Nato a Homs, l’antica Emesa, in una Siria che allora poteva ancora essere definita «felice», Joseph Kouri, medico siriano di rito siro-cattolico, ha attraversato le tempeste della storia con fede e determinazione. Dagli anni ’70 vive a Faenza, medico all’ospedale San Pier Damiani, e oggi è residente a Solarolo. Kouri continua a mantenere un legame profondo con la sua terra d’origine, dove ancora vivono molti dei suoi familiari. Tanti altri sono dispersi nel mondo (Olanda, Germania, Sud America…) in quella che può essere definita la diaspora del popolo siriano degli ultimi anni. La sua storia è un ponte tra passato e presente, Oriente e Occidente, dolore e speranza.
«Mio nonno era prete (nel rito siro-cattolico è consentito sposarsi prima dell’ordinazione) e mio padre un diacono. Io ho studiato al liceo dai gesuiti», racconta con orgoglio Kouri. «Poi, grazie a una borsa di studio offerta dalla scuola del cardinale Lercaro, sono arrivato a Bologna per studiare medicina». In Italia, Kouri ha trovato una seconda casa e qui si è sempre sentito accolto. Laureato in medicina e specializzato in anestesia e rianimazione, ha lavorato in vari ospedali, fino a stabilirsi a Faenza nel 1974, dove è rimasto per tutta la sua carriera. La sua vita professionale è stata anche l’opportunità per creare legami profondi con la comunità: «In ospedale seguivo anche i parti, per cui posso dire che tanti faentini sono nati con me», ricorda con un sorriso. Eppure, nonostante la gratitudine verso l’Italia, Joseph non ha mai dimenticato la Siria. E in questi giorni concitati, con la caduta del regime di Assad, ha sentito ogni giorno i suoi familiari.
Dalla giovinezza siriana alla guerra civile
!["La mia Siria ferita in cerca di pace". Testimonianza del medico Joseph Kouri, da anni residente a Faenza 1 siria2](https://i0.wp.com/ilpiccolo.org/wp-content/uploads/2024/12/siria2.jpg?resize=696%2C453&ssl=1)
Kouri dipinge un quadro vivido della sua giovinezza, descrivendo la Siria come luogo di convivenza e apertura: «Ricordo tanta vivacità in parrocchia. Avevamo tutto, c’erano anche gli scout, la banda musicale (che non ho mai frequentato perché non ero molto portato…), i servizi per i poveri. Anche se in minoranza, noi cristiani eravamo sempre ben accettati e alla pari. Si creavano bei momenti: durante il Ramadan, i musulmani ci invitavano a mangiare con loro la sera». La Siria d’altronde, racconta Kouri, nella sua storia si è sempre trovata ad accogliere culture ed etnie diverse: gli armeni scappati dalla Turchia, i curdi, gli iracheni fuggiti da Saddam, i libanesi. E presenta anche tante sfaccettature del mondo islamico, dalla maggioranza sunnita, seguiti dagli sciiti, gli alauiti; gli ismailiti e i duodecimani.
Una ricchezza culturale e religiosa i cui equilibri poi sono andati in frantumi. Con la fine della democrazia negli anni ’60 e l’avvento del regime di Hafez al-Assad, la situazione è cambiata drasticamente. «Era un dittatore feroce – spiega Kouri -, ma nonostante tutto, la Chiesa non è mai stata perseguitata, anche se non c’era modo di fare opposizione. Tutti i quadri erano occupati da fedelissimi del regime che però erano del gruppo minoritario degli alauiti, malvisti dalla maggioranza sunnita. Era un equilibrio fragile». Con la Primavera araba del 2011, però, si ha la definitiva rottura.ì
«La guerra civile è iniziata con una scintilla – racconta – a Daraa, al confine con la Giordania, dei giovani manifestarono in strada e furono arrestati. Poi la rivolta si diffuse a Homs, la mia città, e fu repressa con la forza». Kouri descrive con dolore gli orrori della guerra, l’irrompere dell’Isis che devastò villaggi cristiani, come Sadad. «Qui i jihadisti hanno distrutto un nostro progetto di coltivazione di ulivi nel deserto da parte della mia famiglia. Mio cugino perse 45 persone del suo villaggio». La sua stessa famiglia è stata toccata dalla guerra: «La casa dove sono nato è stata bombardata, e quella dei miei genitori è stata saccheggiata. Abbiamo dovuto ricostruirla». Tra le vittime dell’estremismo islamico, anche padre Paolo Dall’Oglio, ancora disperso, di cui Kouri era amico. E anche le visite di Kouri in Siria cominciano a farsi più rare.
Presente e futuro: le incognite del nuovo regime
!["La mia Siria ferita in cerca di pace". Testimonianza del medico Joseph Kouri, da anni residente a Faenza 2 siriaprima](https://i0.wp.com/ilpiccolo.org/wp-content/uploads/2024/12/siriaprima.jpg?resize=696%2C464&ssl=1)
Due anni fa l’ultima visita di Kouri in Siria. Negli ultimi tempi una meta difficile da raggiungere: con l’aereo si riesce ad arrivare solo in Libano e da lì si prende un taxi per oltrepassare il confine. «Le cose che mi hanno colpito di più sono i segni della guerra e la povertà – racconta – il costo della vita è diventato insostenibile per la popolazione». Con la recente caduta del regime di Assad, la Siria si trova ora di fronte a un bivio. Il nuovo leader, Abu Muhammad al-Jolani, promette libertà e democrazia, ma Kouri rimane scettico: «È difficile capire le intenzioni di chi ha alle spalle un passato nell’estremismo islamico» dice riferendosi ai suoi trascorsi in Al-Qaida, rinnegati oggi dallo stesso al-Jolani. Queste forze hanno il forte sostegno della Turchia, da sempre interessata a estendere la propria egemonia in questa regione. Difficile però, secondo Kouri, che venga introdotta una legge coranica in un Paese come la Siria e con la sua storia così frastagliata di culture.
“Preghiamo per i cristiani d’Oriente: sono un punto di equilibrio e di speranza per il futuro in queste terre”
La sua preoccupazione più grande, tuttavia, è per il futuro dei giovani: «Molti vogliono solo andarsene. È triste pensare che i ragazzi vedano l’esilio come unica speranza». E da qui nasce una diaspora che porta tanti di loro ai confini dell’Europa, passando su quella rotta balcanica, crocevia di ingiustizie e violenze, che abbiamo raccontato nelle scorse settimane sempre su il Piccolo. Nonostante tutto, Kouri continua a credere nella capacità del popolo siriano di resistere: «C’è tanta fede. La gente dice: ‘Se Dio vuole, passerà anche questa fase’».
Il valore delle proprie radici
Joseph Kouri ha fatto della sua vita un esempio di integrazione e solidarietà. Non si è mai sentito straniero in Italia, ma il legame con la Siria rimane indissolubile: «Bisogna ricordarsi di noi cristiani d’Oriente. Preghiamo per loro: sono un punto di equilibrio per tutti quei Paesi, un seme di speranza per il futuro». Attraverso iniziative parrocchiali come pranzi di beneficenza e raccolte fondi, con il supporto del parroco di Solarolo, don Tiziano Zoli, Kouri sostiene le famiglie siriane in difficoltà. Oppure tramite la sezione locale di Cosmohelp offre aiuto a bambini malati. «Abbiamo aiutato un giovane siriano amputato di entrambe le gambe – ricorda – l’intervento è andato bene e ora studia ed è al terzo anno di Medicina in Germania».
Guardando indietro alla sua vita, Kouri riflette sul significato delle radici e della fede. «È giusto mantenere un legame con le proprie origini. Vedo nella volontà del Signore il motivo per cui sono qui, per aiutare da lontano, con quel poco che posso». Tra ricordi d’infanzia e speranze per il futuro, Kouri rappresenta la voce di una Siria che, nonostante tutto, non si arrende. E continua a credere in un domani migliore, per il suo popolo e per il mondo. Nella Siria «felice», quel legame con la sua gioventù che non si è mai spezzato, nemmeno di fronte a guerre e conflitti.
Samuele Marchi