Dalle ruote per calessi, carri agricoli e carriole utilizzate cento anni fa per costruire gli argini del Po a mobili pregiati, realizzati interamente a mano. È la storia, lunga oltre 100 anni, della falegnameria Marini di Errano.

Tre generazioni di falegnami

Da tre generazioni questa attività viene tramandata di padre in figlio. Il fondatore della bottega, riconosciuta anche come bottega storica dalla Camera di Commercio fu Giuseppe Marini, detto Fafina, padre di Natale e nonno di Graziano, l’attuale titolare dell’attività. «Mio nonno Giuseppe – racconta Graziano – era operaio in una falegnameria di proprietà di un certo Richèt. Nel 1912 decise di trasferirsi da San Pier Laguna a Errano, dove aprì una propria bottega. Il lavoro era duro, tutto fatto a mano senza i macchinari di cui disponiamo oggi. Si lavorava anche dodici ore al giorno, dall’alba al tramonto, da bur a bur come si diceva allora». Fafina aveva quattro figli, tre femmine e un maschio, Natale che, nato a Errano nel 1919, iniziò a lavorare nella bottega del babbo poco più che ragazzino. Il 20 maggio 1940 Natale partì per il servizio militare e fu immediatamente mandato al fronte. Prima in Grecia, dove venne fatto prigioniero dagli inglesi e poi trasferito a Tunisi, Algeri e Malta. Con la fine della guerra Natale rientò a Faenza e riprese la sua attività. Nel 1952 fu tra i primi soci fondatori della Fapa, la Federazione autonoma degli artigiani, che venne costituita il 1° gennaio 1953. Fu l’antesignana dell’odierna Confartigianato, di cui Graziano è stato presidente e oggi membro del consiglio direttivo.

Dagli attrezzi in legno per l’agricoltura ai mobili moderni

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In oltre cento anni l’attività si è evoluta. All’inizio la falegnameria era specializzata nella costruzione di ruote, ma anche dei tradizionali birocci i veicoli a due ruote utilizzati nelle campagne per il trasporto di cose, poi le botti, i tinazzi e, in generale, tutti gli attrezzi di legno legati all’agricoltura. Quando Natale rilevò la falegnameria, allargò la produzione al settore del mobile. Inizialmente qualche credenza da cucina, i classici tavoli da tiro romagnoli, gli armadi, fino ad arrivare alle camere da letto complete negli anni ’50 e ‘60, realizzate specialmente in occasione dei matrimoni. «Sono camere che durano per più generazioni – racconta Marini – alcune sono sopravvissute fino ad oggi». In pieno boom edilizio, la falegnameria iniziò a produrre anche gli infissi per le abitazioni. A metà degli anni ’70, la bottega venne rilevata dall’attuare titolare, Graziano, il figlio maggiore di Natale. «Sono praticamente nato in bottega – racconta Graziano – e già da piccolissimo ho iniziato a piantare i primi chiodi. Durante la scuola andavo ad aiutare dopo i compiti o il sabato pomeriggio, quando gli altri bambini andavano a giocare a pallone». Graziano ha ulteriormente allargato il lavoro, con nuovi e più moderni macchinari, e la gamma dei prodotti, specialmente nei mobili. «Oggi è davvero cambiato tutto – prosegue Marini – se negli anni ’70 alle Bocche dei Canali eravamo tre falegnami, adesso saremo si e no in cinque in tutta Faenza». Oggi la Marini arredamenti produce soluzioni su misura per interni ed esterni e ai clienti viene offerto anche il servizio di assistenza, manutenzione ordinaria e straordinaria, riparazione e restauro. Due i dipendenti e forse sta arrivando la quarta generazione di Marini «Mia figlia studia interior design –precisa il titolare – vedremo».

Graziano Marini ha aiutato e seguito 39 famiglie colpite dall’alluvione

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Graziano Marini si è speso molto anche durante l’alluvione con un impegno costante a favore delle famiglie colpite dalla tragedia, che prosegue tutt’ora. «Inizialmente andavamo dietro alle emergenze – racconta – lasciando indietro tutti i lavori ordinari, poi siamo riusciti a costruire un vero e proprio piano di lavoro, privilegiando le situazioni più difficili. Tanti nostri clienti si sono resi disponibili a rimandare commissioni anche di un anno per lasciare il posto alle famiglie in emergenza». Marini ha aiutato tante persone a rientrare più velocemente nelle loro case non solo come falegname, ma offrendo aiuto e supporto la sera, nei fine settimana e coordinando i volontari più giovani. «Sono riuscito a seguire in tutto 39 famiglie – conclude – ho fatto davvero tutto quello potevo, anche se molte case sono tutt’ora inagibili. C’è da dire che gli oggetti di legno massello si sono salvati, persino quelli finiti sotto due metri d’acqua o rimasti a galleggiare per ore».

Barbara Fichera