Trovare gli strumenti per rendere realtà il sogno di una Chiesa missionaria e, quindi, più accogliente, aperta, snella, capace di camminare con le persone, umile. È questa la direzione delle Chiese in Italia, impegnate nell’ultima fase del Cammino sinodale. E anche la nostra Diocesi ha risposto con entusiasmo presente a questo percorso. Una Cattedrale piena di persone ha ospitato lunedì scorso, l’incontro interdiocesano tra la nostra Diocesi e quella di Imola che ha approfondito il tema La Chiesa italiana nella fase profetica. Assieme ai vescovi delle due diocesi coinvolte, monsignor Mario Toso e monsignor Giovanni Mosciatti, è stato chiamato a parlare monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, vescovo di Carpi, vicepresidente della Cei e presidente del Cammino sinodale italiano.

Dopo la fase narrativa e di ascolto (2021-23) e quella sapienziale (2023-24) ci si appresta ora a vivere la fase profetica che culminerà, nel 2025, in un evento assembleare nazionale. In questo con-venire verranno assunte alcune scelte evangeliche, che le Chiese in Italia saranno chiamate a riconsegnare al Popolo di Dio, incarnandole nella vita delle comunità nella seconda parte del decennio (2025-30).

L’incontro a Faenza ha approfondito La Chiesa italiana nella fase profetica. “La Chiesa che ha voluto Gesù nasce dalla strada”

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Da sinistra: monsignor Toso, monsignor Mosciatti e monsignor Castellucci.

Monsignor Castellucci, dopo un inquadramento generale, ha approfondito quattro parole chiave emerse dalla lettura spirituale delle narrazioni emerse nel biennio precedente, cercando di discernere «ciò che lo Spirito dice alle Chiese». «In Occidente da decenni – ha esordito monsignor Castellucci – si parla della crisi del nostro tempo. E questa crisi riguarda anche la Chiesa. I segni sono molteplici, e gli effetti si vedono sui singoli individui. Recenti fatti di cronaca, per esempio, mettono in evidenza la solitudine e la crisi esistenziale che vivono tanti giovani. A questa si accompagnano numerose crisi: quella climatica, quella geopolitica, quella economica. L’elenco potrebbe proseguire, e all’interno di queste crisi, c’è anche la Chiesa. E questo paradossalmente è un bene, perché significa che la Chiesa non vive chiusa in una bolla o distaccata della storia. La Chiesa che ha voluto Gesù è nata sulla strada, cammina a fianco di donne e uomini, condivide le stesse gioie e fatiche, respira la stessa polvere. Se la Chiesa non fosse in crisi, sarebbe una Chiesa che abita altrove». «Detto questo – ha specificato – non dobbiamo farci travolgere da questa crisi, ma dobbiamo abitarla, innestando segni di speranza».

Missione come prossimità, essere “minoranza creativa”

Il primo punto affrontato da monsignor Castellucci è stato quello dalla Missione come prossimità. Di fronte alla crisi del mondo, la Chiesa non può ripiegarsi su stessa, conservare o restaurare l’esistente. Sono altre le immagini che il Vangelo indica e che il vice presidente della Cei sottolinea: la luce, il lievito, il sale. «Si tratta di immagini apparentemente perdenti – ha detto – Gesù non descrive il Regno di Dio attraverso eserciti, castelli, scudi, immagini di forza. Ha invece detto ai propri discepoli: Voi siete il sale della terra. Noi tutti, in questo, siamo lievito per il mondo: il nostro compito non è autopreservarci, ma iniettare la speranza in Gesù risorto».

Come già indicato da papa Benedetto XVI, dobbiamo accettare serenamente di essere lievito e «minoranza creativa». Castellucci ha precisato: «non una minoranza aggressiva, quella spesso esasperata nei dibattiti sui social. Ma neanche una minoranza remissiva. Il nostro compito è essere nel mondo e proporre qualcosa di alternativo e bello. Per questo è bene abbassare il tono dei lamenti nelle nostre comunità: il lamento, ostacola la missione».

Formazione, unire esperienza concreta e idee

Il secondo tema emerso è quello della Formazione, «chiesta a gran voce nella fase di ascolto del cammino sinodale. «Si chiede una formazione rinnovata, anche nel linguaggio, che risulta ancora oggi troppo ecclesialese, come viene definito. Abbiamo invece bisogno di un linguaggio aderente alla vita, nella catechesi e nell’iniziazione cristiana». Per questo si stanno sperimentando nuove vie creative, come quelle che abbiano al centro l’esperienza concreta e l’apprendimento. Papa Francesco nell’Evangelii guadium scrive che la realtà è più importante dell’idea. «Questo non significa che la teoria e le idee non siano importanti, anzi – ha precisato il vescovo -. Ma per valorizzarle al massimo, devono maturare sulla base delle esperienze personali e condivise. Questo vale per i giovani ma anche per gli adulti». Ha sottolineato poi un’altra parola chiave che deve essere accostata a Formazione: la parola Relazione. “È quasi impossibile che senza di essa trasmettiamo qualcosa ad altri».

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Corresponsabilità: i ministri come “sveglie” per la comunità cristiana

La terza parola chiave è Corresponsabilità. «Attenzione – ha messo subito in guardia Castellucci – questo termine non significa semplicemente rispondere alla domanda: “come posso rendermi utile in parrocchia”. Corresponsabilità è un sentirsi insieme di fronte alle sfide, ed è intrinseca alla comunità cristiana». Il Cammino sinodale sta riflettendo su come rendere i meccanismi di partecipazione più efficaci, tenendo conto che «il discernimento non segue le logiche democratiche di maggioranza o minoranza. Non è un semplice votare su questo o quel tema». Il vescovo ha poi utilizzato delle immagini per descrivere i ministri: quella delle molle e delle sveglie. «I ministri sono coloro che hanno il compito di svegliare la comunità cristiana sulla Parola di Dio e l’Eucaristia. Servono proprio per accrescere il livello di corresponsabilità di tutta la comunità, non devono essere servizi chiusi in se stessi. L’accolito, il lettore, il catechista, il diacono, devono sempre avere una prospettiva estroversa, comunitaria. Così come i ministeri sono segni che devono svegliare e a volte infastidire, inquietare la comunità».

Alleggerire le strutture, “La speranza non sta nei numeri e nella quantità”

L’ultimo punto affrontato è stato quello della Revisione delle strutture. «Si è scelto come ultimo punto – ha specificato Castellucci – non perché abbia meno importanza, ma perché mettendolo al primo posto si sarebbe rischiato di far credere che i problemi della Chiesa siano legati solo e principalmente a questo tema. In ogni caso, quello che ci indica il Sinodo è chiaro: dobbiamo essere missionari più snelli e contemporanei alla realtà. Questo ci renderà anche più liberi». Il tema di alleggerimento delle strutture riguarda gli aspetti materiali, che rendono sempre più difficoltosa la missione dei sacerdoti. «Molto tempo viene occupato nella gestione di aspetti burocratici o di edifici religiosi che ormai hanno fatto il loro tempo. Bisogna avere il coraggio di alienarli o riconvertirli». Anche le strutture mentali vanno eliminate. «La frase “si è sempre fatto così” è uno dei veleni delle nostre comunità».

In conclusione «La speranza non sta nei numeri e nella quantità – ha detto il presule -. Ricordiamoci che le prime comunità cristiane non si ponevano il problema di contarsi per verificare quante erano. Come ci ricorda Benedetto XVI, il cristianesimo non cresce per proselitismo, ma per attrazione. Il Regno di Dio si trova nel quotidiano».

Samuele Marchi

La registrazione integrale dell’intervento di monsignor Castellucci il 16 settembre scorso a Faenza è disponibile sul sito della Diocesi e sui canali Spotify, Youtube, Amazon music.

La registrazione dell’Incontro:

Disponibile anche su YouTube e Amazon Music.

 

Lunedì 16 settembre 2024, Cattedrale a Faenza, incontro interdiocesano “La Chiesa italiana nella fase profetica” proposto dalla Diocesi di Faenza-Modigliana e dalla Diocesi di Imola. La riflessione è di Mons. Erio Castellucci, Arcivescovo di Modena-Nonantola, Vescovo di Carpi, Vicepresidente della CEI e Presidente del Comitato Nazionale del Cammino sinodale.

 

→ Libretto della preghiera iniziale e conclusiva