Elmetto e torcia in testa, immergersi nel buio di una grotta scendendo nelle profondità della terra. Oppure zaino in spalla, passeggiare sotto l’ombra di una foresta di querce centenarie. O ancora, accompagnati da guide, camminare su sentieri di cristalli di roccia evaporitica che si sono formati in milioni di anni. Sono queste alcune delle esperienze che è possibile vivere nel Parco della Vena del Gesso romagnola, realtà che dopo aver ottenuto il riconoscimento Unesco nel 2023 vuole crescere e mettere in rete sempre di più le bellezze presenti all’interno dei suoi oltre 2mila ettari. Un patrimonio che deve però essere custodito ogni giorno dall’azione dell’uomo, tramite progetti, investimenti e, in certi casi, di un cambio culturale.

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Il direttore Nevio Agostini: “Non bisogna pensare a un parco naturale come vincoli o divieti, ma come a un patrimonio per tutti”

«Purtroppo ci sono ancora persone a cui la prima cosa che viene in mente, nel parlare di parchi naturali, sono solo vincoli e divieti. Invece dobbiamo cambiare prospettiva: in un parco protetto si possono fare attività e vivere esperienze che altrimenti non si potrebbero fare in altri contesti. Si può camminare nella natura e respirare aria pulita, sentire i suoni del bosco, immergersi nella biodiversità e in paesaggi unici nel loro genere. Allora ci si accorge che un’area protetta è qualcosa che aggiunge valore al territorio nel suo complesso, non sottrae nulla. Se mettiamo in atto questo cambiamento culturale, allora il beneficio è per tutti, nessuno escluso». Non ha dubbi Nevio Agostini, direttore del Parco della Vena del Gesso romagnola di cui il parco Carnè di Brisighella fa parte: queste realtà rappresentano un bene da preservare e valorizzare. Per questo negli ultimi anni si sono messe in campo varie attività: dal nuovo centro visite legato al carsismo a Borgo Rivola alla riapertura della grotta di Re Tiberio, da progetti legate alle riforestazioni di querce alla valorizzazione del Giardino delle erbe di Casola Valsenio. Ognuna rappresenta un tassello di un vasto ecosistema che mette al centro la natura in tutte le sue forme.

“L’esperienza in grotta è una delle esperienze più affascinanti. Serve promuovere un turismo di qualità”

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«In questi anni stiamo cercando di lavorare in rete facendo dialogare i vari territori – spiega Agostini –, ognuno di loro ha qualcosa da offrire per crescere insieme e valorizzare il Parco da Borgo Tossignano fino a Brisighella. L’obiettivo non è quello di un turismo mordi e fuggi, ma di un turismo di qualità, fatto di esperienze significative che si protraggono per giorni tra natura, storia, geologia e agriturismi. Con questi ultimi abbiamo realizzato un ‘Passaporto dell’ospitalità’ che indica le strutture ricettive più idonee per turisti e viaggiatori». Tra le proposte più suggestive, le escursioni in grotta: «sono sempre emozionanti – aggiunge Agostini – consiglio un primo approccio alla Grotta di Re Tiberio per poi passare alla Tanaccia di Brisighella».

Un Parco per te e i progetti con i bambini del territorio

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Al centro c’è anche la formazione: ne è un esempio il progetto Un Parco per te rivolto alle scuole e che vuole rendere i bambini consapevoli del valore della biodiversità e del Carnè come patrimonio comune di cui avere cura. Oppure il progetto A piedi nel Parco della pietra di luna che propone escursioni rivolte a tutti, nel fine settimana, con le quali fruire in modo consapevole di questo splendido territorio e di “portare a casa” nuove conoscenze oltre a splendidi ricordi. Tra gli eventi, dal 21 al 23 giugno in collaborazione con la Scuola Sarti tornano i concerti di Recondite Armonie, che si svolgeranno al Carné, ma non alla Cava Marana come in passato poiché impraticabile. Dal 26 giugno al 1° luglio sarà invece la volta del Festival dei calanchi, la rassegna culturale ideata dal Museo Carlo Zauli.

Il post-alluvione: “Se un parco è gestito bene, si vede dalla cura dei dettagli”

Foto Rifugio CV Ca Carne Fotografo Ivano Fabbri 3

L’alluvione ha portato ferite, «ma i parchi naturali sanno rispondere meglio che altri contesti a queste criticità e la struttura morfologica dei calanchi e dei gessi ha aiutato – spiega il direttore -. Il bosco sa ricreare dei propri equilibri. I problemi maggiori ci sono stati a monte, legate alle infrastrutture umane e alla viabilità». Grazie alla collaborazione con il Cai e le Gev (Guardie ecologiche volontarie), e all’impegno dei dipendenti e dei volontari, la viabilità della sentieristica e le strutture ricettive del Parco sono state in gran parte ripristinate. Restano ancora da svolgere alcuni lavori al centro visite del Carnè. E l’alluvione ha dimostrato come tutto sia connesso, e la cura della collina e della montagna sia fondamentale per prevenire disastri di questo tipo, anche in pianura. «Un aspetto su cui stiamo lavorando molto è quello della manutenzione ordinaria – specifica Agostini -. In questi anni abbiamo fatto tanto nell’ambito della sentieristica e delle strutture, e altrettanto bisogna fare per la manutenzione quotidiana. Non si tratta di un aspetto secondario: se un parco è gestito bene lo si vede dalla cura dei dettagli e dalle piccole cose, che fanno però la differenza e su cui bisogna lavorare ogni giorno. Dalla staccionata, alla cartellonistica corretta, all’area di sosta ben attrezzata. Il rapporto con la natura va curato con costanza, altrimenti il rischio è di fare progetti e poi abbandonarli».

Querce sentinelle di biodiversità: il progetto europeo Life 4 Oak forests

Valorizzare e tutelare i boschi del Parco regionale della Vena del Gesso e la loro biodiversità, partendo da quello che è l’albero principe di quest’area: la quercia. Una missione che vede scendere in campo anche l’Unione Europea, attraverso programmi e progetti da 7 milioni di euro che vogliono gettare le basi per una nuova cultura dell’ambiente e della sostenibilità legando assieme sfide che accomunano, per esempio, l’Italia e l’Ungheria.

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Preziose custodi della biodiversità. Sono le roverelle, esemplari di querce autoctone nel Parco della Vena del Gesso che hanno un grande valore, riconosciuto a livello internazionale. Da nove anni il Parco porta avanti il progetto europeo Life 4 Oak forests dedicato alla loro riforestazione e che durerà fino al 2026. «Sono boschi che fino a pochi anni fa hanno subito un grande sfruttamento da parte dell’uomo, con il prelievo eccessivo di legname, riducendone l’ampiezza – commenta –. Il progetto ha lo scopo di promuovere la rigenerazione delle loro foreste e dei micro habitat in un’ottica di biodiversità». Le roverelle sono querce maestose e robuste, arrivano anche a 400 anni di vita, che portano tanti vantaggi alla flora e alla fauna del bosco: le foglie cadute portano nutrimento al terreno, i rami sono riparo per numerosi animali. Come risultato i mammiferi delle aree protette, gli uccelli, gli insetti, le piante e i funghi sono preservati e la loro popolazione negli anni potrà crescere. Via dunque le specie esotiche come le conifere (abeti e pini) a favore invece della quercia, specie principe di questo habitat il cui sviluppo porterà con sé anche un ripopolamento di insetti e animali (come il cervo volante e il pipistrello) fondamentali per la biodiversità. Qui al Carnè si guarda infatti al domani. «Questo è un territorio straordinario – conclude Agostini – e dobbiamo essere bravi a valorizzarlo sempre di più e a non darlo per scontato».

Samuele Marchi

Foto di copertina: Ivano Fabbri