I sostenitori della Brexit (l’uscita dalla Ue da parte della Gran Bretagna) sono sempre di meno. E un ultimo sondaggio di YouGov, realizzato a cinque anni dall’effettiva uscita del Regno Unito dall’Unione Europea il 31 gennaio 2020, lo conferma. Il numero di coloro che pensano sia stata una buona idea per il Paese abbandonare la Ue non è mai stato così basso dal referendum del 2016. Solo il 30% degli intervistati, infatti, sostiene ancora la Brexit, una quota in costante calo: erano il 33% solo lo scorso novembre. Mentre abbandonare Bruxelles è stata una decisione sbagliata per il 55% dei britannici, stabile rispetto all’ultima rilevazione di due mesi fa. Cifre ancor più nette se si chiede ai giovani che nove anni fa non poterono votare. Il 75% di coloro che oggi hanno tra i 18 e i 24 anni, infatti, crede che la Brexit sia stata una cattiva idea, e solo il 10% pensa il contrario.

Insomma, sono ben lontane le cifre dei risultati del voto popolare di quel 23 giugno 2016, che decretò la Brexit con il 52% dei voti contro il 48%. Un sentimento che oramai si riflette anche tra coloro che hanno votato Brexit: al momento, per il 32% dei “leavers” infatti, abbandonare la Ue somiglia più a un fallimento, contro il 22% che invece lo considera sostanzialmente un successo. Curiosamente, anche tra coloro che oggi sostengono Reform UK, ossia il nuovo partito del re della Brexit Nigel Farage che sta volando nei sondaggi, per il 24% l’uscita dall’Unione è più che altro un fallimento. Valore che schizza all’83% tra gli elettori del Partito Laburista del primo ministro Keir Starmer, che da tempo ha promesso un riavvicinamento con l’Unione Europea soprattutto sul commercio e la sicurezza.

Allo stesso tempo, però il premier ha sempre escluso ogni intenzione per il Regno Unito di rientrare nel mercato unico europeo, nell’unione doganale e tantomeno nella Ue, anche per non riaprire le profonde ferite e spaccature di questo Paese. A tal proposito, il sondaggio YouGov ha altri spunti interessanti: solo il 27% dei britannici crede che le relazioni tra Ue e Gran Bretagna debbano restare così come sono, mentre il 64% sostiene un riavvicinamento di Londra a Bruxelles, pur senza rientrare formalmente negli organismi europei, rispettando dunque i paletti di Starmer. Una posizione condivisa addirittura anche dal 60% di coloro che votarono Brexit nel 2016 e dal 53% degli elettori di Farage.

Starmer e il Partito Laburista considerano un obiettivo cruciale riavvicinarsi alla Ue, ma le trattative non sono facili. Per esempio, in cambio di agevolazioni commerciali, Bruxelles chiede a Londra di accettare un programma giovanile detto “Youth Mobility”, che permetterebbe agli under 30 britannici ed europei di viaggiare, studiare e lavorare liberamente tra i due blocchi, per un numero limitato di anni. Una proposta su cui Starmer e il suo governo sono molto riluttanti, perché temono che uno schema simile scatenerebbe in patria l’accusa, soprattutto da parte dei conservatori, di voler riaprire le porte agli europei e alla libera circolazione, soprattutto dall’Est Europa.

Personalmente ho esperienza dei tanti ragazzi che hanno effettuato positive esperienze di tirocinio all’estero, anche in Gran Bretagna, grazie al Programma europeo Erasmus plus, con le iniziative coordinate da Educazione all’Europa di Ravenna con la collaborazione della Fondazione Giovanni Dalle Fabbriche Multifor.

In questi giorni, è stato pubblicato anche un lungo report del Centro studi inglese “Uk in a changing Europe”, che ha ricordato tutti i danni e le disfunzioni della Brexit a cinque anni dalla concretizzazione dell’addio di Londra all’Unione Europea. Uno studio in cui, tra le altre cose, si legge che l’export dei servizi finanziari britannici è calato del 33% rispetto ai picchi del 2007, che gli investimenti nel Regno Unito sono scesi del 10% dopo la Brexit e che produttività ed economia del Paese si sono ridotti dell’1%. Insomma non proprie le “rose e fiori” promesse da Nigel Farage e i suoi seguaci del Brexit Party.

Tiziano Conti

Foto Tiziano Conti: manifestazione a Londra a favore della permanenza nella UE