Per il secondo anno consecutivo flette la produzione di grano in Emilia-Romagna portandosi sensibilmente al di sotto della media del quinquennio, su una estensione complessiva di 235.000 ettari circa tra tenero e duro. A causa del maltempo, infatti, il 50% della superficie regionale si è allettata e in alcune province quali tra cui Ravenna, anche di più. “L’allettamento appartiene alla normalità e non all’eccezione. E così sarà in futuro, quindi l’attività di adattamento al clima diventa cruciale”, avvisa il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Marcello Bonvicini, segnalando il trend di calo. Temporali, raffiche di vento e grandinate hanno sferzato il grano nella delicata fase di formazione delle cariossidi, cioè nel momento in cui si determinano peso e caratteristiche qualitative, che sono aspetti rilevanti soprattutto per i grani duri e grani teneri di forza. L’allettamento provoca la stroncatura dello stelo riducendo l’assorbimento delle sostanze nutritive, bloccando quindi lo sviluppo della spiga e aumentando anche il pericolo di attacchi fungini. E gli effetti si ‘sentono’. “In generale cala la resa media del grano in Emilia-Romagna, accompagnata in particolare da un proprio crollo della superficie coltivata a duro, -25% sul 2023. Un dato a dir poco preoccupante per la terza regione produttrice d’Italia che vanta una filiera d’eccellenza della pasta Made in Italy”, osserva Bonvicini.

Stando così le cose, per Confagricoltura, è vitale è sostenere la ricerca genetica per ottenere varietà resilienti all’allettamento e investire nella crescita professionale del cerealicoltore in modo da prevenire e attenuare gli effetti del cambiamento climatico”. Vuol dire “favorire la corretta scelta del seme (così da avere piante sane fin dalla germinazione)” e applicare buone pratiche agronomiche (preparazione del terreno e giusta densità di semina), passando per concimazioni azotate che siano ben equilibrate anche nelle quantità e un impiego mirato di fitofarmaci nelle varie fasi fenologiche”.

Fonte: Dire