Dalle parole ai fatti, da Taranto a Trieste. La transizione ecologica non aspetta e così la buona pratica delle comunità energetiche si sta diffondendo veloce in tutta la Penisola, di parrocchia in parrocchia, proponendo un nuovo paradigma di sviluppo. Tre anni fa, a Taranto, furono indicate dalla Cei come esempio di coesione sociale. La parola ‘comunità’ era al centro di questo progetto, prima ancora che i possibili risparmi in bolletta. Uno spazio di confronto tra cittadini e non tra semplici utenti, per intenderci. La comunità energetica infatti propone una nuova sensibilità rispetto all’ambiente e ai consumi energetici sulla base delle indicazioni della Laudato si’ di papa Francesco. Dai buoni propositi e dai principi generali, la sfida è stata poi però passare agli studi di fattibilità. Una comunità energetica non si improvvisa. Qui il percorso, però, era tutto in salita. Tra burocrazia, attesa dei decreti ministeriali, sperimentazioni sul modello giuridico più idoneo, lo scenario di fronte era del tutto inesplorato. L’iter per formalizzare la Cer, allacciarsi alla rete e a vedere riconosciuto l’incentivo economico della durata di 20 anni, è complicato. Le varie realtà ecclesiali in questi anni non si sono perse d’animo e sono numerose le comunità energetiche nate negli ultimi mesi, ognuna con proprie specificità: cooperative, fondazioni, singole parrocchie, ognuna con un proprio regolamento. Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente in Italia sono state realizzate 145 Cer. Alcune decine quelle sostenuti direttamente dalla Chiesa. Fresca di costituzione, dopo un anno e mezzo di valutazioni, la Cer promossa dalla diocesi di Faenza-Modigliana che coinvolge già nove parrocchie con il supporto di Confcooperative Romagna. Lo scorso 22 maggio è stato pubblicato il vademecum della Cei per parrocchie ed enti religiosi. Una settantina di pagine in cui vengono fornite indicazioni normative, tecniche ed etiche.

L’esperienza di Treviso portata alla Settimana sociale dei cattolici a Trieste

Ora, alla 50esima edizione della Settimana sociale a Trieste, è possibile condividere il cammino fatto nelle varie realtà diocesane, con la consapevolezza che tanto c’è ancora da fare, ma che tanto, anzi tantissimo, è già stato fatto. “Le comunità energetiche rinnovabili e solidali. Esperienze a confronto”: è stato questo il titolo della tavola rotonda che il 4 luglio scorso si è svolta proprio a Trieste, in occasione delle Settimane sociali dei cattolici in Italia.

Nel corso dell’incontro, moderato da Giuseppe Milano, si sono sfatate alcune fake news relative alle comunità energetiche. Pur facendovi parte, infatti, si continua a pagare normalmente bollette, non ci sono sconti automatici. Le fonti economiche che garantisce la comunità energetica sono tre: la possibilità di autoconsumo per chi ha impianti fotovoltaici (in questo modo si abbassa ‘naturalmente’ la bolletta), gli eccessi di energia che possono essere venduti alla rete e infine gli incentivi pubblici che vengono ridistribuiti tra i soci sulla base del regolamento che si è data la comunità energetica. Ed è soprattutto qui che entra in gioco il messaggio sociale, in aiuto ai più bisognosi, che sta dietro alle comunità energetiche.

“Per una transizione ecologica giusta”

Con il progetto Comunità energetica rinnovabile la Diocesi di Treviso vuole promuovere una cultura d’impegno per il bene comune coinvolgendo tutte le 263 parrocchie, privati, enti e imprese. Chi entra a farne parte  come produttore-consumatore o come semplice consumatore, avrà la possibilità periodicamente di ottenere quota parte degli incentivi riconosciuti dallo Stato ma, soprattutto, la Fondazione potrà utilizzare una parte degli incentivi per aiutare economicamente chi non riesce a pagare le proprie bollette. “Con l’impegno di tutti – si legge nella presentazione della Cer di Treviso – possiamo aiutare una transizione ecologica giusta, socialmente sostenibile e di rispetto dell’ambiente”.

“Siamo tutti un po’ figli di Taranto e delle sue provocazioni – ha detto Sergio Criveller, indicando fin da subito gli elementi comuni con le altre esperienze italiane, ma presentando anche le specificità del progetto messo in campo a Treviso. “Non abbiamo aperto una comunità energetica in ogni parrocchia, ma ci siamo focalizzati sul creare un’unica grande Fondazione (Fondazione Diocesi Treviso Energy  ets) che ha avuto riconoscimento giuridico nel Runts nel dicembre 2023. Abbiamo ritenuto fosse più efficace creare un unico grande ente in Diocesi piuttosto che singole realtà che si muovessero autonomamente: in questo modo non si deve andare venti volte dal notaio, si hanno oggettivi risparmi e si lavora tutti nella stessa direzione. Non bisogna sottovalutare infatti l’impegno e il costo che comporta il mantenimento di una comunità energetica: sono necessari software specifici oltre che investimenti”. Questo non significa che non ci sia margine di autonomia. “Da questo soggetto principale si dipanano poi vari sottogruppi – spiega Criveller -, nello specifico 33, quante sono le cabine primarie in Diocesi, che sono il vero fulcro, a livello tecnico, della comunità energetica”.  

Comunità energetiche e partecipazione democratica, Criveller: “Importante puntare anche sulla comunicazione”

Democrazia e partecipazione si intrecciano al cento per cento nel percorso che le Diocesi stanno mettendo in atto con le comunità energetiche. “Un altro aspetto fondamentale è quello della comunicazione – ribadisce Criveller -. I cittadini vanno reso protagonisti e devono essere informati su chi è che governa a livello giuridico la comunità energetica e qual è il regolamento che la guida. Deve illustrare per esempio, come distribuisce tra i propri soci gli incentivi pubblici: vengono dati alle famiglie? Alle famiglie più bisognose? Alla Diocesi per progetti di solidarietà?”. Proprio per questo a Treviso.si è deciso di realizzare un depliant informativo che verrà distribuito a ogni famiglia della Diocesi. “Non spiega la comunità energetica solo a livello tecnico. Vuole far capire che è un’opportunità di partecipazione e democrazia dal basso. Un’occasione per parlare in maniera concreta di ambiente, sostenibilità e di un nuovo rapporto con la natura”.

Un altro aspetto sottolineato dal convegno, che ha visto anche la partecipazione di Alessandro Caffi, Marco Didier, Pierluigi Lazzarini e Andrea Ciresa, è quello dell’emergere di nuove figure professionali legate al tema dell’energia, sulle quali bisogna investire e creare nuova occupazione.