invita a riflettere sul rapporto tra natura, memoria e stratificazione del tempo. La mostra Indelebili tracce, curata da Giovanni Gardini, mette in dialogo due artisti, Paola Babini ed Enrico Versari, le cui opere si intrecciano in una narrazione visiva di forte impatto emotivo. Se Versari rilegge il paesaggio in chiave naturalistica e meditativa, Babini lo filtra attraverso la memoria e la reinterpretazione pittorica, stratificando immagini e suggestioni. «Sono sempre stata affascinata dal paesaggio e dalla natura – racconta Paola Babini – ma il mio approccio è quello della memoria. Spesso utilizzo la fotografia, non come punto di arrivo, ma come strumento per fermare un attimo, un’ispirazione. Camminare nei boschi, osservare il cielo e l’acqua mi permette di cogliere immagini che poi, attraverso la pittura, si trasformano e acquistano nuove valenze».
Paesaggi onirici e surreali dai quali emergono colori intensi, come il verde e il blu
Paola Babini, direttrice dell’Accademia Statale di Belle Arti di Ravenna, si affida a una narrazione attenta della realtà circostante, catturata attraverso il mezzo fotografico e mischiata alle nostre memorie storiche. Come in una sorta di collage dell’anima, ricostruisce un passato e lo sovrappone al presente accostando fotografie di elementi paesaggistici a disegni di rovine dell’architettura antica e imprigionandoli poi assieme in teche trasparenti che fungono da reliquario mnemonico e racchiudono la visione fermando l’istante in un processo di liquefazione dell’atto. Il lavoro dell’artista si nutre di sovrapposizioni, velature e trasparenze. I materiali utilizzati, spesso acetati e leggeri, permettono di intravedere oltre la superficie, suggerendo un senso di infinito. «Mi affascina la stratificazione perché rimanda a un tempo che si sedimenta, a un racconto che non si esaurisce mai. Nei miei paesaggi onirici e surreali emergono colori intensi, come il verde e il blu, che evocano la fluidità dell’acqua e del cielo in perenne trasformazione».
“Sento molto nella mia poetica la necessità di fermare l’urgenza del tempo che è sempre più pressante nella società”
La formazione pittorica di Babini affonda le radici nella tradizione dell’olio su tela, ma nel corso della sua carriera l’artista ha sentito l’urgenza di esplorare nuovi linguaggi. «Viviamo un’epoca caratterizzata da una velocità espressiva diversa. Per questo motivo ho integrato nella mia ricerca altri mezzi, come il disegno, la fotografia e la stampa. La mia necessità è quella di trasmettere l’urgenza del tempo attraverso materiali e tecniche contemporanee». Uno degli elementi centrali della sua poetica è il concetto di memoria, intesa non solo come ricordo personale, ma come sedimentazione di esperienze collettive. «Ho sempre lavorato per cicli e per temi. Negli ultimi anni il mio interesse si è focalizzato sugli alberi e sulla natura, intesa come organismo in continua evoluzione. In passato ho esplorato il tema delle scarpe, simbolo di identità e cammino. Anche in quel caso il filo conduttore era la memoria».
“Ho sempre temuto la banalità nell’arte. Un’opera non va spiegata, ma vissuta”

Tra le opere esposte in Indelebili tracce, una delle più significative è Silenziosa luna, una composizione di alberi blu che incarna perfettamente la ricerca artistica di Babini. «È un lavoro a cui sono particolarmente legata, perché sintetizza il mio rapporto con il paesaggio e con il tempo. Ho sempre temuto la banalità nell’arte, e per questo cerco costantemente di approfondire la mia ricerca, senza ripetermi».
La mostra, nata da un’idea lungimirante del curatore Giovanni Gardini, ha già riscosso un forte interesse, anche per via del dialogo con un altro artista. «Il confronto con Enrico Versari è stato stimolante e il riscontro del pubblico molto positivo. Ciò che mi auguro è che chi visita la mostra non cerchi solo di capire il processo che ha portato alla realizzazione delle opere, ma che si lasci trasportare dalle emozioni. In fondo, un’opera d’arte va vissuta, più che spiegata».
Info e orari
Indelebili tracce resterà aperta al pubblico fino al 16 marzo, offrendo ai visitatori l’opportunità di immergersi in un viaggio artistico che esplora la memoria del paesaggio attraverso il linguaggio sensibile e stratificato di Paola Babini.
Il museo diocesano è in piazza XI Febbraio 10. Orari di visita: venerdì: 16-18.30; sabato e domenica 10-12.30 e 16-18.30; ingresso libero.
Samuele Marchi
Nella foto di copertina l’opera “Silenziosa luna”