Non solo strade e case: per chi vive lungo via San Martino, che costeggia l’argine del Marzeno alle porte di Faenza, ogni pioggia si trasforma in un incubo. Acqua e fango si riversano su strade e campi, distruggendo colture e mangiandosi ettari di terreno. Tra le aziende che si trovano sulla direttrice peggiore ci sono le aziende Montefiori e Mazzoni. La prima, azienda storica del territorio, conta una decina di serre con i fiori, mentre l’azienda agricola Mazzoni (con terreni coltivati a frutta e vigneti a Santa Lucia) ha un ettaro dove si coltivano ortaggi e un punto vendita con frutta, verdure, e prodotti a Km 0 proprio lungo l’argine del Marzeno. Per tre volte qui i titolari hanno dovuto ricominciare da capo: oltre 150 mila euro di danni nella seconda alluvione, con solo un terzo delle perdite andato a rimborso. Serre ricostruite, orto in piena produzione. Tutto da rifare. Di nuovo.
Sabrina Montefiori: “Distrutto il 50% delle produzioni invernali e gli impianti di irrigazione”
“Abbiamo due attività qui in via San Martino 16 – spiega Sabrina Montefiori, figlia del titolare storico dell’azienda omonima – quella dei miei genitori, che produce fiori, e l’azienda Mazzoni” gestita dal marito insieme al figlio e al cugino. Se i genitori devono far ripartire per la terza volta parte delle serre distrutte “con una fatica da fare tutta da soli” le cose non sono andate meglio per l’azienda Mazzoni. “Ora dietro alle serre c’è una grande voragine di circa mille metri quadrati di terra franata nel Marzeno, che aumenta ogni volta che il torrente si riempie – spiega Montefiori -. Oltre alle serre rase al suolo dalla seconda alluvione, sette in totale tra le due aziende, abbiamo perso anche parecchio terreno”. Intanto l’ultima alluvione ha spazzato via il cinquanta percento delle culture invernali, distrutto gli impianti di irrigazione, mentre il terreno “è sempre da risistemare perché si formano parecchi avvallamenti”. Non solo: c’è anche un danno indiretto dovuto alle mancate vendite. “La strada venendo dal ponte Rosso è chiusa e si riesce ad arrivare solo dalla via Emilia in direzione Santa Lucia. Abbiamo impiegato un anno per riprendere i clienti persi nel 2023 – precisa Montefiori -. Ora siamo punto e capo”.
“Dopo tre alluvioni non possiamo più permetterci di piantare qui”
Sabrina Montefiori dice di non essere arrabbiata, ma rassegnata sì. “Rispetto alla volta scorsa i danni sono stati inferiori”. La furia dell’acqua ha spazzato via una sola serra, ma ha invaso le coltivazioni. Dove è arrivata l’acqua è tutto da rifare. “Abbiamo ricostruito le serre un po’ più su e questo ci ha salvati dal disastro. Continueremo ad andare avanti – afferma – ma di certo stiamo pensando a una soluzione alternativa: dopo tre alluvioni non possiamo più permetterci di piantare di nuovo nello stesso posto. Avevamo in programma di mettere lo scalogno romagnolo, una nostra produzione di eccellenza, spazzato via l’anno scorso. Dovremo piantarlo in altro terreno: stiamo infatti pensando a dove spostare le colture, ma non è così semplice”. L’azienda dispone infatti di terreni a Santa Lucia, attualmente coltivati a vigneto e frutteto. “Ma è chiaro che non è che dove c’è il kiwi puoi mettere l’orto in quattro e quattr’otto – spiega – ci vuole il terreno giusto, senza contare che bisogna realizzare nuovi impianti di irrigazione. Per spostare la produzione, i terreni vanno reinventati”. Il Marzeno insomma fa paura. “Va assolutamente sistemato – aggiunge – perchè dalla prima alluvione ad oggi hanno solo pulito il fiume dagli alberi e basta. C’è tantissimo da fare come ad esempio togliere la terra franata che si è depositata nel letto del fiume”.
Barbara Fichera