Quest’estate noi gruppo Giovanissimi di Russi abbiamo avuto l’opportunità di conoscere il Sermig (Servizio Missionario Giovani), noto anche come Arsenale della Pace. È situato a Torino ed è nato nel 1964 con l’obiettivo di promuovere la pace, la solidarietà e il dialogo tra le culture. La visita al Sermig è un’esperienza che lascia un segno profondo. Entrando nell’Arsenale della Pace, si respira un’atmosfera di condivisione e fratellanza, dove l’impegno per il prossimo è evidente. Dal 22 luglio al 26 luglio siamo stati all’interno del Sermig, poi fino al 29 ci siamo avventurati alla scoperta di Torino, visitando il museo della Sindone, il museo del cinema, la Basilica di Superga, la Mole Antonelliana.
Probabilmente il modo giusto per iniziare a raccontare questa esperienza è partire da questa domanda: “Che cosa restituisco oggi?”. Infatti “restituzione” è la parola chiave del Sermig e della fraternità che ci vive al suo interno; noi attraverso questo articolo cercheremo di restituirvi quella che è stata per noi l’esperienza all’Arsenale.
La mission del Sermig
Ma esattamente che cos’è il Sermig? Nel 1964 Ernesto Olivero e sua moglie Maria lo fondano con un sogno, quello di sconfiggere la fame nel mondo. Nel 1983 trova la sua sede in un vecchio Arsenale di guerra che produceva armi, oggi è stato trasformato poi in un Arsenale di Pace grazie al lavoro gratuito di tanti, soprattutto giovani. Ogni anno ospita migliaia di ragazzi che scelgono di vivere un’esperienza di condivisione, formazione e servizio. L’Arsenale della Pace è oggi una porta sul mondo aperta 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. È un punto di incontro tra culture e religioni diverse per conoscersi, dialogare, camminare insieme. È un riferimento per i giovani che hanno voglia di dare un senso alla propria vita. È una casa sempre aperta per chi cerca un soccorso: madri sole, rifugiati dalla guerra, stranieri, persone che hanno bisogno di cure, di casa e di lavoro. È un luogo di preghiera dove chiunque può sostare, incontrare il silenzio e Dio. È un sogno che permette a chi lo desidera di restituire qualcosa di sé: tempo, professionalità, beni spirituali e materiali. Il risultato? Milioni di persone aiutano milioni di persone. L’Arsenale della Pace è un luogo dove la speranza prende vita ogni giorno. Qui le persone trovano non solo un rifugio fisico, ma anche un luogo dove riscoprire dignità e speranza per il futuro.
In realtà il Sermig è qualcosa di molto difficile da raccontare tramite un articolo perché, anche con il massimo del nostro impegno, non saremo mai in grado di trasmettervi tutte le emozioni provate che contraddistinguono questa esperienza. Quando ci è stato chiesto di partire non sapevamo nulla, o meglio solo il minimo indispensabile, ovvero che avremmo svolto attività di servizio. Arrivati all’Arsenale, abbiamo trovato circa altri 280 ragazzi come noi. Ci siamo catapultati all’interno di qualcosa che era e che è stato al di sopra delle nostre aspettative. Letteralmente il Sermig ci ha aperto gli occhi su ogni singola tematica.
La Parola di Dio vissuta in modo consapevole
Per la prima volta abbiamo vissuto la parola di Dio in modo materiale, vero e consapevole. Ogni giorno svolgevamo diverse attività di servizio: falegnameria, scuola di italiano, smistamento vestiti, emporio, giocare con i bambini dell’oratorio e pulizia del quartiere. Attraverso queste attività abbiamo capito quanto sia importante fare in modo dignitoso il bene, quanto sia fondamentale essere empatici verso il prossimo e non trattare gli ultimi come tali, ma come persone; esattamente come vorremmo essere trattati noi.
Bisogna sempre ricordarsi che potremmo trovarci noi dall’altra parte e vorremo sicuramente qualcuno al nostro fianco che ci tendesse la mano per aiutarci. Ci sono ragazzi e bambini che per mille fattori non possono vivere come noi ma ci sono volontari che vanno a giocare con loro, persone che donano quaderni e cancelleria per dargli uno zaino dignitoso come tutti gli altri bambini.
Durante l’aiuto compiti una ragazza, che viveva nel quartiere più pericoloso e difficile di Torino, ha esclamato: “Il libro mi chiede una metafora tra il treno e la vita?” e sapete che cosa ha risposto: “Beh la mia vita è stata come un treno ad alta velocità che va velocissimo ma a differenza del treno che si ferma nelle stazioni la mia vita non si è fermata davanti agli ostacoli ma li ha superati”. Il Sermig insegna che insieme si può fare la differenza, insieme si può tendere una mano al prossimo, insieme si può raggiungere il cambiamento.
Riguardo a questi servizi, un giorno siamo partiti tutti e 300 ragazzi insieme per andare a pulire le strade del quartiere Barriera, una zona malfamata che piano piano sta ricominciando a prendere vita proprio grazie ai volontari del Sermig, ai quali è stata affidata la parrocchia di Santa Maria Regina della pace. Il progetto chiamato “Io sono Barriera” forniva ad ogni gruppo di ragazzi scope, palette e sacchi, e l’obiettivo era quello di ripulire l’intero quartiere in una mattinata. L’unione di così tanti ragazzi ha reso più che possibile questo intervento. Sapevamo benissimo che il giorno dopo le strade sarebbero state di nuovo da pulire ma l’importante era dare un segno. Il segno che l’impegno, la felicità e la gioia di noi giovani era lì per tutti coloro che vivevano in quelle case. Il segno che le persone si possono fidare dei volontari del Sermig.
Un forte segno di comunità
Ogni persona che abbiamo incontrato al Sermig, dai consacrati ai volontari, condivide un forte senso di comunità e una volontà comune di lavorare per il bene degli altri. Ma i consacrati chi sono? Sono persone che scelgono di dedicare la loro vita al servizio degli altri, ispirati dalla spiritualità cristiana. Le persone consacrate nel Sermig vivono una vita di semplicità, preghiera e lavoro, spesso a stretto contatto con le persone che servono. Quello che ci ha colpito di più è il loro approccio pratico e concreto ai problemi: non si tratta solo di belle parole, ma di azioni reali che fanno la differenza.
Al Sermig, ti ribadiscono che tutto è restituzione, e in effetti capisci che facendo il bene tutto ti viene restituito, anche non materialmente. Fondamentali sono stati i momenti di riflessione e di laboratorio pomeridiani che ci hanno permesso di comprendere meglio ciò che avevamo fatto nei servizi della mattina.
Le nostre giornate erano accompagnate anche da momenti di preghiera, diversi però da come siamo abituati a viverli, erano coinvolgenti, grazie al coro e agli strumenti che si impegnavano ad accompagnare le messe e i vari momenti; il martedì sera abbiamo ascoltato la testimonianza di questa ragazza che era scappata dai talebani, anche qui sappiamo tutti che cosa sta accendendo in Afghanistan, ma avere una persona di fronte a noi che ci spiega che cosa ha vissuto sulla sua pelle fa tutto un altro effetto.
La condivisione con tanti altri giovani
L’esperienza all’Arsenale ci ha fatto tornare a casa con nuove amicizie, abbiamo legato con dei ragazzi del Veneto, di Pisa, di Bolzano e con i loro dialetti! Questo anche grazie ai momenti di karaoke dove sembravamo conoscerci da una vita, la conoscenza è stata più facile del previsto, forse perché sapevamo di essere lì per lo stesso motivo. Il Sermig non è solo servizio ma è anche apertura verso il prossimo, generosità e collaborazione, proprio per questo, pur essendo in tantissimi provenienti da tutta Italia ci siamo sentiti parte di una grande famiglia. A volte, nella vita di tutti i giorni ci si sente soli e un po’ “giudicati” da coloro che non vanno a fare attività in parrocchia, al Sermig ci siamo sentiti meno fuori posto perché tanti altri ragazzi, come noi, erano pronti a riscoprire la propria fede, ad affrontare gli ostacoli, a porgere la propria mano, ad usare la propria mente e a donare il proprio cuore puntando verso il bene dell’altro. La carica di noi giovani in quella settimana è stata qualcosa di assolutamente magnifico di cui farne tesoro. C’è un luogo all’interno dell’Arsenale chiamato Felicizia, che ricorda che la felicità non esiste se non c’è amicizia, amore e bontà.
Non ci vogliamo lamentare, ma a volte noi giovani veniamo sottoposti a tante critiche e talvolta si pensa solo alle scelte sbagliate che facciamo. Il Sermig ci ha ricordato che sbagliare è umano ma che quel poco che ognuno di noi fa con impegno e dedizione può fare la differenza. Tante volte, anche se non lo facciamo vedere, ci sentiamo piccoli in un mondo grande e pieno di notizie di violenze e di guerre, un mondo in cui, a volte, appare tutto nero e ci si sente spesso impotenti. Il Sermig ci ha fatto capire che da noi parte il futuro. Ripartiamo, come dice la preghiera “Maria Madre dei Giovani”, con coraggio e intraprendenza, pronti a portare speranza al mondo sicuri di non essere soli in questa grande avventura.
Se dovessimo racchiudere in poche parole questa esperienza verrebbero fuori queste: empatia, unicità, amore, bontà e materialità; quest’ultima l’abbiamo percepita in un momento ben specifico del campo, ovvero durante la cena dei popoli. L’idea di questa esperienza non era di metterci a conoscenza di ciò che accade nel mondo, perché alla fine ognuno di noi lo sa già, ma quella di sensibilizzare, di farci comprendere che noi, come ogni altro essere vivente, non abbiamo scelto dove nascere. Abbiamo capito quanto sia importante essere empatici verso l’altro, inoltre occorre essere più consci delle disparità che la popolazione mondiale vive ogni giorno.
Sicuramente noi ragazzi del gruppo Giovanissimi, riprendiamo il nostro cammino da lì, volenterosi di aiutare e metterci in gioco cercando di far conoscere questa realtà a più giovani possibili.
Ci è stato insegnato che il bene va fatto bene, che chi cerca si scoprirà trovato, e soprattutto che la bontà è disarmante, infatti la gioia, la volontà, i sorrisi di chiunque noi abbiamo incontrato al Sermig hanno messo da parte la stanchezza. Vedere tutti i volontari e la fraternità ci fa sperare in un mondo privo di guerre, alimentato dalla pace.
Noi come gruppo Giovanissimi, siamo pronti a buttarci in altre mille avventure e di trasmettere con gioia e dedizione tutto ciò che ci è stato insegnato al Sermig. Tutti noi siamo pronti a dare il nostro segno a questo mondo. Ricordiamoci che anche nel nostro piccolo le cose si possono cambiare e noi partiamo proprio da questo.
Un grazie immenso va ad Anna Chiara: la nostra tutor speciale all’interno dell’arsenale. Lei è entrata nei nostri cuori e di ogni sua singola parola ne abbiamo fatto tesoro.
Un ringraziamento speciale lo dobbiamo ai nostri educatori: Giuls, Marco, Marty, Bru, Rebby e Don Emanuele, voi vi siete fidati di noi, ci avete fatto vivere un’esperienza più grande del previsto, che ci ha fatto tornare a casa pieni, non solo di felicità, gioia, consapevolezza e amore, ma anche di tante domande che continueremo a coltivare con voi!
caro Sermig, GRAZIE
da tutto il gruppo Giovanissimi
Cate, Giulia, Laura