La parrocchia di Sant’Antonino ha cambiato volto durante le tre alluvioni che hanno colpito pesantemente il Borgo. Il circolo parrocchiale si è di fatto trasformato in un quartier generale dell’emergenza.

Dal kit per l’emergenza allo spaccio e ai pranzi condivisi: l’attività dei volontari

Da subito è stato possibile trovare il kit per le prime necessità: badili, guanti, tute da lavoro usa e getta, tira acqua. Nel giro di qualche giorno si è trasformato poi in un vero e proprio spaccio di generi alimentari e prodotti per la casa e l’igiene della persona. «Quel maggio 2023 ha segnato molto la nostra parrocchia poiché tanti di noi sono stati coinvolti – racconta Luana Riganello, una delle volontarie -. È stata un’esperienza a cui non eravamo preparati. Eppure non c’era tempo da perdere, bisognava sostenere chi si era trovato nel giro di poche ore in mezzo alla strada senza più casa, coperto di fango, spaurito. La nostra parrocchia, situata nel cuore dell’alluvione e scampata alle furie dell’acqua, ha spalancato le porte, creando una fitta rete di aiuti e di sostegno».

La parrocchia come rifugio

Molte persone colpite dall’alluvione, specie a ridosso dell’emergenza, arrivavano in stato di shock anche perché in tanti si sono ritrovati senza nulla: c’è chi ha perso la casa, chi i locali della propria attività di lavoro, chi la macchina e chi tutte e tre le cose. «La parrocchia era diventata un rifugio anche solo per qualche minuto – racconta Luana -, per tirare un respiro e allontanarsi dalla propria via dove si stava spalando da ore. Venivano per un abbraccio, una parola di conforto, una spalla su cui piangere». Dopo un momento di imbarazzo iniziale, la parrocchia è diventata un luogo accogliente dove rilasciare per un attimo le tensioni e condividere la sofferenza. «Occorreva ripartire, così abbiamo continuato nei mesi successivi a esserci – ricorda Luana – in segno di amicizia, solidarietà, vicinanza. Più il tempo passava e più crescevano preoccupazione e frustrazione per dover ricostruire tutto. Per questo, nei mesi a seguire abbiamo continuato ad accompagnare con aiuti concreti. La Caritas si è attivata per aiutare le famiglie con un contributo anche di natura economica, un gesto che ha dilatato i cuori». Nel tempo le porte del circolo sono rimaste aperte con qualche volontario pronto, a turno ogni giorno, all’ascolto e all’aiuto. «Sono nate delle stupende amicizie – afferma Luana -. Si sono creati dei rapporti vivi e autentici, una grande esperienza di comunità, che ci ha edificati».

Appena un mese fa la terza alluvione

Poi, un mese fa, la terza alluvione. «Proprio quando, con grandissima fatica, questi fratelli e sorelle stavano muovendo i primi passi, il fiume ancora un volta li ha buttati a terra». E così anche la collaudata macchina parrocchiale per gli aiuti si è rimessa in moto. «La mattina dopo l’alluvione è partito un servizio di pasti a pranzo e a cena, in collaborazione con l’Amministrazione comunale e il rione Borgo. Non c’erano più parole da dire, ma solo gesti concreti da fare, di fronte a un evento che si ripeteva ancora una volta». Anche la solidarietà delle parrocchie vicine è stata grande. «Abbiamo vissuto una vera esperienza di unità pastorale – precisa Luana -. Per il servizio pasti c’è stata un’adesione da parte di volontari delle parrocchie di Santa Maria Maddalena, San Biagio, Santa Lucia a collaborare insieme a noi. La Caritas si è prodigata per offrire aiuti fattivi con beni di prime necessità. C’è stata e continua a esserci una grande collaborazione con la Caritas parrocchiale per far fronte alle esigenze e alle richieste degli alluvionati, come l’organizzazione di squadre di volontari, la distribuzione di prodotti per le pulizie, alimenti e vestiario, richieste di deumidificatori, idropulitrici e così via». Sono state tante le persone incontrate in questi sedici mesi. «Mi soffermo sulla testimonianza di una coppia di sposi, 94 enne lui, 83 enne lei, che viveva da 60 anni nella loro casa in affitto in una delle vie del Borgo. L’alluvione ha spazzato via ogni cosa – conclude Luana -. Mi hanno colpito molto le parole dure di questa donna: «Siamo arrabbiati e moriremo arrabbiati». Sebbene la rabbia fosse una costante in tutte le persone che abbiamo incontrato, mi aveva colpito la seconda parte della frase. Mi sono chiesta e mi chiedo tutti i giorni se questa gente non abbia diritto di morire senza rabbia. Continuo a pensare a una frase che dona pace al cuore e che è diventata preghiera da offrire per questi fratelli e sorelle: Nessuno è così potente sul cuore di Dio come la persona che soffre».


Barbara Fichera