Nel disastro di tre alluvioni in sedici mesi (quattro se si considera l’ultimo allagamento a Traversara nella notte tra il 3 e il 4 ottobre) non si tiene conto del pericolo scampato. Si tratta di milioni di metri cubi d’acqua, che dai fiumi si sono riversati direttamente nei canali artificiali gestiti dal Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale. Una fitta rete che si sviluppa su circa 80 mila ettari tra i fiumi Sillaro a ovest, Lamone a est, Reno a nord e la linea di confine tra pianura e pedecollina, che coincide in buona parte con la via Emilia a sud.
Durante le emergenze il Consorzio ha collaborato attivamente con Prefettura, Protezione Civile e autorità locali disponendo l’impiego delle proprie forze, l’attivazione degli impianti idrovori e pompe mobili per lo scolo delle acque in eccedenza.
Ne abbiamo parlato con Giovanni Costa, direttore del Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale.
Dottor Costa, siete stati sottoposti a un superlavoro da maggio 2023.
La rete di canali di scolo è progettata per il deflusso delle acque di pioggia che cadono sul territorio di pianura che coincide con il bacino scolante del reticolo di bonifica, e non per raccogliere le portate d’acqua fuoriuscite dalle rotture degli argini e dalle esondazioni dei fiumi, la cui gestione è affidata ad altri soggetti. Presupposto fondamentale affinché il nostro territorio rimanga ordinato è che il reticolo naturale, costituito dai fiumi e dai loro affluenti, sia completamente separato da quello artificiale di bonifica.
Per quale motivo?
I corsi d’acqua sono sopraelevati rispetto al piano di campagna. Di conseguenza, se si verificano rotte, sormonti arginali, tracimazioni o esondazioni, l’acqua che esce dai fiumi si scarica direttamente sulla rete consortile. Non può certo defluire attraverso i corpi idrici sopraelevati da cui proviene e i nostri canali, dimensionati per allontanare le acque di pioggia, si sono trovati nelle scorse alluvioni a sopportare carichi d’acqua da dieci a venti volte superiori alla loro portata. Hanno svolto un ruolo di supplenza rispetto ad acque che dovrebbero rimanere nei fiumi. Se non ci fossero stati i canali di bonifica, gli allagamenti causati dalle rotte di settembre a Traversara, tanto per fare un esempio, persisterebbero a tempo indefinito.
Una funzione poco percepita.
Non ci si rende conto degli enormi volumi di acqua che i canali di bonifica portano al mare. L’attenzione si focalizza sui gruppi di pompaggio di emergenza installati per accelerare il deflusso, ma il grosso dei lavori lo svolgono i canali e gli impianti idrovori consorziali. Non è il loro compito, ma meno male che ci sono.
Il Cer è finito sotto la lente di ingrandimento durante l’alluvione del 19 settembre . L’esondazione del Senio ha sovraccaricato il Canale che si è trovato, suo malgrado, a svolgere una funzione di scolo.
Il Cer assicura, mediante la derivazione dal fiume Po, l’approvvigionamento idrico di un’area estesa su oltre 3000 chilometri quadrati. Il sistema ha origine a Salvatonica di Bondeno, in provincia di Ferrara e termina in provincia di Rimini, in prossimità del fiume Uso, con una portata che si riduce progressivamente lungo il percorso (circa 150 chilometri), passando da circa 70 metri cubi al secondo a sei nel tratto finale per i prelievi che avvengono per alimentare i sistemi di distribuzione irrigua. Ha una forma a imbuto o a cannocchiale. È un assetto coerente con la sua funzione, che è opposta a quella di scolo. Va detto che durante l’emergenza non una goccia d’acqua del Po è entrata nel Cer nei tratti investiti dall’acqua dei fiumi pensili appenninici. Non solo: l’acqua del Cer serve anche per usi civili come il rifornimento di acqua grezza per la potabilizzazione. Per questa ragione non può essere mai svuotato del tutto.
Collina e montagna sono da anni a rischio spopolamento: se a questo aggiungiamo i danni delle alluvioni e il cambiamento climatico, anche in collina il sistema va ripensato?
Il Servizio geologico regionale ha censito oltre 75.000 frane. Per il loro ripristino è in corso la ricostruzione pubblica attraverso i finanziamenti concessi dalla struttura Commissariale. Il nostro Ente, pur non essendo titolare della gestione del reticolo idrografico naturale (che in Emilia Romagna è in capo all’Agenzia Regionale di Protezione civile sicurezza territoriale) si è prestato, attraverso la sottoscrizione di un accordo, a effettuare gli interventi di ripristino del reticolo minore. È stato redatto un programma di interventi nelle vallate di Marzeno, Lamone, Senio e Santerno. I lavori sono in corso dal febbraio 2024 con oltre 12 cantieri ad oggi attivi. È stata data priorità a interventi sui corsi d’acqua che impattano su fabbricati, strutture pubbliche e centri abitati. Questa attività si protrarrà per tutto il 2025 e anche nel 2026. Interventi sono in corso a Marradi, Palazzuolo sul Senio e Firenzuola afferenti al bacino idrografico di corsi d’acqua che poi entrano nel territorio dell’Emilia Romagna e cioè Acerreta, Tramazzo, Ibola, Lamone, Senio e Santerno.
Negli anni avete realizzato invasi e condotte che ottimizzano l’utilizzo dell’acqua in tempi dove anche la siccità è un problema. Sono sistemi che possono funzionare anche quando l’acqua cade in grosse quantità in periodi limitati?
Il sistema di invasi a uso irriguo realizzati negli ultimi 25 anni in ambito collinare e montano a oggi aggrega oltre 850 aziende agricole ed è risultato fondamentale per la permanenza delle aziende agricole sul territorio. Basti pensare che nello stesso periodo ci sono stati almeno sette anni considerati estremi in termini di scarsa piovosità. Tuttavia le opere realizzate, per la loro tipologia costruttiva derivano acqua nel periodo autunnale e invernale, ma non possono essere utilizzate per ridurre il colmo di piena durante eventi meteorici eccezionali.
Il Consorzio di Bonifica ha avuto danni con le alluvioni?
Sì e abbiamo ricevuto anche noi i finanziamenti attraverso ordinanze commissariali, destinati a lavori di somma urgenza, volti al ripristino dei danni subiti dall’alluvione, ma non all’incremento della resilienza del territorio. Nel frattempo sono in via di esecuzione i lavori per la cassa di laminazione in località Villaprati a Bagnacavallo, finanziati con i fondi Pnrr, che servirà per contenere le piene generate dalle piogge che cadono nel bacino scolante del reticolo di bonifica, non, ribadisco, l’acqua che fuoriesce dai fiumi.
Barbara Fichera